Quei pastori sporchi
Maria Fontaine
Uno dei miei quadri preferiti, quando ero bambina, faceva vedere Gesù, il Buon Pastore, che reggeva un agnello con un braccio, mentre nell’altra mano teneva un bastone.
Forse la nostra immagine di pastori e pecore viene da alcuni dei più famosi pastori della Bibbia, come Abele, Abramo, Giuseppe, Mosè, Re Davide e il nostro Buon Pastore, Gesù.
Ma quell’immagine nasconde un fatto poco noto del Natale. Forse ci aspettiamo che i pastori che vegliavano sulle loro greggi di notte sulle colline vicino a Betlemme fossero dei rispettabili membri della società. Non sarebbero stati visti dalla gente dell’epoca come testimoni onesti, retti, affidabili, credibili e degni di fiducia?
Altrimenti, perché mai gli angeli avrebbero affidato loro un messaggio importante come la dichiarazione dell’avvento del Messia? Chi altri, se non persone considerate degne e meritevoli, sarebbero state avvisate di dove si trovava Gesù, per andare a salutarlo al suo arrivo sulla terra per la missione più grande mai intrapresa? Questi pastori non erano stati mandati a incontrare semplicemente un emissario del Dio dell’universo; erano stati invitati a incontrarsi a faccia a faccia con Dio stesso! Che cos’altro ci sarebbe potuto essere di più importante?
Secondo alcuni storici, in quell’epoca i pastori erano considerati persone di infimo rango. Il termine usato dai Farisei per designarli è tradotto in altre parti della Bibbia con “peccatori”. Era un termine spregiativo che significava spregevole e impuro. Passavano la vita a contatto con gli animali, spesso dormendo all’aperto in mezzo allo sterco animale e a possibili malattie. Non erano nemmeno ritenuti degni di offrire un sacrificio a Dio, tanto meno essere i VIP che avrebbero rappresentato l’umanità per la cerimonia del suo arrivo sulla terra. La maggior parte della gente, e specialmente gli Ebrei religiosi e l’élite di Israele, evitava i pastori perché spesso li considerava allo stesso livello sociale degli esattori delle tasse e delle prostitute.
Visto dalla limitata prospettiva umana, Dio mandava un gruppo di emarginati sporchi e puzzolenti a festeggiare l’arrivo di suo Figlio e a diffondere la buona notizia della salvezza a tutti quelli che avrebbero ascoltato. Secondo i parametri odierni, sarebbe come se un coro di angeli apparisse a un gruppo di senzatetto che dormono per strada dentro scatole di cartone, o accampati sotto un cavalcavia. Dio guarda il cuore della gente. Non gli importa se uno è vestito di stracci o indossa vesti regali.
La Bibbia dice che i pastori andarono in fretta a vedere il bambino, quindi non ebbero molto tempo di lavarsi o di mettersi i vestiti buoni, che probabilmente non avevano nemmeno.[1] Corsero così com’erano, direttamente alla presenza del loro Re e Signore, dove furono accolti con amore e raccontarono a Maria e Giuseppe la loro esperienza.
Perché mai Dio doveva scegliere dei pastori? Perché avrebbe offerto questo preziosissimo privilegio a persone così indegne agli occhi dell’uomo? Forse perché sapeva che avrebbero creduto, con una fede pura e semplice. Erano loro che si sarebbero affrettati a recarsi alla presenza del neonato Figlio di Dio, senza cercare di analizzare e comprendere la cosa. Erano loro quelli che avrebbero diffuso la notizia a tutti.
Non solo questi pastori furono onorati da Dio, ma ricevettero anche la responsabilità — oltre al privilegio — di dare ad altri la buona notizia. In un certo senso, Dio iniziò il processo del discepolato mediante questi discepoli, mentre parlavano agli altri della venuta del Salvatore.
Possiamo seguire questo esempio divino di testimonianza dando il messaggio di Gesù liberamente, senza badare all’aspetto delle persone, alla loro condizione sociale, alla loro istruzione o alle circostanze in cui si trovano.[2] Alcuni di quelli a cui ci guida saranno così grati ed entusiasti di poter ricevere la buona novella, come lo furono i pastori, che racconteranno ad altri ciò che Dio ha fatto per loro facendoli entrare nel suo regno. Lasciate che Lui muova il vostro cuore e lo spinga portare il suo amore a chi ne ha bisogno.
Pubblicato originariamente in inglese nel dicembre 2013.
Adattato e ripubblicato il 18 dicembre 2017.
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