Un cuore pieno d’adorazione
Peter Amsterdam
“Degno sei, o Signore, di ricevere la gloria, l’onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, e per tua volontà esistono e sono state create”. —Apocalisse 4,11
Parlando alla Samaritana al pozzo, Gesù disse: “Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perché tali sono gli adoratori che il Padre richiede”.1
Dio cerca persone che lo adorino in spirito e verità. Noi che amiamo Dio e vogliamo compiacerlo, dovremmo sforzarci di adorarlo – in spirito e verità – perché è ciò che Egli desidera. Ma come facciamo ad adorarlo nella maniera corretta – in spirito e verità?
Adorare Dio vuol dire rendergli onore; vuol dire riconoscere, esprimere e onorare la sua grandezza e il suo valore. Come dice Donald Whitney: “Dio Santo e Onnipotente, il Creatore e Conservatore dell’universo, il Giudice Supremo cui dobbiamo rendere conto, è degno di tutta la considerazione e di tutto l’onore che possiamo dargli – e infinitamente di più”.
Troviamo la ragione della grandezza di Dio, e quindi della nostra adorazione, nella sua natura e nel suo carattere, nelle sue qualità, in ciò che Egli è. È il Creatore di tutte le cose visibili e invisibili. È onnipotente, onnisciente, immutabile, infinito, eterno, onnipresente. È saggezza, verità, fedeltà, bontà, amore, misericordia, grazia, pazienza, santità, rettitudine, giustizia e molto di più. Mentre noi, come esseri creati a sua immagine e somiglianza,possediamo in piccola misura alcune di queste qualità, Dio è queste qualità. Essendo Colui che creò tutte le cose dal nulla, è infinitamente più grande di noi e quindi degno di essere adorato.
Oltre a essere il Creatore, è anche il nostro Redentore. Ha fatto in modo che noi, peccatori, potessimo riconciliarci con Lui. Mediante il sacrificio di Gesù portò la salvezza a tutti quelli che credono in Lui e lo accettano come Redentore. Ci redime dal peccato e dalla morte, quindi è degno della nostra lode. “Infatti, se mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio, molto più ora, che siamo stati riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. E non solo, ma anche ci vantiamo in Dio per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo, tramite il quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione”.2
Adoriamo Dio perché è degno di adorazione, perché è molto più grande di qualsiasi cosa o persona che esista. Quando impariamo a conoscerlo meglio, a capire il suo amore e la sua potenza e tutto ciò che ha fatto e che fa costantemente per noi, comprendiamo più chiaramente che la nostra risposta deve essere l’adorazione. La sua Parola dice che ci creò per la sua gloria.3 Per questo dobbiamo fare tutto alla gloria di Dio.4 Il nostro scopo supremo nella vita è soddisfare il motivo per cui siamo stati creati: glorificare Dio.
Nel Vecchio Testamento, il termine ebraico generalmente tradotto con “adorare” è sciakha, che significa inchinarsi, prostrarsi davanti a un superiore per rendergli omaggio. Il termine greco usato nel Nuovo Testamento, proskuneo, significa cadere in ginocchio e toccare il suolo con la fronte come espressione di profonda venerazione; inginocchiarsi o prostrarsi per rendere omaggio o indicare sottomissione, sia per esprimere rispetto, sia per presentare una supplica. Rappresenta il nostro atteggiamento interiore di omaggio e rispetto nei confronti di Dio.5 Esprime la nostra resa e la nostra sottomissione a Lui, il riconoscimento della sua maestà e santità, e l’ammissione della sua autorità sulla nostra vita.
L’adorazione è la nostra giusta risposta a Colui che si è rivelato come Dio uno e trino: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; che nella sua Parola ci ha indicato la sua volontà e il suo scopo. È la nostra risposta al dono della salvezza che abbiamo ricevuto per il suo amore e mediante il suo sacrificio.
Ai tempi del Vecchio Testamento, il culto a Dio era per lo più incentrato sulle offerte sacrificali — il sacrificio di animali come mezzo per ricevere il perdono dei peccati e per dimostrare gratitudine a Dio e lodarlo. Dai tempi di Mosè questi sacrifici venivano fatti nel tabernacolo (la tenda) e in seguito nel tempio a Gerusalemme, il luogo in cui Dio dimorava in mezzo al suo popolo. Alla maggior parte delle persone era consentito entrare solo nel cortile del tempio, mentre i sacerdoti potevano entrare nel cortile a loro riservato e nel Santo. Solo il sommo sacerdote poteva entrare nel Santissimo, la parte più interna del tempio, dove dimorava la presenza di Dio; e anche allora gli era consentito solo una volta l’anno.
Il Nuovo Testamento spiega che il sistema sacrificale non era più necessario dopo che Gesù aveva dato la propria vita come singolo sacrificio valido per sempre, quindi non c’era più bisogno di altri sacrifici per il perdono dei peccati e la riconciliazione con Dio. Grazie alla sua morte sacrificale ora possiamo entrare alla presenza di Dio direttamente, in preghiera, lode e adorazione. Come credenti siamo“una stirpe eletta, un regale sacerdozio, una gente santa, un popolo acquistato per Dio, affinché proclamiate le meraviglie di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua mirabile luce”.6
Come Gesù spiegò alla Samaritana, l’adorazione non è più limitata a un luogo specifico come un tempio, ma ora si basa sul rapporto tra l’adoratore e Dio — un rapporto divenuto possibile grazie alla morte e alla risurrezione di Gesù. Non è più necessario andare ad adorare nella dimora di Dio, nel tempio. Era arrivato il momento in cui Gesù era diventato il punto di connessione tra Dio e l’umanità, tramite la salvezza portataci dalla sua morte e dalla sua risurrezione.
Dicendo che Dio cerca adoratori che lo adorino in spirito e verità, Gesù indicava che il vero culto è qualcosa di più di semplici parole che escono dalla bocca; è il nostro spirito che si collega al suo Spirito quando comunichiamo con Lui, che adora Dio per ciò che Egli è, per come si è rivelato nella sua Parola.
Quando adoriamo il Signore, lo facciamo con rispetto, riverenza e timore. “Mostriamo gratitudine, mediante la quale serviamo Dio in modo accettevole, con riverenza e timore”.7
Ci sono molti versetti biblici che parlano del timore dell’Eterno. I termini ebraici usati per timore esprimono il significato di riverire, venerare o avere timore reverenziale. Quando capiamo il concetto di “temere il Signore” in questi termini, possiamo afferrare il significato delle benedizioni promesse a chi manifesta venerazione e timore reverenziale nei suoi confronti. Dio prende piacere in loro,8 è pietoso verso di loro,9 li benedice,10 è loro amico, si confida con loro11 e il suo amore è sempre con loro.
“Ma la benignità dell’Eterno dura d’eternità in eternità per quelli che lo temono, e la sua giustizia per i figli dei figli”.12
Pubblicato originariamente in inglese nel maggio 2014.
Adattato e ripubblicato il 4 giugno 2018.
1 Giovanni 4,23.
2 Romani 5,10–11.
3 Isaia 43,6–7.
4 1 Corinzi 10,31.
5 T. D. Alexander e B. S. Rosner, eds., in New Dictionary of Biblical Theology (Downers Grove, IL: InterVarsity Press, 2000).
6 1 Pietro 2,9.
7 Ebrei 12,28.
8 Salmi 147,11.
9 Salmi 103,13.
10 Salmi 115,13.
11 Salmi 25,14.
12 Salmi 103,17.
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