Un atteggiamento di umiltà
Peter Amsterdam
“Vestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza”. —Colossesi 3,121
Nell’antico mondo greco-romano, l’umiltà era vista come una caratteristica negativa. La cultura di onore-e-vergogna di quei tempi esaltava l’orgoglio, quindi l’umiltà era considerata indesiderabile.
Gesù, comunque, ridefinì l’umiltà. Lui, il Figlio di Dio, si umiliò diventando umano, dimostrando così che se perfino Lui, onorato com’era, dimostrava di avere umiltà, allora era una virtù che i credenti dovevano emulare. I suoi seguaci nella prima chiesa, grazie ai suoi insegnamenti e al suo esempio, impararono a trattare l’umiltà come una virtù, come un importante atteggiamento morale e una caratteristica fondamentale del carattere cristiano.
Gesù predicò e visse l’umiltà: “Chi è infatti più grande, chi siede a tavola, o colui che serve? Non è forse colui che siede a tavola? Eppure io sono in mezzo a voi come colui che serve”.2 “Chiunque si innalzerà sarà abbassato; e chiunque si abbasserà sarà innalzato”.3
I dizionari definiscono l’umiltà in vari modi, come libertà da orgoglio e arroganza, non ritenersi migliori degli altri, avere un’opinione bassa o modesta della propria importanza. In un’ottica cristiana l’umiltà acquista un significato più profondo, perché è basata sul nostro rapporto con Dio. Nel loro libro Character Makeover Rifacimento del carattere, Brazelton e Leith danno una definizione dell’umiltà da una prospettiva cristiana: “L’umiltà è il risultato naturale dell’avere una visione accurata di chi è Dio e una prospettiva corretta di chi siamo noi in rapporto a Lui”.
E chi siamo noi per Dio? Siamo i suoi figli ribelli – falliti, peccatori e incapaci di esibire una vera giustizia davanti a Dio. Tuttavia nonostante il nostro fallimento, Lui ci ama senza condizioni. Non meritiamo il suo amore; è un dono della sua grazia, del suo favore immeritato. Non possiamo rivendicare il suo amore perché siamo peccatori, ma Lui ce lo offre lo stesso. A causa del suo grande amore nei nostri confronti, mandò suo Figlio a morire per noi. Sapere di essere amati nonostante i nostri peccati ci fa sentire umili. Sappiamo di non essere degni del suo amore, però Lui ci ama lo stesso. Questo ci aiuta a sentirci sicuri nel rapporto che abbiamo con il nostro Creatore. L’amore e l’accettazione di Dio sono la base della nostra autostima.
Poiché il Signore ci ama incondizionatamente, possiamo essere onesti con Lui e con noi stessi riguardo ai nostri punti forti e a quelli deboli, visto che nessuno d’essi cambierà l’amore di Dio per noi. Non ci ama di più per i nostri talenti, né ci ama di meno per le nostre debolezze. Sapere di essere accettati da Dio ci rende più facile avere un quadro realistico di noi stessi. Possiamo essere a nostro agio con quello che siamo, senza sentire di doverci vergognare o di dover nascondere il fatto che abbiamo delle debolezze, né sentire il bisogno di esagerare i nostri punti forti.
Come ha scritto Randy Frazee: “Il credente è dotato di un forte senso del proprio valore, nonché di una sicura collocazione della propria identità, perché non avverte più la necessità di esaltare la carne o gonfiare il proprio orgoglio”.4
Sapere di essere amati da Dio ci consente di avere un senso d’autostima forte, perché siamo sicuri di Dio e del suo amore incondizionato per noi. Essendo sicuri dell’amore di Dio, riconosciamo che non c’è motivo di cercare d’esaltarci ai suoi occhi o a quelli degli altri.
Come individui creati a immagine di Dio e da Lui amati personalmente, possiamo avere una piena sicurezza del nostro valore. Possiamo riconoscere candidamente i nostri punti forti e quelli deboli, i nostri talenti e le nostre abitudini negative. Dovremmo sforzarci di avere un’immagine realistica di noi stessi, senza pensare di essere meravigliosi o orribili. Non dovremmo riempirci d’orgoglio, né considerarci inutili. Entrambi gli estremi – pensare che tutti siano migliori di noi, o che noi siamo migliori di loro – sono sbagliati.
L’umiltà sta in mezzo fra questi due estremi. Il riconoscere che abbiamo valore agli occhi di Dio, che Lui ci ama, ci ha creato e ci ha dato doni e talenti, può aiutarci a non sminuirci da soli, impedendoci al tempo stesso di pensare che tutto ruota intorno a noi, che siamo migliori e più dotati degli altri. Come ha detto Rick Warren: “L’umiltà non è pensare poco di se stessi, ma pensare meno a se stessi”.5
Se siamo umili, riconosciamo di essere peccatori come tutti gli altri, quindi non ci riteniamo più meritevoli di amore né meno responsabili di dimostrare amore per gli altri. L’umiltà ci libera dalle preoccupazioni per il nostro prestigio o la nostra posizione, per le nostre caratteristiche fisiche o il nostro bell’aspetto, per il nostro successo o fallimento, e per molte altre ansie che nascono dall’orgoglio e dal nostro paragonarci agli altri.
L’umiltà è importante ed è intessuta nelle Scritture. Siamo spronati a vivere con umiltà e mansuetudine;6 a stimare umilmente gli altri più di noi stessi;7 a rivestirci d’umiltà; a umiliarci sotto la potente mano di Dio;8 a camminare umilmente con il nostro Dio;9 a cercare l’umiltà10 e a essere umili nello spirito.11
La Bibbia esalta ripetutamente l’umiltà e parla dell’atteggiamento positivo che Dio ha nei confronti degli umili. L’umiltà precede la gloria;12 beati i mansueti perché erediteranno la terra;13 Dio soccorre e dà grazia agli umili.14
Scrivendo ai Filippesi, Paolo parlò dell’umiltà di Gesù: “Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso, cercando ciascuno non il proprio interesse, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù”.15In alcune traduzioni l’ultima frase dice: “abbiate la stessa mentalità”, o “dovreste avere lo stesso comportamento di Cristo Gesù”. Essere umili è avere lo stesso comportamento di Cristo, o la stessa mentalità di Cristo. “Vestendoci” di umiltà e “spogliandoci” di orgoglio, ci sforziamo di diventare più simili a Gesù.
Paolo prosegue indicando come Gesù ci fornisca il miglior esempio di vera umiltà.
“Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre”.16
Qui leggiamo che la nostra mentalità dovrebbe essere simile a quella di Gesù e che il comportamento che dovremmo avere dovrebbe essere come quello di Gesù. Di che comportamento si tratta? Anche se Gesù aveva intrinsecamente lo stesso carattere, la stessa qualità e un “rango” o uno “stato” pari a quelli di Dio, lo mise da parte e assunse la natura di un servo diventando umano. Anche se avrebbe potuto rivendicare potere e gloria, come vediamo quando il diavolo lo tentò nel deserto, Gesù scelse di prendere una posizione più bassa e si umiliò al punto di essere disposto, per salvarci, a fare la morte crudele e straziante di un criminale comune.
Per quello che fece, Dio lo “super-innalzò” – che è la traduzione letterale di questo passo. Quando ci viene detto che Gesù ricevette un nome che è al di sopra di ogni nome, possiamo interpretarlo come se dicesse che gli fu dato il rango o la dignità più grande di tutti, a indicare che Lui è oggetto diretto della nostra adorazione. Inchinandoci e confessando che Gesù Cristo è il Signore equivale a dichiarare che è sovrano dell’intero universo, come suo Signore.
Durante il suo ministero, Gesù fece molte opere potenti. Guarì i malati, scacciò i demoni, sfamò cinquemila persone moltiplicando cinque pani e due pesci, camminò sulle acque. Quando fu arrestato disse che avrebbe potuto chiedere a suo Padre di mandare dodici legioni di angeli a proteggerlo – tali erano la sua capacità, la sua potenza e il suo stato. Invece si umiliò, condusse una vita di sottomissione a suo Padre ed evitò gli onori che molti volevano dargli.
Se vogliamo diventare più simili a Lui, dovremo sforzarci di “rivestirci” di umiltà; se lo faremo, ci ritroveremo benedetti dal Signore.
“Sottomettetevi tutti gli uni agli altri e rivestitevi di umiltà, perché ‘Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili’. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché egli v’innalzi al tempo opportuno”. —1 Pietro 5,5-6
Pubblicato originariamente nel maggio 2017.
Adattato e ripubblicato sull’Ancora in inglese il 21 marzo 2022.
1 NR.
2 Luca 22,27.
3 Matteo 23,12.
4 Randy Frazee, Think, Act, Be Like Jesus (Grand Rapids: Zondervan, 2014), 217.
5 Rick Warren, The Purpose Driven Life (Grand Rapids: Zondervan, 2002), 148.
6 Efesini 4,2.
7 Filippesi 2,3.
8 1 Pietro 5,5–6.
9 Michea 6,8.
10 Sofonia 2,3.
11 1 Pietro 3,8.
12 Proverbi 15,33.
13 Matteo 5,5.
14 Giobbe 22,29; Giacomo 4,6.
15 Filippesi 2,3–5.
16 Filippesi 2,5–11 NR.
Articoli recenti
- Il primo Natale: chi, cosa, quando, dove, come e perché
- Perché il Natale è importante
- La miglior preparazione per il futuro
- Una piccola bimba tra le mie braccia
- Un Natale preso in prestito da tradizioni pagane?
- Perché abbiamo problemi?
- Siate forti nella gioia del Signore
- Un posto alla tavola del Padre
- Quando Dio non guarisce subito
- Il Giorno del Ringraziamento: un cuore pieno di gratitudine