Superare l’ansia
Peter Amsterdam
Nel suo Sermone sul Monte, Gesù prese in esame l’argomento dell’ansia dicendo: “Perciò io vi dico: Non siate con ansietà solleciti per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di che vi vestirete. La vita non vale più del cibo e il corpo più del vestito?”1
Capire che Dio è nostro Padre, che ci ama e ci fornirà tutto ciò di cui abbiamo bisogno fisicamente ogni giorno, dovrebbe portare a una maggior fiducia in Lui – una fiducia che si oppone all’ansia o alla preoccupazione per le nostre esigenze materiali quotidiane. Questo insegnamento doveva avere un grande significato per i primi discepoli, perché, insieme a Gesù, erano predicatori e insegnanti itineranti, e non avevano certezza di come sarebbero state supplite le loro necessità giornaliere. Anche se la maggior parte dei Cristiani oggi non si trova in situazioni simili, il principio di confidare nella cura di Dio è ancora valido.
La parola greca tradotta con ansioso, ansia o preoccupazione, significa essere turbato dalle preoccupazioni, essere ansioso. Varie versioni traducono la frase con non siate con ansietà solleciti per la vostra vita, non siate in ansia per la vostra vita, non per la vostra vita affannatevi, mentre traduzioni più moderne dicono non preoccupatevi per la vostra vita o non preoccupatevi troppo di ciò che vi serve per vivere. L’ansia o preoccupazione, com’è usata qui, è l’opposto della fede. Il messaggio di Gesù è di avere fede nel Padre, credere che è il creatore e il sovrano di ogni cosa e confidare che provvederà ai suoi figli.
Gesù usa semplici analogie prese dalla natura per farci capire che dobbiamo riporre la nostra fiducia in Dio invece che nelle proprietà e nelle fonti di guadagno. Si occupa dei nostri timori e delle nostre preoccupazioni di restare privi di ciò di cui abbiamo bisogno oggi e di come sarà il futuro.
“Guardate gli uccelli! Non si preoccupano del cibo. Non seminano, non mietono, né fanno provviste, perché il Padre vostro che è in cielo li nutre. E voi siete di gran lunga più importanti degli uccelli per lui! Pensate forse che tutte le vostre preoccupazioni possano allungarvi la vita anche di un solo momento? E perché preoccuparsi dell’abbigliamento? Guardate i gigli di campo, non si preoccupano del loro. Eppure io vi dico che nemmeno il re Salomone in tutta la sua gloria ha mai avuto un vestito così bello! E se Dio si cura tanto dei fiori, che sono qui oggi e domani non ci saranno più, non avrà certamente più cura di voi, o uomini di poca fede?”2
Anche se gli uccelli non seminano né mietono, ciò non vuol dire che Dio metta semplicemente il cibo nella loro bocca; devono pur sempre fare uno sforzo per trovarlo. Tuttavia fornisce loro il nutrimento necessario. Poi Gesù utilizza un ragionamento “a fortiori” per esprimere il concetto: se Dio nutre gli uccelli, non nutrirà forse anche voi, che valete molto più di loro? L’idea che la creatura umana sia più importante agli occhi di Dio delle creature non-umane è visibile nella storia della creazione di cui gli esseri umani sono l’atto finale e culminante e in cui ricevono l’autorità sopra le creature animali.3 Gesù sottolinea anche questo punto: “Non temete dunque; voi siete da più di molti passeri”.4
Il secondo esempio preso dalla natura è quello dei gigli dei campi e anche qui viene usata la stessa logica “a fortiori”: se nostro Padre, il Creatore di tutta la bellezza della natura, dell’universo e di tutto ciò che esso contiene, ha fatto così belli i fiori che hanno una vita così breve, quanto più fornirà a noi i nostri bisogni materiali, come il vestiario?
Collocato tra gli esempi degli uccelli e dei fiori, troviamo un detto che dimostra quanto sia inutile preoccuparsi: “E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un’ora sola alla durata della sua vita?”5 Comunque lo si interpreti, la risposta a questa domanda è ovvia: preoccuparsi non ha senso, perché non cambia niente.
Dopo aver fatto notare che la preoccupazione non cambia le cose, Gesù chiede: “Ora se Dio riveste in questa maniera l’erba dei campi, che oggi è e domani è gettata nel forno, quanto più vestirà voi, o uomini di poca fede?”6
Nel Vangelo di Matteo, Gesù usò molte volte la frase o uomini di poca fede nel parlare a persone che avevano timore o erano preoccupati invece di confidare in Dio.7 La parola fede, come è usata qui, significa avere la certezza che Dio può e vuole agire a favore del suo popolo. Dopo aver spiegato che il Dio che nutre gli animali e ricopre la terra delle bellezze naturali è nostro Padre, ci ama e si prenderà cura dei nostri bisogni, Gesù dice di nuovo che dunque (considerando queste cose) non dobbiamo stare in ansia né preoccuparci:
“Non siate dunque in ansietà, dicendo: ‘Che mangeremo, o che berremo, o di che ci vestiremo?’ Poiché sono i gentili quelli che cercano tutte queste cose; il Padre vostro celeste, infatti, sa che avete bisogno di tutte queste cose”.8
Come ha già fatto altre due volte nel Sermone, Gesù mette a confronto ciò che fanno i non credenti e ciò che i credenti dovrebbero fare. La parola grecatradotta qui con “cercare”, esprime il concetto della ricerca intensa o della brama di una certa cosa. Anche se gli altri potrebbero dare la precedenza alle cose materiali, i Cristiani dovrebbero concentrarsi sul fatto che abbiamo un Padre amorevole in cielo che sa di cosa abbiamo bisogno e supplirà a quei bisogni senza che dobbiamo stare in ansia o preoccuparci:
“Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno”.9
Ci viene detto di non preoccuparci oggi dei possibili problemi di domani, ma di confidare in Dio per le sfide di oggi e lasciare a Lui quelle del futuro. Ogni giorno ha i suoi “affanni”, ma, alla luce di ciò che Gesù ha insegnato qui, abbiamo la certezza che, per grazia di Dio, Lui ci aiuterà a superarli. Gesù non insegna che non avremo problemi, che la nostra vita filerà sempre liscia, ma ci invita ad affrontare i problemi con fede in nostro Padre, invece che con ansietà.
Dio è nostro Padre e noi, in quanto credenti, siamo suoi figli. Come figli che cercano Lui e la sua giustizia, possiamo confidare che nostro Padre supplirà al nostro bisogno di cibo, bevande e vestiario. Spesso ci dà molto di più dell’essenziale, ma questo brano promette solo quello.
Per la maggior parte noi non siamo ricchi, ma siamo lo stesso chiamati ad avere le giuste priorità rispetto al denaro e alle cose materiali. Siamo tenuti a provvedere alle nostre famiglie, a fare del nostro meglio per avere una certa sicurezza finanziaria per venire incontro ai nostri bisogni e allo stesso tempo a stare attenti a non lasciare che i nostri obiettivi finanziari prendano la precedenza sul nostro rapporto con il Signore e il suo servizio. Come credenti, abbiamo la responsabilità di usare le nostre finanze per la gloria di Dio, badare ai nostri cari e anche aiutare gli altri; essere generosi, ripagare Dio con le nostre decime e le nostre offerte, e condividere le nostre benedizioni finanziarie con chi ha bisogno.
Inoltre, Gesù non ha mai detto che i credenti non sarebbero mai rimasti privi di cibo, acqua o vestiti. Certamente nel corso della storia alcuni Cristiani sono morti di fame nelle carestie o in prigione, o hanno perso tutti i loro beni materiali per un motivo o per l’altro. Il messaggio qui non è che i Cristiani non avranno mai difficoltà o periodi di magra, o che la nostra vita sarà priva di problemi o che possiamo aspettarci che Dio provveda a noi in abbondanza in ogni momento e in ogni luogo, o che non dovremo lavorare per il nostro sostentamento. Il messaggio è che come credenti siamo tenuti a confidare in nostro Padre per ogni cosa, senza preoccuparci.
Siamo nelle sue mani. Ci ama, ci nutre, si prende cura di noi e supplisce ai nostri bisogni – a volte con abbondanza. In qualsiasi tipo di situazione potessimo trovarci, dovremmo lo stesso riporre tutta la nostra fiducia in Lui, sapendo che ci ama, che siamo i suoi figli e che vivremo con Lui in eterno.
Pubblicato originariamente nel settembre 2016.
Adatto e ripubblicato sull’Ancora in inglese il 25 gennaio 2021.
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