Le tensioni ci fanno crescere
Dick Foth
“Le tensioni fanno parte della vita. Il modo in cui reagiamo a esse fa una differenza enorme”.
“Vi faccio una domanda: quando vi trovate di fronte alle vostre debolezze, nel momento della disperazione vi appoggiate al Signore? In che modo preghiamo? Quando siamo deboli, lo Spirito ci aiuta. La tensione che proviamo è momentanea, ma la speranza è eterna. La tensione che ci fa crescere non è cattiva. Serve a ricordarci che c’è dell’altro e che il meglio deve ancora venire”.
Dalla serie “Più che vincitori”, una lezione tenuta alla National Community Church<(em> nel luglio del 2012. L’originale in inglese si può trovare qui. Di seguito la trascrizione tradotta.
Salve. […] Sono Dick Foth e faccio parte del gruppo degli insegnanti di questa chiesa. […]
Questa sera voglio parlarvi di un brano tratto da Romani 8 che è stato il tema della serie “Più che vincitori” nelle ultime settimane. Voglio parlare di questo passo molto interessante e ci arriverò tra un minuto. È Romani 8,24.27, ma ho intitolato questi pensieri “Le tensioni ci fanno crescere”. Le tensioni fanno parte della vita. Quando mi alzo a parlare, la gente dice: “L’hai fatto migliaia di volte, non sarai mica teso, no?” Sì, m’innervosisco. Non voglio stare qui di fronte e fare fiasco. Sono teso, perché voglio che vada bene. Sapete com’è, si è tesi quando si cerca di fare buona impressione. […]
Ecco la definizione di tensione: azione del tendere; condizione di un corpo sottoposto a uno sforzo di trazione; stato di forte eccitazione o eccitabilità nervosa; ansia, nervosismo.
Nella serie “Più che vincitori”, vediamo in Romani 8 che lo Spirito Santo è un dono di Dio. Vediamo che lo Spirito viene a vivere in noi per guidarci. Abbiamo imparato che Dio ci ha dato lo Spirito per permetterci di annullare le inclinazioni naturali che non ci aiutano. Abbiamo imparato che Dio ha dato lo Spirito per rassicurarci che siamo stati adottati da Lui e facciamo parte della sua famiglia. Questo fine settimana parleremo di un’altra parte, di un altro ruolo che lo Spirito svolge nella nostra vita.
Alcune tensioni sono più significative di altre e la tensione di cui parla questo passo è molto importante per noi. State a sentire. Romani 8,24-27:
24 Perché noi siamo stati salvati in speranza; or la speranza che si vede non è speranza, poiché ciò che uno vede come può sperarlo ancora?
25 Ma se speriamo ciò che non vediamo, l’aspettiamo con pazienza.
26 Nello stesso modo anche lo Spirito sovviene alle nostre debolezze, perché non sappiamo ciò che dobbiamo chiedere in preghiera, come si conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con sospiri ineffabili.
27 E colui che investiga i cuori conosce quale sia la mente dello Spirito, poiché egli intercede per i santi, secondo Dio.
È un testo interessante, un po’ polemico. Ci sono molte discussioni sul suo significato. Non sappiamo ciò che dobbiamo chiedere in preghiera, come si conviene, ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili, o con gemiti inesprimibili, come dice un’altra traduzione. Quindi Paolo descrive un mondo di tensione, caratterizzato da gemiti, o sospiri.
Di per sé, la tensione non è un male. C’è tensione nel nostro corpo, gruppi di muscoli che si affiancano e lavorano in entrambe le direzioni. Questo edificio sta in piedi perché c’è una tensione. Avete presente un arco romano, con il blocco nel centro che lo sostiene? È la tensione a farlo. Non c’è musica, non ci sono le percussioni non ci sono violini, mandolini o chitarre, senza tensione. Se le corde sono allentate, niente musica. Così, di per sé la tensione non è un male. Ma la tensione di cui si parla qui è qualcosa all’interno di questo corpo mortale, quella che gli antichi chiamavano vicissitudini mortali. Questa dimora di uno spirito eterno, uno spirito che vivrà per sempre. C. S. Lewis dice che la tensione è tra ciò che sento qui e ciò che è reale là, in quella realtà, una volta che lo Spirito tocca la mia vita, la mette in tensione. Mi piace questa citazione di C. S. Lewis: “Se scopro in me stesso un desiderio che nessuna esperienza di questo mondo può soddisfare, la spiegazione più probabile è che sono stato creato per un altro mondo”.
Sentite come ne parla Giovanni:
Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è ancora stato manifestato ciò che saremo; sappiamo però che quando Egli sarà manifestato, saremo simili a Lui, perché lo vedremo come Egli è (1 Giovanni 3,2).
Ecco la sfida, in questo testo, dove dice: “Sono debole, il mio problema è la debolezza, il mio punto dolente è la debolezza. […] Paolo dice, sì, lo siamo, siamo deboli. Siamo fragili. E dobbiamo chiederci, proprio come vi sto parlando adesso, in che punto della mia vita sento che c’è una debolezza? C’è qualche spina nella carne, nella mia vita? C’è qualcosa nella mia vita con cui continuo a lottare? Vorrei tanto essere un vincitore, ma mi sento un perdente. Dov’è quel punto debole su cui devo concentrarmi? A volte la mia debolezza potrebbe perfino essere una forza, o quella che sembra una forza, quando la fiducia in se stessi scivola oltre il confine dell’arroganza e diventa un punto debole.
La debolezza si presenta anche in altri modi. […] Io ho perso parte dell’udito nell’orecchio destro. È un punto debole. A volte abbiamo malattie fisiche. A volte ci sono cose con cui siamo nati o che ci sono capitate, ma non è sbagliato riconoscere che siamo deboli in un certo punto. È la verità. I rapporti tra persone funzionano solo quando si dice la verità. Dire la verità è alla base di ogni rapporto.
È come la canzone “Gesù mi ama, sì lo so, perché la Bibbia mi dice così; i piccini appartengono a Lui, sono deboli, ma Lui è forte” A volte cambiamo le parole per dire che noi siamo deboli ma Lui è forte. La mia fragilità è un’opportunità per confidare in Lui. Potrebbe esserci una tensione, ma per la persona disposta ad abbassarsi davanti a Dio e a dire la verità su cosa si tratti, lo Spirito – dice qui – ci aiuta nelle nostre debolezze. C’è qualcosa che mi fa male qui e Lui arriva e mi aiuta. La parola usata qui vuol dire che mi aiuta, mi sovviene, viene sotto ai miei pesi e li sostiene. Ci stiamo arrabattando sotto qualcosa e lui viene in nostro aiuto.
C’è una cosa che vedo spesso negli aeroporti. Ci sono dei bambini che trascinano delle borse veramente belle, ma hanno le gambe corte; i genitori continuano a dire: “Vieni, vieni” ma loro non riescono a stare al passo. Alla fine il papà, o spesso la mamma, prende la borsa da una parte e la mano del bambino dall’altra e dice: “Lascia che ti aiuti io”.
Credo che quando si tratta delle nostre debolezze, lo Spirito arrivi e ci dica: “So che stai facendo fatica, facciamolo insieme”. Anche se la parola non è molto comune nelle Scritture, l’idea lo è ed è un senso di aiuto. Vediamo lo Spirito di Dio che aiuta Maria e Giuseppe a scappare dal re Erode. Queste non sono parole mie, le ha dette qualcun altro: “Guarì il cieco Bartimeo, risuscitò Gesù dai morti, e continua ad aiutare chi ne ha bisogno”. Così arriva Paolo e ci dice che non solo siamo deboli, ma lo siamo così tanto che non sappiamo nemmeno per che cosa pregare. Quella è debolezza!
La domanda è: chi sa che per che cos’è meglio pregare? Sono come un bambinetto di due anni che è caduto e faccio fatica a riprendere fiato, strillo e urlo, mi fa male e la mamma mi dice: “Dov’è che ti fa male?” — e io non lo so. Non riesco a capire dove mi fa male. Ecco, qui dice che lo Spirito viene ad aiutarci quando non riusciamo a capire dove ci fa male. E usa questa frase: “con sospiri ineffabili” o “con gemiti inesprimibili” — cose profonde che non si possono esprimere con parole normali, sentimenti troppo profondi e dolorosi da manifestare con un discorso e una comunicazione normale e abituale.
Ci sono diverse scuole di pensiero. Una d’esse è che qui interviene la lingua della preghiera, una lingua non imparata, un’espressione dello Spirito, direttamente dallo spirito di una persona allo Spirito di Dio, scavalcando l’intelletto. Mette insieme alcune cose. Di qualsiasi cosa si tratti, ho bisogno d’aiuto e lo Spirito verrà in mio soccorso. Ecco la promessa di questi versetti.
A volte cerco di aiutare […come fanno i bambini…]. Ma è Gesù che interviene con il suo Spirito. In Filippesi dice che il suo Spirito opera in noi il volere e l’operare secondo il suo disegno benevolo [Filippesi 2,13 NR]. Così, anche se non so per cosa pregare, Lui lo sa. Non so come funziona. Vorrei alzarmi in piedi e dire che ho capito tutto, ma non è così; però so che è vero. Ho avuto di quei momenti, quando vado via da una sala di rianimazione dove c’è una bambina di tre anni con un tumore al cervello e dico: “Dio, non so che cos’è, ma so che mi fa male per lei e per i suoi genitori e ho bisogno del tuo aiuto per pregare, così dovrai aiutarmi e farmi sapere cosa chiedere o come fare, perché non so cosa succede”.
In quasi tutte le chiese ci sono storie che la gente può ricordare e dire: “Quello è stato un punto di svolta”. Il pastore Mark ha scritto riguardo a diverse di queste occasioni, qui nella National Community Church, camminate di preghiera e cose del genere. Venite alla mia chiesa a Fort Collins e sentirete la storia di Nikki. C’era questo parrucchiere, un uomo anziano, che stava lavorando su una delle sue clienti, un’universitaria. Stavano chiacchierando e lei gli ha chiesto se poteva andare a pranzo con lui, così le ha risposto: “Non credo che voglia veramente farlo”. E lei: “Mi farebbe piacere, perché lei parla di Gesù”. Così sono usciti a pranzo insieme. Poi lei gli ha detto che voleva andare alla sua chiesa e lui ha risposto: “Non credo che voglia veramente farlo”. E lei: “Certo che voglio” – e poi: “Ci andrò lo stesso, anche se non mi ci porta”. Così è venuta e una domenica mattina, dopo l’invito a seguire Gesù, si è avvicinata all’altare e le hanno dato un Nuovo Testamento; quattro giorni dopo ha telefonato al pastore e gli ha detto: “Sono venuta alla sua chiesa e mi hanno dato questo libro. L’ho sentita parlare, poi ho preso questo libro e l’ho letto tutto; qualche parte l’ho letta tre o quattro volte. Mi stavo chiedendo una cosa; lei legge questo libro?” E il pastore: “Certo, lo leggo”. “Be’, c’è questa parte, si chiama Corinzi. Lei ha letto la parte sui Corinzi? Dice che lo Spirito è all’opera dentro di noi e ci aiuta a fare cose a capire cose che altrimenti non comprenderemmo”. Quello che non vi ho detto di Nikki è che era una ragazza favolosa, era una leader e faceva danze esotiche. Era così che si procurava i soldi per studiare legge all’università. La sua tesi era che se ci sono degli uomini abbastanza stupidi da andare a vedere delle ragazze seminude ballare, lei era abbastanza intelligente da accettare i loro soldi. Così gli disse: “Ha letto questa parte in Corinzi?” “Quale parte?” “Dove dice che il mio corpo è un tempio dello Spirito Santo e che Lui vive in me”. “Sì. l’ho letta”. “Be’, se è vero, allora probabilmente non dovrei fare quello che sto facendo. Sto guadagnando i soldi per andare all’università e ne ho veramente bisogno, ma ho letto questa parte in Matteo che dice che Dio si prende cura dei fiori dei campi e che si prenderà cura di noi”. E ha aggiunto: “Se è vero, probabilmente non ho bisogno di preoccuparmi”. E ha cominciato a seguire Gesù. E quell’avvenimento è stato un punto di svolta che ha cambiato il carattere dell’intera chiesa e dell’intera comunità, perché lo Spirito Santo fa cose che io non posso fare.
Il risultato finale è quello con cui cominciano questi versetti. Il risultato finale è la speranza. Ho in me questa speranza, Cristo in me mediante il suo Spirito, la speranza della gloria [Colossesi 1,27]. Fiducia e speranza sono cose meravigliose. La fiducia guarda indietro e la speranza guarda avanti. È un’espressione dell’amore di Dio nella mia vita e ha a che fare con movimento, anticipazione e cose positive. Sentiamo parlare molto della speranza, ma se c’è una cosa che la speranza non è, è fortuna, o il caso, non è un lancio di dadi. La speranza non è nemmeno sognare a occhi aperti, come il grillo parlante nel Pinocchio di Disney: vedi una stella cadente, esprimi un desiderio e chiunque tu sia i tuoi sogni vengono esauditi. Quella non è speranza. La speranza non è nemmeno ottimismo. Non è nemmeno il bicchiere mezzo pieno. Mi piace la battuta di Bill Cosby, quando era alla Temple University in Pennsylvania. Durante la lezione di filosofia avevano discusso per tre giorni se il bicchiere fosse mezzo pieno o mezzo vuoto. Quando tornò a casa a South Philly chiese a sua nonna; “Nonna, il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?” E lei rispose: “Dipende se stai bevendo o se stai versando”. Quella non è speranza. La speranza è quella cosa che mi offre un futuro. La speranza è quella cosa che mi spinge in quella direzione. La speranza è quella che avevano questi scrittori quando sono partiti da Cincinnati sperando di arrivare qui sani e salvi, contandoci, preparando ogni cosa, sperando che i dollari che raccoglieranno potranno offrire delle opportunità a donne e bambini in tutto il mondo per avere anch’essi speranza.
Qualche anno fa, quando in Sudafrica c’era ancora l’apartheid, stavo tornando in aereo da Johannesburg ed ero seduto di fianco a un uomo di colore. Era un indiano o un pakistano. Gli chiesi che lavoro faceva e mi rispose che era un ingegnere e che aveva una ditta di prodotti elettrici a Dallas, in Texas. Gli chiesi: “Ma lei è sudafricano?” “Sì”. “Come mai non vive lì?” “Perché non riuscivo ad affittare un ufficio, dato che non rientro nei loro parametri”. Così gli chiesi: “Qual è la difficoltà più grande che incontrava qui?” E lui rispose: “La difficoltà più grande è che l’apartheid mi ha tolto la speranza. Dovevo andare in qualche posto dove potevo avere la speranza di un futuro”.
Allora che cos’è la speranza? La speranza è l’attesa fiduciosa che si basa sulla storia di ciò che è avvenuto.
Il versetto in 1 Samuele 7 dice questo:
12 Allora Samuele prese una pietra, la eresse tra Mitspah e Scen e la chiamò Eben-Ezer, dicendo: «Fin qui l’Eterno ci ha soccorso».
13 Così i Filistei furono umiliati e non tornarono più ad invadere il territorio d’Israele.
Quel nome voleva dire “Pietra d’aiuto”, e la pietra serviva a ricordare quello che Dio aveva fatto e da dove li aveva portati. Mi ricordo di quando sono state erette alcune eben-ezer, e di sicuro ve le ricordate anche voi. Quando i muri della cantina non erano ancora intonacati, siete andati giù da basso e ci avete scritto dei versetti, ed è così, che lo sappiate o no, anche in qualche eben-ezer e siete circondati dalle Scritture, perché la nostra speranza è nel Signore, non nei nostri progetti d’affari o nella bella villetta d’angolo o cose del genere. Sono cose buone, ma non è lì che giace la nostra speranza.
Quando ci guardiamo indietro e diciamo: “Ho visto il Signore all’opera”, è una cosa potente. È più che potente. È una cosa che vivifica.
Alcuni anni fa, Joel Schmidgall era mio assistente […] aveva il cancro e sarebbe andato a casa [in cielo]. In quel periodo affidò la sua vita a Gesù. […] Andammo a trovarlo e quando entrai chiese: “Che cosa vuol dire quella frase: partire dal corpo e abitare con il Signore? Cosa vuol dire?” Gli ho risposto: “Charlie, non lo so, non sono ancora arrivato a quel punto!” “Be’, non so cosa vuol dire, ma immagino significhi che partire dal corpo è abitare con il Signore; e basandomi sulle cose in cui mi sono affidato a Lui e che hanno funzionato, ho piena fiducia che qualsiasi cosa significhi, funzionerà senz’altro!” La speranza non si basa su qualcosa di fantasioso da qualche parte, ma sulla storia. La speranza è necessaria per la vita.
Victor Frankel era uno psichiatra austriaco che finì ad Auschwitz e sopravvisse. Ecco cosa disse: “La presa interiore che un prigioniero ha sul suo io spirituale si basa sulla sua fede nel futuro; ma appena un prigioniero perde la speranza, è spacciato”. Quando si perde la speranza, si muore. Magari non si cade stecchiti, ma si muore, un po’ alla volta, centimetro per centimetro, punto per punto.
Isaia lo dice in maniera più profonda di me:
28 Non lo sai forse, non l’hai udito? Il Dio di eternità, l’Eterno, il creatore dei confini della terra, non si affatica e non si stanca, la sua intelligenza è imperscrutabile.
29 Egli dà forza allo stanco e accresce il vigore allo spossato. 30 I giovani si affaticano e si stancano, i giovani scelti certamente inciampano e cadono, 31 ma quelli che sperano nell’Eterno acquistano nuove forze, s’innalzano con ali come aquile, corrono senza stancarsi e camminano senza affaticarsi.
Quando penso alla speranza, penso ai miei amici Rich e Becky Dixon e Monte, qui vicino. L’anno scorso, a un certo punto, Rich venne da me e disse: “Ho pensato che mi piacerebbe fare qualcosa per portare speranza alla gente”. Così l’estate scorsa, Rich, Becky e Monte, con Rich in testa, sono andati in bicicletta lungo il fiume Mississippi, dal lago Itasca, in Minnesota, fino a New Orleans — 2.500 chilometri, 60-80 chilometri al giorno. Lungo la strada hanno portato speranza alla gente. Non era una cosa loro, si trattava di portare la speranza che il Signore ci offre mediante il suo Spirito. Venticinque anni fa, Rich era sul tetto a sistemare le luci di Natale e cadde di sotto. Insegnava matematica e ancora adesso trovo tanta gente che mi dice che Rich gli aveva insegnato matematica alle medie. Quando cadde dal tetto, rimase paralizzato dalla vita in giù. Passò un decennio difficile, lottando con la depressione e altri problemi. Potete chiederglielo. Ha scritto un libro al riguardo. Ma scoprì la bicicletta che si pedala con le mani e grazie a quello scoprì anche un meccanismo per condividere la speranza. Penso che la storia che preferisco è di quella volta che Rich aveva parlato in una chiesa, in Mississippi, mi sembra, e qualcuno andò da lui e gli disse: “Lavoriamo con i senzatetto, domani abbiamo una riunione, può venire a parlare con loro?” C’erano circa settantacinque persone, lui parlò e disse — e qui parafraso: “La vita ci offre delle cose, oppure fa delle cose, che non possiamo anticipare; ma se può farlo un vecchio calvo che non può camminare ed è bloccato su una sedia a rotelle, allora chiunque può farlo”. Alla fine un tipo grande e grosso si avvicinò a Rich, gli mise le braccia al collo e piangendo gli sussurrò in un orecchio: “Posso farlo!” Lo Spirito di Dio ispira speranza, ma c’è di più: Lui è la speranza. Porta speranza. E quando non so nemmeno come pregare, Lui dà per me parole ai sentimenti o frasi alle situazioni, perché basta una parola a incoraggiare o ispirare.
Chiuderò con questo. Un paio di settimane fa stavo parlando alla Timberline Church, dove vivo, in Colorado. Stiamo leggendo il libro di Marco. Stavo parlando sul passo in cui Gesù cammina sulle acque, che è interessante, per voi studenti di fisica, perché hanno fatto dei test per vedere se è possibile e bisognerebbe avere dei piedi grandi come ombrelli, ma Gesù lo fa in maniera diversa. Così, stava camminando sull’acqua e i discepoli si spaventarono, pensando che fosse un fantasma. Erano circa le tre di mattina, loro avevano paura ed ecco cosa disse loro. Sono parole di speranza.
Fatevi animo, sono io, non temete!
Fatevi animo, sono io, non temete: questa è la frase usata nei Vangeli quando dice Io sono la Via, la Verità e la Vita. Io sono l’Acqua Viva. Io sono il Pane vivente. Quindi: “Sono io, non temete”.
Avevo un amico ebreo che ora è andato a stare con il Signore. Era cresciuto a Brooklyn e una volta mi disse: “Sono cresciuto sentendo mia madre che mi diceva: ‘Cresci un po’, trovati un buon lavoro, sposa una bella ragazza ebrea’.” L’aveva sentito così tante volte che gli sembrava che fosse una parola sola, tutta attaccata. E credo che in mezzo alla tempesta Gesù abbia gridato loro una parola sola: “Fatevi animo, sono io, non temete!” “Fatevi animo, sono io, non temete!” Ditelo insieme a me: “Fatevi animo, sono io, non temete!” un’altra volta: “Fatevi animo, sono io, non temete!”
Lo Spirito grida dentro di me, supera le mie paure e le mie debolezze, mi dà un posto a cui approdare. La speranza è l’espressione anticipata della fiducia. Eben-Ezer, fin qui Dio si è dimostrato fedele.
Vi faccio una domanda: quando vi trovate di fronte alle vostre debolezze, nel momento della disperazione vi appoggiate al Signore? In che modo preghiamo? Quando siamo deboli, lo Spirito ci aiuta. La tensione che proviamo è momentanea, ma la speranza è eterna. La tensione che ci fa crescere non è cattiva. Serve a ricordarci che c’è dell’altro e che il meglio deve ancora venire.
Chinate il capo in preghiera con me. Voglio farvi una domanda. Se in questo momento siete qui e siete disperati, non dovete parlarmi della vostra debolezza, so già che sensazione ci dà la debolezza e adesso ho bisogno dell’aiuto dello Spirito. Non so nemmeno come pensare, ho bisogno del suo aiuto. Se volete includere voi stessi nella mia preghiera finale, alzate semplicemente la mano e dite, sono io. Sì, vi vedo. Può darsi che questa sera ci sia qui qualcuno che dice: “Non so niente di questo Gesù, ma da quel che sento, voglio saperne di più. Vorrei cominciare quel percorso”. Alza la mano e pregherò anche per te. Sì, ti vedo.
Padre, ecco qui, il tuo Spirito opera in noi attraverso le nostre debolezze, con gemiti inesprimibili. Non possiamo esprimerci, ma Lui sì e Tu presti ascolto. Tu dici che tutto il mondo creato geme insieme, che noi gemiamo, il nostro spirito geme, ma in mezzo a tutta questa debolezza io prego per i miei cari amici, molti dei quali non ho nemmeno incontrato, ma Tu li conosci. Questa sera ti stanno dicendo che sono disperati e deboli, che hanno bisogno che lo Spirito interceda per loro. In questo momento abbiamo bisogno di Lui, bisogno che ci avvolga con le sue braccia e ci sorregga, anche se i piedi non reggono e le gambe sono deboli. Ti prego di farlo mentre preghiamo, che questi amici escano di qui sapendo che lo Spirito parla in loro favore al Padre, il cui orecchio è teso verso di noi. E preghiamo che nei momenti in cui piangono nella notte, nei momenti in cui si sentono repressi o insufficienti, il tuo Spirito sia presente in modo da darci la pace che supera ogni comprensione. Crediamo che Tu lo possa fare. Grazie, Signore Gesù, per averci fornito un modo per avere questa conversazione con il Dio Altissimo. Ti rendiamo onore e lode, amen.
Da un post su More Than Conquerors © 2013 National Community Church. Tutti i diritti riservati.
Titolo originale: Tensions to Grow Us
Pubblicato sull'Ancora in Inglese l'8 febbraio 2013.
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