La vita è un’amministrazione fiduciaria
Compilazione
Del resto, a chi è affidato qualcosa di valore è richiesto di dimostrarsi degno di quella fiducia. —1 Corinzi 4,2[1]
*
Gesù si riferì spesso alla vita come a un’amministrazione fiduciaria e raccontò molte storie per illustrare questa responsabilità nei confronti di Dio. Nella storia dei talenti, un uomo d’affari affida le sue ricchezza alle cure dei suoi servi mentre è in viaggio. Al suo ritorno, valuta la responsabilità di ognuno di loro e lo ricompensa adeguatamente. Il padrone dice: “Bene, sei un servo bravo e fedele! Sei stato fedele in cose da poco, ti affiderò cose più importanti. Vieni a partecipare alla gioia del tuo signore!”[2]
Alla fine della tua vita terrena, sarai valutato e ricompensato secondo il modo in cui avrai gestito quello che Dio ti ha affidato. Ciò significa che tutto quello che fai, anche le tue semplici azioni quotidiane, ha ripercussioni nell’eternità. Se tratti ogni cosa come un affidamento fiduciario, Dio promette tre ricompense nell’eternità. Primo, ci sarà una dichiarazione solenne da parte sua; dirà: “Bene! Ottimo lavoro!” Secondo, riceverai una promozione e maggiori responsabilità nell’eternità: “Ti affiderò cose più importanti”. Terzo, sarai onorato con un festeggiamento: “Vieni a partecipare alla gioia del tuo Signore”. —Rick Warren
*
Il Signore può essere un padrone duro a volte, come nel caso del servo che seppellì il suo unico talento, finendo per perderlo, e quelli con più talenti che ne ricavarono altri e finirono per averne di più.[3] Lui disse: “A chiunque ha, sarà dato ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha”.[4]
Dio crede fermamente nel sistema meritocratico, chi si merita qualcosa e chi no, e non va necessariamente secondo il bisogno. È una cosa in cui il Signore si scosta un po’ dal vecchio detto “da ognuno secondo le sue possibilità a ognuno secondo il suo bisogno”. Dio non dà necessariamente a chi ha bisogno. Dà solo se se lo merita e a volte dà perché lo merita, anche se non ne ha altrettanto bisogno.
Si basa molto sulle ricompense, secondo un sistema meritocratico, guardando se si può affidare qualcosa a una persona o no. Se è fedele in poche cose, gli darà molto; se però non è fedele nemmeno nel poco, è probabile che non gli dia più niente.
Dio ricompensa chi lavora sodo, chi se lo merita; non ricompensa il pigro che seppellisce il suo piccolo talento. Dio si prende cura dei suoi, specialmente di chi è fedele, diligente e lavoratore, il buon amministratore che lavora sodo per incrementare i suoi talenti e investirli dove possono servire di più e ricavare profitti maggiori. Dio aiuta chi si aiuta e chi non è in grado di aiutarsi, ma è meno incline ad aiutare chi può aiutarsi ma non lo fa.
Dio benedice sempre il lavoro sodo, la diligenza, la fedeltà e il buon investimento e lo ricompenserà con dell’altro. Chi è fedele nel poco o in poche cose, sarà fedele anche nel molto e in molte cose; se però non è fedele nel poco, potrebbe perdere anche quello che ha.[5]
Il servo che seppellì il talento, che non ne fece niente e non ricavò alcun profitto; che non si diede da fare, non l’investì e non ne guadagnò degli altri; che quando lo disseppellì e lo restituì a Dio disse: “Ecco, avevo paura di perderlo, così l’ho messo da parte” — quel servo Dio lo buttò fuori. Diede il suo talento a qualcun altro che sapeva investirlo e farne buon uso. Prese il talento che l’altro aveva sepolto e sprecato, che non aveva usato, non aveva incrementato ricavandone altri talenti, e lo diede all’uomo che aveva più talenti di tutti, perché sapeva che l’avrebbe investito e avrebbe avuto un successo ancora maggiore.
Niente ha successo come il successo, e Dio benedice chi è produttivo e ottiene risultati, chi è diligente, lavoratore, veramente fiducioso e ubbidiente. Non ho mai visto Dio deludere chi ha fatto del suo meglio per impegnarsi, lavorare sodo e guadagnarsi qualcosa in un modo o nell’altro, anche solo con il difficile compito di confidare in Dio per fede.
Alcune persone sembrano avere l’idea che vivere per fede significhi stare seduto a far niente. Hanno un’idea completamente sbagliata della vita per fede. Sembrano pensare che vivere per fede voglia dire vivere di niente, o per niente o con niente. Si sbagliano.
Vivere per fede significa mettere la fede in azione, dare ali alle preghiere e fare tutto il possibile, come se tutto dipendesse dal farlo, e pregare come se tutto dipendesse dalle preghiere! La gente che sta lì seduta, aspettandosi che Dio gli faccia cadere le cose in braccio e facendo poco o niente, è improbabile che ottenga qualcosa. Dio non investirà il suo denaro, i suoi doni o il suo aiuto in persone che sa che li sprecheranno e non ne faranno niente. Dio è un padrone piuttosto duro in questo caso. Fu lo stesso Gesù a raccontare la storia.
Il Signore si spinse perfino a elogiare il fattore infedele, perché almeno era stato un bravo amministratore e si era impegnato.[6]
Dice: “C’è chi spande generosamente e diventa più ricco”.[7] Noi spandiamo generosamente — questo non vuol dire buttarlo via o sprecarlo, ma metterlo dove conta, come “il seminatore che uscì a seminare”. Quando spande a quel modo, spargendo i semi nel terreno fertile dove sa che porterà frutto, risultati e profitti, diventa più ricco.
“C'è chi risparmia più del necessario diventa sempre più povero”.[8] La persona che non usa saggiamente nemmeno il poco che ha, ma si tiene egoisticamente stretto il suo piccolo talento, per paura di perderlo, e non lo dà a Dio o ad altri che potrebbero usarlo con maggior profitto, potrebbe benissimo perdere anche quello che ha.
Attraverso anni d’esperienza, ho provato che se facciamo del nostro meglio, Dio farà del suo meglio per aiutarci. Credo fermamente in quel detto: aiutati che Dio ti aiuta. E aggiungerei che Dio aiuta chi non può aiutarsi.
La Bibbia dice che alcuni di voi non hanno perché non chiedono, o perché domandano male. Chiedete le cose sbagliate che non rientrano nella volontà divina e Dio non vi darà quello che non vi fa bene.[9] Se però siete diligenti e lavorate sodo, se siete meritevoli, fedeli e produttivi, Dio ha promesso di supplire a tutti i vostri bisogni, secondo le sue ricchezze in gloria.[10] —David Brandt Berg[11]
*
Fin dall’inizio Dio voleva che lavorassimo. La Bibbia ci dice: “L'Eterno Dio prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino dell'Eden perché lo lavorasse e lo custodisse”.[12] Il lavoro ha le sue origini in Dio ed è un modo di servirlo. Se il nostro lavoro è fatto per un motivo meno degno di questo, non funzionerà. Paolo dice: “Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo. È Cristo, il Signore, che servite”, e questo vale per ogni tipo di lavoro.
Ci sono molte persone a cui non piace il loro lavoro, è solo un peso. Altre si sentono frustrate e scoraggiate; altre sono vittime di pregiudizi che le intralciano; altre ancora non riescono a seguire la carriera che vorrebbero. La chiave per eliminare ogni lamentela non è concentrarsi sulle circostanze del proprio lavoro, ma concentrarsi su Gesù quando siamo al lavoro.
Se stabiliamo che non siamo lì principalmente per servire il nostro capo, o noi stessi, ma che abbiamo uno scopo molto più grande, che è quello di servire il nostro Signore, Dio darà dignità al nostro lavoro e la nostra sarà una doppia ricompensa. Paolo scrive: “…fatelo di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che dal Signore riceverete la ricompensa dell'eredità, poiché voi servite a Cristo, il Signore”.[13] La ricompensa che riceviamo da Dio è che possiamo essere certi di un proposito divino nello stare nel posto in cui ci ha messo. Quando lavoriamo per servire Dio, Lui ci dà la saggezza di sapere che è quello che vuole che facciamo. […] Vedremo così il nostro lavoro attraverso gli occhi di nostro Signore ed esso diventerà una missione, e il nostro posto di lavoro sarà un campo di missione in cui Dio si rivela. E dove Dio si rivela, il tran tran quotidiano si trasforma dinamicamente, con immense possibilità. —Charles Price
[1] Parafrasato.
[2] Matteo 25,23 TILC.
[3] Vedi la parabola dei talenti: Matteo 25,14–29.
[4] Matteo 25,29 NR.
[5] Luca 16,10.
[6] Vedi Luca 16,1–12.
[7] Proverbi 11,24.
[8] Filippesi 11,24.
[9] Giacomo 4,3.
[10] Filippesi 4,19.
[11] Pubblicato originariamente nel luglio 1981.
[12] Genesi 2,15.
[13] Colossesi 3,23–24.
Titolo originale: Life is a Trust. Tradotto da A. Maffioli e S. Marata.
Pubblicato sull’Ancora in Inglese il 25 marzo 2014.
Letto in Inglese da Jon Marc. Musica di Michael Dooley.
Articoli recenti
- Il primo Natale: chi, cosa, quando, dove, come e perché
- Perché il Natale è importante
- La miglior preparazione per il futuro
- Una piccola bimba tra le mie braccia
- Un Natale preso in prestito da tradizioni pagane?
- Perché abbiamo problemi?
- Siate forti nella gioia del Signore
- Un posto alla tavola del Padre
- Quando Dio non guarisce subito
- Il Giorno del Ringraziamento: un cuore pieno di gratitudine