La sua stupenda grazia
Compilazione
“[Tutti] sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù”.[1]
Come fai a sapere se afferri sul serio il vangelo, se lo capisci e ci credi? O forse, per dir meglio, come fai a sapere che il vangelo ha veramente afferrato te, se ti ha preso e ha cominciato a trasformarti in modo permanente? Mi sono ritrovato a meditare su questa domanda, la settimana scorsa, e ben presto ho cominciato a pensare a persone di mia conoscenza che una volta professavano la loro fede, ma alla fine si sono raffreddate, si sono allontanate e sono sparite.
Forse andrebbe così: sai che comprendi veramente il vangelo quando quello che ti stupisce è la grazia di Dio, più che la sua ira. Spesso sento persone esprimere la loro sorpresa e perfino il loro disgusto davanti al solo concetto di un Dio furioso. Quando però sento dei credenti sinceri, li sento esprimere sorpresa davanti alla realtà di un Dio pieno di grazia. È la grazia, non l’ira, che li stupisce: “Perché? Perché io? Perché Dio estenderebbe una simile grazia a me?”
È per questo, penso, che la canzone “Amazing grace”, “Stupenda grazia”, di John Newton, sia sempre stata un inno tanto popolare e potente. L’invocazione di Newton era “stupenda grazia”. L’ira non lo sorprendeva né l’offendeva. Era consapevole della sua degradazione, della sua depravazione. Era già convinto di meritare in pieno la giustizia divina. Così fu la grazia a scioccarlo. Era la grazia a sembrare così fuori di posto. Se c’era qualcosa d’offensivo nel vangelo, era che Dio potesse prendere i peccati di un uomo cattivo come John Newton e piazzarli sull’uomo perfetto, Gesù Cristo.
Sai di capire veramente, quando la cosa che ti sciocca di più nel vangelo non è che Dio estende la sua ira ai peccatori, ma che offre loro la sua grazia. Ed ecco perché: la condizione umana fondamentale è di credere che Dio non è poi tanto santo, dopotutto, e che io non sono poi tanto cattivo. Dio è accondiscendente nei confronti del peccato, ed io non sono poi neanche tanto peccatore. Così andiamo d’accordo, io e Dio. Non ci vuole fede per credere questo. Non ci vuole nessun grande cambiamento della mente e del cuore.
Il vangelo, però, smaschera quel tipo d’illusione. Il vangelo ci aiuta a vedere le cose come sono davvero. Il vangelo dice che Dio in realtà è molto più santo di quanto potrei anche solo osare pensare e che io sono un peccatore molto più grande di quanto avrei potuto immaginare. E proprio qui – nella corretta valutazione di Dio e di me – proprio qui risplende il vangelo. Proprio qui il vangelo dona speranza. —Tim Challies [2]
Grazia per gli “impuri”
La dieta degli Israeliti escludeva categoricamente qualsiasi animale anormale o “strano” e lo stesso principio si applicava anche agli animali “puri” usati nel culto. Nessun fedele poteva portare al tempio un agnello storpio o difettoso, perché Dio voleva gli animali intatti del gregge. Da Caino in poi, la gente doveva seguire precisamente le istruzioni divine o rischiare di vedersi rifiutare le proprie offerte. Dio esigeva la perfezione; Dio meritava il meglio. Niente cose “strane”.
[…] Il modo in cui Gesù trattava gli “impuri” sconcertò i suoi compaesani e alla fine contribuì a farlo crocifiggere. In pratica Gesù annullò il tanto amato principio del Vecchio Testamento, “niente cose strane”, rimpiazzandolo con una nuova regola piena di grazia: “Siamo tutti strani, ma Dio ci ama lo stesso”.
Gesù culminò il tempo passato sulla terra dando ai suoi discepoli il “Grande mandato”, l’ordine di portare il vangelo ai Gentili impuri “in tutta la Giudea e la Samaria e fino alle estremità della terra”. […] uno scalino dopo l’altro, Gesù smantellò la scala gerarchica che aveva contrassegnato l’avvicinamento a Dio. Invitò i difettosi, i peccatori, gli stranieri e i Gentili – gli impuri! – alla tavola del banchetto di Dio.
[…] Le leggi levitiche facevano attenzione al contagio: i contatti con persone malate, con un Gentile, con un cadavere, con certi tipi di animali; perfino il contatto con la muffa poteva contaminare una persona. Gesù rovesciò il procedimento; invece di essere contaminato da loro, rese puri gli altri. L’uomo pazzo e nudo non contaminò Gesù; fu guarito. La donna pietosa con il flusso di sangue non disonorò Gesù né lo rese impuro; si allontanò guarita. La bambina dodicenne morta non contaminò Gesù; fu risuscitata.
In questo approccio di Gesù avverto un completamento, non un’abolizione, delle leggi del Vecchio Testamento. Dio aveva “santificato” la creazione separando il sacro dal profano, il puro dall’impuro. Gesù non eliminò il principio della santificazione, ma ne cambiò la fonte. Anche noi possiamo essere agenti della santità divina, perché ora Dio dimora in noi. In mezzo a un mondo impuro, possiamo camminare, come fece Gesù, cerando di essere una sorgente di santità. Per noi i malati e gli storpi non sono fonti di contaminazione, ma potenziali riserve della misericordia di Dio. Siamo tenuti a estendere ad altri quella misericordia, a essere portatori di grazia, non a evitare il contagio. Come Gesù anche noi possiamo contribuire a rendere puri gli “impuri”. —Philip Yancey [3]
La scala di Giacobbe
Giacobbe sognò una scala che si stendeva fino al cielo, con angeli che salivano e scendevano alla presenza del Signore.
Dio parlò e gli fece una promessa: “La tua discendenza sarà come la polvere della terra, e tu ti estenderai a ovest e a est, a nord e a sud; e tutte le famiglie della terra saranno benedette in te e nella tua discendenza. Ed ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque andrai, e ti ricondurrò in questo paese; poiché non ti abbandonerò prima di aver fatto quello che ti ho detto”.[4]
Quando Giacobbe si svegliò, disse: “Certamente l'Eterno è in questo luogo, e io non lo sapevo”.[5]
La splendida verità che spesso non riusciamo a capire è che il Signore è in ogni luogo. In ogni esperienza ardua. In ogni relazione difficoltosa. In ogni individuo difficile da capire. In ogni momento di solitudine. In ogni lacrima dimenticata. È lì, è disponibile e si fa conoscere mediante le sue espressioni d’amore: un pensiero incoraggiante, una parola motivante, in abbraccio caloroso, un’amicizia inaspettata.
In ogni momento in cui troviamo la speranza e in ogni caso in cui sentiamo la grazia, Cristo è lì e dice: “Sono qui con te e non sei solo”.
Come Giacobbe, potremmo aver fatto anche noi qualcosa che ci fa temere di aver perso la grazia o che sui registri eterni che ci riguardano sia caduta una macchia scura. Se però apri il tuo cuore alla sua Parola, scoprirai che non sei lontano dalla grazia. Gesù è lì e sussurra al tuo cuore che c’è “un tempo per ogni situazione” – anche la più difficile.[6]
Dopotutto è Lui, la cui essenza è amore, che è presente in ogni momento della tua vita. È sempre con te, fino alla fine di questa età; ti promette di dare vita a ogni cosa che sembra morta; e ti mostra l’arcobaleno oltre ogni nube di tempesta.
A volte riceviamo una promessa o una risposta alla preghiera, vediamo un miracolo o qualcosa succede proprio come avevamo sperato, tuttavia non siamo del tutto sicuri che Dio abbia calcolato tutto dall’inizio alla fine. […] la cosa sorprendente è che non ce ne fa una colpa. Capisce che in questo mondo dobbiamo accettare le cose per fede invece di capirle perché le abbiamo viste. Ci accetta così come siamo e ci incoraggia continuamente a seguirlo, ad accrescere la nostra fede tenendo gli occhi puntati su di Lui e seguendolo passo dopo passo.
Facendolo, scopriamo che rispetta le sue promesse. Saremo così in grado di dire, come Giosuè: “Riconoscete dunque con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima che non è caduta a terra una sola di tutte le buone parole che l'Eterno, il vostro Dio, ha pronunciato nei vostri confronti; si sono tutte avverate per voi; neppure una è caduta a terra”. [7]—Jewel Roque [8]
Pubblicato sull’Ancora in inglese il 1 novembre 2016.
[1] NR.
[2] http://www.challies.com/articles/gods-not-really-that-holy-im-not-really-that-bad.
[3] Philip Yancey, What’s So Amazing About Grace? (Grand Rapids, MI: Zondervan, 1997).
[4] Genesi 28,13–15.
[5] Genesi 28,16.
[6] Ecclesiaste 3,1.
[7] Giosuè 23,14.
[8] http://just1thing.com/podcast/2013/5/13/present-in-every-place.html.
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