La luce alla fine della valle
Maria Fontaine
Hai mai affrontato qualcosa che sembrava totalmente privo di speranza, quando ti sentivi come se non ci fosse alcuna via d’uscita dalle tue difficoltà e tutto sembrava perduto? O forse ti trovi in queste condizioni adesso e la situazione sembra impossibile, pensi che continuerà così a lungo, senza speranza.
Forse ti senti solo e ti sembra che nessun altro si trovi in circostanze così intense e penose, come se fossi circondato da ogni lato, senza via di scampo. Ti sembra di non riuscire più a sentire la voce di Dio e non c’è niente a segnalare la sua presenza.
Forse ti servirebbe ricordare che ci sono state persone molto note che si sono sentite allo stesso modo, persone che hanno provato grandi avversità. Se pensi che ti dirò che ne sono venute fuori praticamente intatte, con grande gioia e trionfo nel cuore, no, non è così, non è quel che è successo.
Ecco alcuni esempi di personaggi della Bibbia che soffrirono incredibilmente. Ci viene offerta qualche idea di quel che passarono, ma poche parole su una pagina possono a malapena trasmettere l’enormità delle battaglie che dovettero combattere.
Conosciamo tutti Giobbe, ma non ci farebbe male tornare a leggere il racconto vividissimo di quello che patì. Era in preda a tanta pena e tanta angoscia che incolpò amaramente Dio per averlo fatto nascere. Arrivò al punto di chiedere a Dio di mettere fine alla sua vita.
Abramo è un’altra persona che riuscì a stento a sopportare il dolore terribile che provò quando Dio gli chiese di mandare via il suo primogenito, Ismaele. È doloroso anche solo pensare all’angoscia indescrivibile che provò quando si trovò a dover sacrificare Isacco, il figlio della speranza, il figlio della promessa, quello che avrebbe continuato la discendenza della famiglia, quello che lo avrebbe aiutato nella sua vecchiaia, quello che amava così tanto.
Immagino che Mosè si sia a dir poco scoraggiato quando il popolo alla cui salvezza aveva dedicato la vita si rivoltò contro di lui e divenne critico e vendicativo, incolpandolo costantemente, bombardandolo di lamentele e assalendolo verbalmente. Gli lanciarono contro accuse gravissime, lo incolparono ripetutamente di averli portati nel deserto per ucciderli, tanto che a un certo punto lui invocò Dio disperatamente, dicendo: “Cosa devo fare, Signore? Questo popolo è pronto a lapidarmi”.
Davide perse alcuni dei suoi figli, perse il regno, perse la salute, perse tutta una serie di battaglie contro i suoi nemici. È difficile immaginare il tormento e il trauma che deve aver sopportato per lunghi periodi. I suoi sentimenti di dolore e disperazione finirono per essere espressi nei salmi. Senti questo: “Mi rigetterà il Signore per sempre? E non mi gradirà mai più? È la sua benignità cessata per sempre e la sua parola venuta meno per le generazioni future? Ha Dio forse dimenticato di aver pietà e ha nell’ira posto fine alle sue compassioni?”[1] Sembra proprio che non ne potesse più.
Penso che Geremia debba essersi sentito profondamente scoraggiato. Non poteva andargli peggio: persone molto influenti complottavano per ucciderlo; fu emarginato, schernito e disprezzato; fu buttato in prigione e poi in un pozzo che, grazie a Dio, era quasi asciutto, così che si limitò ad affondare nel fango, altrimenti sarebbe stato spacciato! Quindi c’è sempre qualcosa per cui lodare Dio. Ma ho la sensazione che tutto ciò debba averlo cacciato in una depressione più profonda della fossa e del fango in cui fu buttato.
E Giuseppe! Povero Giuseppe! Deve aver affrontato uno scoraggiamento intenso e momenti di grande depressione. Fu venduto come schiavo; poi, quando le cose cominciarono ad andar meglio, come molti di voi sanno, fu buttato ingiustamente in prigione senza speranza di uscirne. Disperato, indifeso, impotente.
Pietro era chiaramente pronto a rinunciare alla sua vocazione, dopo aver rinnegato Gesù. Pensate ai sentimenti deve aver provato. Dopo aver negato di conoscere il suo Salvatore, non una volta sola, ma ben tre, come poteva mostrare di nuovo la faccia in pubblico, tanto meno riscuotere fiducia come capo della prima chiesa?
Perfino Paolo, che per lo più cercò di mostrare il lato vittorioso nelle sue lettere di incoraggiamento alle chiese, a volte si sentì disperato e abbattuto. In 2 Corinzi 4,8 si espresse nella maniera ben nota: “Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati”. Tuttavia, nella stessa epistola disse anche: “Non vogliamo infatti che ignoriate, fratelli, come la tribolazione che ci è capitata in Asia ci ha colpiti oltre misura, al di là delle nostre forze, sì da dubitare anche della vita”.[2] Ciò dimostra soltanto che possiamo ancora avere fede in Gesù anche quando le cose vanno così male che sembra sarebbe meglio non essere nemmeno vivi.
Questi sono tra i grandi uomini di Dio. Se hanno provato un’angoscia di spirito così terribile nella loro vita dedicata al Signore, perché dovrebbe sembrarci strano che anche noi, come figli di Dio d’oggi, non riusciamo a vedere nessun buon risultato nella nostra vita? Non possiamo vedere le ricompense. Non possiamo vedere sempre l’adempimento delle sue promesse. Spesso sembra tutto un fallimento.
Tutti passano per la valle del pianto e del cordoglio, a un certo punto della loro vita. Davide la descrisse come “la valle di Baca”, che significa letteralmente pianti, lamenti: una valle di lacrime.[3]
Il punto chiave è che la attraversiamo e, così facendo, possiamo “trasformarla in un luogo di sorgenti”, come dice la Bibbia. Diventa un luogo rinfrescante.
Nei due versetti precedenti, Davide afferma che quelli che lodano Dio trovano forza in Lui. Nel loro cuore c’è il modo di fare di chi, passando per questa valle di lacrime, la trasforma in una sorgente.[4] Possiamo essere inclini a paragonare le lodi a Dio a cose che facciamo quando ci sentiamo a nostro agio, felici e contenti; ma una cosa che tutti questi “uomini di fede” hanno in comune è che continuarono a lodare Dio attraverso la loro valle di Baca, la loro infelicità e la loro sofferenza. Provavano angoscia.
A volte subivano una sofferenza o una disperazione così intensa che l’unica cosa che potevano fare era invocare la misericordia divina, ma anche allora era una lode, perché riconoscevano il controllo totale di Dio e la loro fede nella sua misericordia e nel suo potere di liberarli.
Nel testo originale, il versetto 6 ci racconta un meraviglioso segreto. Secondo la Concordanza Biblica di Strong, la frase “la pioggia riempie le fosse” o “la pioggia la ricopre di benedizioni”, a seconda delle traduzioni, può essere interpretata anche come “il Maestro (riferito a Dio, il Grande Maestro) la ricopre di benedizioni”. Una splendida interpretazione, molto calzante.
Così, mentre passiamo per questa valle di lacrime, sofferenze e difficoltà, e continuiamo a lodarlo, possiamo trasformare un luogo di desolazione e tribolazione in una sorgente rinfrescante, mentre il nostro Maestro ci ricopre di benedizioni.
L’acqua che diventa una sorgente rinfrescante può trasformare il viaggio della vita — che altrimenti sarebbe cupo e triste — in gioia; può trasformare i lamenti in danze e darci conforto e bellezza.[5] E in seguito, quando saremo usciti dalla valle, potremo guardarci indietro con gratitudine, rendendoci conto che queste cose hanno arricchito e migliorato la nostra vita. Il nostro Grande Maestro ci avrà avvolto nelle benedizioni inestimabili di una crescita spirituale e di una maggior comprensione di Lui— e di un cuore che assomiglia sempre di più al suo.
Pubblicato originariamente in Inglese nel settembre 2012. Adattato e ripubblicato l’11 agosto 2016.
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