La faccia di Dio
Compilazione
Poiché Dio è un essere personale che ci ama e vuole che lo conosciamo e lo amiamo, ha rivelato all’umanità alcuni particolari specifici su Se stesso mediante la sua Parola. Per indicarci la sua natura, ha parlato di Sé in termini che potessimo comprendere. Così, parlando a figure come Abramo, Mosè e i profeti, lo fece con parole che loro potessero intendere, usando un linguaggio descrittivo a cui potessero fare riferimento.
Un mezzo per farlo era l’uso del cosiddetto antropomorfismo, l’attribuzione di caratteristiche umane a un’entità non umana. La parola antropomorfismo deriva da due parole greche, una che significa “uomo” e l’altra “forma”. L’antropomorfismo, riferito a Dio, consiste nell’attribuirgli caratteristiche fisiche ed emotive umane, oltre ad esperienze umane.
Per esempio, anche se Dio è uno spirito e non ha un corpo fisico, la Bibbia ne parla come se avesse faccia, occhi, mani, orecchie, bocca, naso, labbra e lingua, braccia, mani, piedi voce e così via.1 Si parla di Lui anche in termini di esperienze umane, descrivendolo come pastore, sposo, guerriero, giudice, re, marito, ecc.2 Se ne parla come se condividesse azioni umane, come vedere, ascoltare, sedere, camminare, fischiare, riposare, annusare, oltre a conoscere, scegliere e correggere.3
Le emozioni che proviamo noi come esseri umani sono attribuite anche a Lui; così si dice che ama, odia, prova piacere, ride, si pente, s’ingelosisce, si arrabbia, si rallegra e così via.4 Antropomorfismo e analogie sono il mezzo che Dio ispirò gli scrittori biblici a usare per esprimere alcuni concetti sulla sua natura e su come rapportarsi a Lui. Anche se Dio non ha letteralmente mani, piedi, orecchie e occhi, simili termini ci offrono una base per afferrare il senso di che cos’è Dio e di che relazione ha con noi.
Dio è spirito ed è anche personale, oltre a essere il Dio vivente. Ha tutte le qualità di una persona, come autocoscienza, coscienza razionale, autodeterminazione, intelligenza, conoscenza e volontà. E poiché gli esseri umani, fatti a immagine di Dio, hanno anch’essi una personalità, uno dei modi più accettabili per concettualizzare Dio è mediante un linguaggio antropomorfico.
Dio scelse di rivelarsi all’umanità mediante le parole che rivolse agli scrittori biblici e attraverso di loro. Nel far questo, parlò in un linguaggio e in un modo che loro e noi dopo di loro potessimo capire. Si rivelò a noi come un Dio Vivente che è personale, spirito e invisibile. —Peter Amsterdam
Il significato di vedere il volto di Dio nella Bibbia
L’espressione “il volto di Dio”, così com’è usata nella Bibbia, ci dà importanti informazioni su Dio Padre, ma può essere facilmente fraintesa. Questo fraintendimento fa sembrare che la Bibbia contraddica se stessa su questo concetto. Il problema ha inizio nel libro dell’Esodo, quando il profeta Mosè, parlando con Dio sul monte Sinai, gli chiede di mostrargli la sua gloria. Dio l’avverte che “tu non puoi vedere il mio volto, perché l’uomo non può vedermi e vivere”.5 Così Dio mette Mosè in un anfratto del monte, lo copre con la sua mano mentre passa, poi toglie la mano perché Mosè possa vedere solo la sua schiena.
Per sbrogliare il problema partiamo da una semplice verità: Dio è spirito. Non ha un corpo: “Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità”.6 La mente umana non può comprendere un essere costituito di puro spirito, senza forma o sostanza materiale. Nell’esperienza umana non esiste niente di remotamente simile a un tale essere, quindi per aiutare i lettori a riferirsi a Dio in un modo che sia loro comprensibile, gli scrittori della Bibbia hanno usato caratteristiche umane per parlare di Lui. Nel passo dell’Esodo visto sopra perfino Dio usò termini umani per parlare di Sé. In tutta la Bibbia leggiamo che ha volto, mani, orecchie, bocca e un braccio potente.
Applicare caratteristiche umane a Dio è definito antropomorfismo, dai termini greci anthropos (uomo o essere umano) e morphe (forma). L’antropomorfismo è uno strumento per aiutarci a capire, ma è uno strumento imperfetto. Dio non è umano e non ha le caratteristiche di un corpo umano, come un volto, e anche se prova emozioni, queste non sono esattamente come quelle umane. […]
Nel Nuovo Testamento, migliaia di persone videro il volto di Dio in un essere umano, Gesù Cristo. Alcuni si resero conto che era Dio; la maggior parte no. Poiché Cristo era pienamente Dio e pienamente uomo, il popolo d’Israele vide solo la sua forma umana, o visibile, per cui non morì. Cristo nacque da una donna ebrea. Quando crebbe, aveva l’aspetto di un ebreo, ma i Vangeli non ne danno alcuna descrizione fisica.
Anche se Gesù non paragonò in alcun modo il suo volto umano a Dio Padre, tuttavia proclamò una misteriosa unità con il Padre:
Gesù gli disse: «Da tanto tempo io sono con voi e tu non mi hai ancora conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre; come mai dici: “Mostraci il Padre”?7 […] Io e il Padre siamo uno».8 —Mary Fairchild 9
Gesù, la differenza
Che differenza fece Gesù? Rese possibile, sia a Dio che a noi, un’intimità che non era mai esistita. Nel Vecchio Testamento, gli Israeliti che toccarono la sacra Arca del Patto caddero a terra morti; ma le persone che toccarono Gesù, il Figlio di Dio incarnato, furono guarite. Agli Ebrei che non pronunciavano né scrivevano le lettere del nome di Dio, Gesù insegnò un modo nuovo di rivolgersi a Lui: Abba, Papà. Attraverso Gesù, Dio si fece vicino a noi. […]
Il libro degli Ebrei esplora questa nuova sorprendente mossa di intimità. Prima il suo autore approfondisce i requisiti per avvicinarsi a Dio nel Vecchio Testamento. Soltanto una volta l’anno, durante il Giorno dell’espiazione, Yom Kippur, un’unica persona poteva entrare nel Luogo Santissimo, il sommo sacerdote. La cerimonia comportava bagni rituali, vesti speciali e cinque diversi sacrifici animali, tuttavia il sacerdote entrava nel Santissimo con grande timore. Portava dei campanelli sulle vesti e aveva una corda legata a una caviglia, così che se fosse morto e i campanelli avessero smesso di tintinnare, gli altri sacerdoti avrebbero potuto tirar fuori il suo cadavere.
In Ebrei vediamo il grande contrasto: ora possiamo “avvicinarci al trono della grazia con piena certezza di fede”, senza paura. Entrare con baldanza nel Santissimo: nessun’altra immagine poteva scioccare di più i lettori ebrei. Tuttavia, al momento della morte di Gesù, lo spesso velo all’interno del tempio si strappò letteralmente in due da cima a fondo, spalancando l’ingresso al Santissimo. Quindi, come dice in Ebrei, “avviciniamoci a Dio”. […]
Nel Vecchio Testamento nessuno poteva affermare di conoscere il volto di Dio. Anzi, nessuno poteva sopravvivere a uno sguardo diretto. I pochi che colsero un barlume della gloria di Dio ne tornarono luminosi come extraterrestri e tutti quelli che lo videro si nascosero per paura. Gesù però permise di dare uno sguardo lungo e attento al volto di Dio. “Chi ha visto Me ha visto il Padre”, disse. Qualunque cosa Gesù sia, Dio è. Come ha detto Michael Ramsey: “In Dio non c’è alcuna dissomiglianza da Cristo”.
Le persone crescono con ogni sorta di concetto dell’aspetto di Dio. Potrebbero vederlo come un nemico, un poliziotto o perfino un padre violento. O forse non lo vedono proprio, odono soltanto il suo silenzio. Grazie a Gesù, comunque, non dobbiamo più chiederci cosa pensa Dio o com’è fatto. Se in dubbio, possiamo guardare Gesù per correggere la nostra vista annebbiata. —Philip Yancey
Pubblicato sull’Ancora in inglese il 15 ottobre 2019.
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