La controversia sul lavarsi le mani
Compilazione
Gli scribi e i farisei di Gerusalemme vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli anziani? Poiché non si lavano le mani prima di mangiare». —Matteo 15,1-2
Per quanto lavarsi le mani prima di mangiare possa sembrare banale, la domanda posta a Gesù era molto più importante di quanto appaia in superficie. Rappresenta lo scontro diretto fra Gesù e il giudaismo ortodosso. Racchiuse in questo confronto sono le questioni essenziali che separano Gesù dal giudaismo e cristallizzano i principi del Nuovo Patto rispetto alle congetture dell’Antico Patto.
Indubbiamente i Farisei e gli insegnanti della legge viaggiarono da Gerusalemme alla Galilea per investigare Gesù, per cercare di fermare il suo ministero ed evitare la crescita della sua influenza. Lui aveva violato le loro tradizioni, dando loro un motivo per criticarlo e condannarlo. La questione in ballo era la purificazione cerimoniale che era stata istituita dalla Legge di Mosè. La legge farisaica si preoccupava esclusivamente dei comportamenti e delle attività esteriori.
Si contraeva l’impurità toccando o mangiando ciò che era considerato impuro. Per esempio, toccare un cadavere, toccare una donna dopo il parto o durante il suo ciclo mensile, toccare un Gentile e certi animali erano considerate cose non solo impura ma contagiose. Se qualcuno toccava una cosa o una persona considerata impura, diventava lui stesso impuro; se qualcuno toccava lui, diventava a sua volta impuro. Ciò significava che uno poteva diventare impuro involontariamente, soltanto toccando per strada una persona impura. Per combattere questa possibilità, nella tradizione giudaica era diventato obbligatorio un elaborato sistema di lavaggi.
Gesù ribaltò la situazione per i farisei e gli insegnanti della legge, smascherando la loro impurità e affermando la vera natura della purezza. Come prima cosa replicò alla loro domanda citando Isaia, ma riferendosi ai farisei: “Questo popolo si accosta a me con la bocca e mi onora con le labbra; ma il loro cuore è lontano da me. E invano mi rendono un culto, insegnando dottrine che sono comandamenti di uomini”.1 Poi radunò la folla intorno a Sé e disse: “Ascoltate e intendete: Non ciò che entra nella bocca contamina l’uomo; ma è quel che esce dalla bocca che contamina l’uomo”.2
La vera purezza non opera dall’esterno verso il cuore di una persona: funziona dal cuore verso l’esterno. Si può imporre un buon comportamento mediante una serie di leggi che esigono e premiano la buona condotta, ma non è questo a produrre una vera bontà. Essa nasce da un cuore puro e trasformato, in grado di manifestarsi in un buon comportamento che è il risultato di una vera purezza, non la sua causa. Se un sistema di premi e punizioni per il comportamento è abbastanza forte, porterà all’osservanza del tipo di condotta previsto, il che potrebbe sembrare sufficientemente buono, mentre invece la vera purezza del cuore viene da Dio. —Charles Price
Gesù si dimenticò di lavarsi le mani?
Nella prima metà del settimo capitolo del Vangelo di Marco, Gesù si ficca in una discussione accaldata con un gruppo di scribi e farisei venuti da Gerusalemme, riguardo alla questione di lavarsi le mani prima di mangiare. Marco ci racconta che Gesù e i suoi discepoli stavano mangiando con “mani impure”, mentre “farisei e tutti i Giudei non mangiano se non si sono prima lavate le mani con gran cura”.3 Cosa succede qui? È possibile che Gesù mangiasse con le mani sporche?
Il lavaggio delle mani di cui si parla in Marco 7 non è il lavaggio igienico per questioni di pulizia. Possiamo presumere che se le sue mani fossero state effettivamente sporche Gesù se le sarebbe lavate. Invece, qui si tratta della purificazione rituale delle mani prima di un pasto, simile in parte alla purificazione delle mani del sacerdote prima di svolgere un sacrificio, come è descritto in Esodo 30,20:
“Quando [Aronne e i suoi figli] entreranno nella tenda di convegno, si laveranno con acqua, perché non muoiano”.
I farisei non svolgevano il servizio di sacerdoti nel tempio, perché era soprattutto una prerogativa dei sadducei. Il nuovo rituale descritto qui rappresenta il tentativo dei farisei di introdurre nella casa normale gli standard cerimoniali del tempio. Il suggerimento radicale è che ogni pasto è un po’ come un pasto sacrificale a Gerusalemme. In ebraico questa pratica è chiamata […] netilath-yadayim, che significa “alzare le mani” ed è esercitata dagli ebrei ancora oggi prima di un pasto sostanzioso, cioè un pasto che comprende il pane.
Quello che infastidisce Gesù, non è solo il fatto che i farisei avessero elevato la “tradizione degli anziani” allo stesso stato della Legge scritta. Lo infastidiscono i metodi disonesti che usano. Proseguendo, nello stesso passo cita Isaia 29,13:
“Questo popolo si avvicina a me solo con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me, e il loro timore di me è solo un comandamento insegnato da uomini”.
Come Isaia, Gesù mette in risalto che la purezza spirituale è più importante della purezza rituale esteriore. […] Lo scopo del sacrificio non è dimostrare la propria fede rinunciando a qualcosa di prezioso, ma raggiungere l’intimità con Dio facendogli un dono prezioso. —Jonathan Lipnick4
Da rituale a culto
Perfino Dio ebbe difficoltà a salvare gli Israeliti dall’idolatria dell’Egitto e dovette usare Mosè come loro guida e la Legge come loro tutrice, utilizzando rituali e lezioni pratiche: il tabernacolo, l’arca, il sacrificio degli animali e il sangue delle bestie. Erano tutti simboli e allegorie, semplici immagini delle realtà spirituali e delle verità eterne che Dio cercava di far conoscere loro. Dovette prendere cose che capissero, cose a cui erano abituati — gli oggetti e le formule proprie delle religioni dell’Egitto e delle altre nazioni pagane che li circondavano — nel suo tentativo paterno di provare a dimostrare con un metodo audiovisivo le verità spirituali dell’adorazione di Dio praticata da una persona spiritualmente matura. Come dice l’apostolo, erano solo “figure”,5 semplici rappresentazioni o illustrazioni visibili delle realtà invisibili dello Spirito.
I modelli e le ombre, immagini del Vecchio Testamento, costituiscono uno studio a parte. Come dice Paolo: “Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò pienamente, come anch’io sono conosciuto. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato” […] “Quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà”.6
Con questo, Paolo diceva che anche i doni dello Spirito di quest’epoca illuminata sono quasi come giochi infantili, i regali di un Padre amorevole ai suoi figli, per aiutarci a comprendere Lui e la sua volontà. Gli oggetti che Egli usò nell’Antico Testamento per insegnarci determinate lezioni erano quindi giochi ancora più infantili, per aiutare dei figli spiritualmente ancora più immaturi a comprendere il suo amore.
Nella sua lettera ai Corinzi, Paolo si spinge ancora oltre nella sua predizione, affermando che verrà il momento in cui vedremo Gesù faccia a faccia e abbandoneremo anche questi doni infantili che ci aiutano a comunicare nello Spirito. “Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà”.7 Ciò che abbiamo ora è solo un esempio delle gloriose realtà future.
Nell’Antico Testamento troviamo le illustrazioni; nel Nuovo Testamento ci sono le verità spirituali che possediamo solo per fede.8 Quando però Gesù ritornerà, lo vedremo chiaramente, faccia a faccia, e saremo come Lui; conosceremo pienamente le realtà di Dio e del mondo a venire.9 —David Brandt Berg
Pubblicato sull’Ancora in inglese il 23 luglio 2019.
1 Matteo 15,8–9.
2 Matteo 15,10–11.
3 Marco 7,3.
4 https://blog.israelbiblicalstudies.com/holy-land-studies/did-jesus-neglect-to-wash-his-hands-before-supper.
5 Ebrei 9,24.
6 1 Corinzi 13,10–12.
7 1 Corinzi 13,8–10.
8 Giovanni 1,17.
9 1 Giovanni 3,2; Filippesi 3,21.
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