La casa
Compilazione
“Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, ve lo avrei detto; Io vado a prepararvi un posto”. —Giovanni 14,2
Vi ricordate quando i discepoli di Gesù gli chiesero dove viveva?[1] Era una domanda tendenziosa. In realtà volevano sapere da dove veniva Gesù, dov’era casa sua. Il primo elemento per riflettere sull’immagine di Gesù è capire che la sua casa era con il Padre.[2]
Gesù parlò molto della sua missione terrena, ma man mano che si avvicinava al completamento di quella missione parlò spesso di tornare dal Padre, da cui era venuto.[3] Gesù disse ai discepoli che aveva preparato per loro un posto, così che potessero stare dove stava Lui.[4] Questa semplice descrizione di vivere nella casa di Dio è il destino finale di un seguace di Gesù Cristo.
In una società mobile come la nostra, in cui è importantissima la posizione economica, la casa è divenuta una cosa molto provvisoria. Ci trasferiamo di casa in casa, di città in città e non restiamo mai nello stesso posto abbastanza a lungo da poterlo chiamare veramente casa. La casa diventa il luogo dove si lavora; e il cuore, in effetti, diventa un senzatetto. Ho visto molte cose, ho goduto di molte cose, ho ricevuto molti riconoscimenti e ho stretto molte amicizie. Ma niente – e voglio dire proprio niente – mi riempie il cuore come l’avvicinarsi della fine di un viaggio produttivo, quando arriva il giorno di fare i bagli e andare all’aeroporto. Vuol dire che sto tornando a casa. Che cosa c’è nella mia casa che mi fa sentire così? È l’unico posto al mondo dove posso essere me stesso ed essere accettato per quel che sono.
Vorrei essere stato un padre e un marito migliore. Se dovessi ricominciare daccapo, cambierei alcune delle cose che ho fatto o detto. Ma per quanto mi dispiaccia per le mie debolezze e i miei errori, queste cose non mi son mai state rinfacciate. Casa mia è il posto dove mi sveglio e so di non dover essere perfetto perché mia moglie mi dica: “Ti amo”…
Essere a casa vuol dire ricevere le cure e gli onori che ci vengono prestati anche quando siamo trasandati e spenti. Casa mia è dove sono amato per quel che sono, non per il mio nome o per come predico o per i libri che ho scritto, ma solo perché sono io. Credo sia per questo che il Signore, descrivendo la nostra presenza al suo fianco in cielo, dice che là lo conosceremo allo stesso modo in cui siamo stati conosciuti.[5] Dio ci conosce nelle nostre debolezze; noi lo conosceremo nella sua maestà trascendente. Ci ha sempre conosciuto per quel che siamo veramente; tuttavia ci chiama suoi figli e suoi amici. E alla fine di tutto, ci chiamerà a casa per restare con Lui. Saremo a casa con Dio! Quello è il mio destino. [6]
Gesù venne dal Padre e ritornò al Padre, per preparare un posto per tutti noi. Quella è casa. Quella è la nostra dimora eterna. Apprezziamo la tenera metafora della casa perché è il posto dove disfaremo le valigie per l’ultima volta. —Ravi Zacharias
Sono straniero qui
Sono un estraneo qui, in un paese straniero,
la mia casa è lontana, su quella spiaggia dorata!
Ambasciatore di regni di là del mare,
sono qui per incarico del mio Re.[7]
Penso di non essermi mai sentito a casa in questo mondo! Da quando ero bambino mi sono sempre sentito un estraneo, sempre. La cosa più simile al cielo che potessi trovare era la casa o la chiesa.
Gesù lasciò la sua casa per venire in questo paese straniero. Cantavamo una canzone:
Fu solo il suo grande amore eterno che spinse il mio Salvatore a scendere
dai suoi palazzi eburnei, in questo mondo di sofferenze.[8]
Lasciò i suoi palazzi d’avorio – non erano solo d’avorio, erano d’oro. Era a casa sua in cielo, tuttavia fu disposto a scendere qui da noi. Il Signore abitava là con suo Padre Dio e lo Spirito Santo, ma fu disposto a lasciare quella splendida casa per scendere e prendere una dimora provvisoria in questo mondo infranto. Pensate un po’!
Dice che fu tentato e provato in ogni cosa come noi.[9] Come avrebbe potuto essere tentato e provato in ogni cosa come noi, a meno che non fosse stato ammalato e avesse sofferto, e non avesse sentito nostalgia per il cielo e la sua casa? E come avrebbe potuto essere il Sommo Sacerdote che poteva rappresentarci, capirci e avere compassione di noi, se non avesse sofferto le stesse cose? Non avrebbe mai potuto capirci se non avesse provato pena e dolore, sofferenza e tentazione, ma “senza commettere peccato”.
La nostra chiamata di Cristiani è di essere “ambasciatori di regni di là dal mare”. In altre parole, dovremmo essere ambasciatori di Dio e del cielo. Quella è la nostra patria, casa nostra, e noi siamo ambasciatori del cielo in un paese straniero, in questo mondo, che non è la nostra casa finale. Siamo solo di passaggio e stiamo andando verso la nostra splendida casa eterna. —David Brandt Berg
Una casa eterna per l’anima
“Perché questo mondo non è la nostra casa, ma siamo in attesa della nostra casa eterna in cielo”. —Ebrei 13,14 [10]
In un certo senso, i Cristiani sono dei senzatetto. La nostra vera casa, preparata dal Signore Gesù Cristo, ci aspetta ancora.
La Bibbia prende la parola casa, con tutte le sue tenere associazioni e i suoi ricordi sacri, e l’applica all’aldilà, dicendoci che la nostra casa è in cielo.
Il Signore Gesù Cristo sta preparando una casa adatta a tutti quelli che vivono per Lui, un luogo destinato alla chiesa trionfante. Immaginiamo l’opera delle sue mani, affaccendate per noi a costruire una città abbastanza grande da accogliere tutto il suo popolo della fede: una casa eterna per l’anima. —Billy Graham
Non di questo mondo
Cosa significa esattamente che i Cristiani “non sono di questo mondo”? Questa frase è presa da Giovanni 18,36, dove Gesù dice che il suo regno “non è di questo mondo”. Come suoi seguaci, i Cristiani sono membri del suo regno che “non è di questo mondo”, cioè il cielo.[11] Sì, per ora siamo sulla terra, ma la nostra vita terrena non è che un vapore.[12] L’eternità, invece, è un tempo molto lungo ed è su quello che dovrebbero concentrarsi i Cristiani.[13] […]
La consapevolezza di non essere di questo mondo dà a noi Cristiani una speranza anche nei momenti più bui;[14] la speranza che tutto questo passerà e alla fine ci troveremo in cielo, a faccia a faccia con Dio per l’eternità.[15] Noi non apparteniamo a questo posto rotto e a pezzi, e non è qui che resteremo.
I Cristiani non sono di questo mondo. Siamo stati adottati da Dio stesso come eredi del cielo ed è quello il nostro mondo, è lì che abbiamo la nostra cittadinanza. Nel frattempo aspettiamo, speriamo e facciamo il possibile per aiutare altri ad avere questo rapporto “non di questo mondo” con Gesù Cristo. Ma questo mondo non è la nostra casa, né mai lo sarà. —From Gotquestions.org [16]
Pubblicato sull’Ancora in inglese il 25 ottobre 2016.
[1] Vedi Giovanni 1,38.
[2] Vedi Giovanni 8,14–29; 12,44–50.
[3] Vedi Giovanni 13,3.
[4] Vedi Giovanni 14,2–4.
[5] Vedi 1 Corinzi 13,12.
[6] Vedi Apocalisse 21,3.
[7] Elijah Cassel, 1902.
[8] Henry Barraclough, 1915.
[9] Ebrei 4,15.
[10] BdG.
[11] Filippesi 3,20.
[12] Giacomo 4,14.
[13] 1 Pietro 5,10.
[14] 1 Pietro 1,6–9.
[15] Apocalisse 21,3–4.
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