Gesù più niente uguale tutto
Compilazione
È un’affermazione molto semplice: Gesù + niente = tutto.
Fermati e pensaci. Riflettici sopra. Ripetilo a te stesso con convinzione: “Gesù più niente uguale tutto”. Questa affermazione viene da Tullian Tchividjian, nipote di Billy Graham e pastore della chiesa presbiteriana di Coral Ridge. Era il titolo di un sermone predicato sulla lettera di Paolo ai Colossesi, per ricordarci che Gesù ha la supremazia su ogni cosa. Considera le parola di Paolo in Colossesi 1:
Egli è l'immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura; poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potestà; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui. Egli è il capo del corpo, cioè della chiesa; è lui il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato.
Poiché al Padre piacque di far abitare in lui tutta la pienezza e di riconciliare con sé tutte le cose per mezzo di lui, avendo fatto la pace mediante il sangue della sua croce; per mezzo di lui, dico, tanto le cose che sono sulla terra, quanto quelle che sono nei cieli.
E voi, che un tempo eravate estranei e nemici a causa dei vostri pensieri e delle vostre opere malvagie, ora Dio vi ha riconciliati nel corpo della carne di lui, per mezzo della sua morte, per farvi comparire davanti a sé santi, senza difetto e irreprensibili, se appunto perseverate nella fede, fondati e saldi e senza lasciarvi smuovere dalla speranza del vangelo che avete ascoltato, il quale è stato predicato a ogni creatura sotto il cielo e di cui io, Paolo, sono diventato servitore. —Colossesi 1,15-23 NR
Non è bello? Paolo ci aiuta a capire la completa autosufficienza e la superiorità di Gesù Cristo, la pienezza della sua preminenza e della sua bellezza, per darci lo zelo di abbandonare i nostri idoli e i nostri ideali umani e rivolgerci a Lui per avere la libertà e la grazia cui aneliamo così disperatamente.
Non è “Gesù + i doni” o “Gesù + le benedizioni” o “Gesù + il lavoro” o “Gesù + la famiglia” o “Gesù + la religione”. È “Gesù + niente = tutto”. Sì, per il credente Lui è veramente tutto; è davvero sufficiente. E prego che sia così per te oggi, lettore. Che Gesù sia più che sufficiente, che la sua grazia sia più che sufficiente e che in qualsiasi circostanza la vita ci metta – buona o cattiva che sia – saremo in grado di confessare, insieme a Giobbe: “Sia benedetto il nome del Signore!” [1]— Chris Poblete[2]
*
Credo che la maggior parte di noi cominci il proprio percorso cristiano con questa semplice verità.
Sono a pezzi. Ho bisogno di Gesù. Fine.
Comunque, quando partiamo per questo nuovo viaggio, ci vuole poco prima di cominciare a sentire l’incessante e sempre crescente sussurro che dice: “Sforzati di più, fai di più”. Canta di più. Memorizza di più. Scrivi di più. Predica di più. Prega di più. Evangelizza di più. Servi di più.
Questo approccio può sembrare piuttosto spirituale alle persone che ci stanno intorno; tuttavia spesso affonda le sue radici nella convinzione interiore che il nostro valore come Cristiani dipenda dalla nostra capacità di fare più degli altri. Dietro a questa facciata spirituale c’è un cuore fragile e insicuro che cerca disperatamente di spingere Dio ad amarci di più.
La croce non è soltanto qualcosa da cui partiamo per poi allontanarcene. La croce non è solo la linea di partenza della nostra fede; ne è la colonna portante. Non abbiamo bisogno della grazia solo per ottenere la salvezza; per il credente è come l’aria.
Così, oggi, quando senti dentro di te quel sussurro che dice: “Sforzati di più, fai di più”, torna a quelle altre parole: Sono a pezzi. Ho bisogno di Gesù. Fine. —Pete Wilson[3]
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Grazie alla morte sacrificale di Gesù, Dio perdona i nostri peccati. Essi sono stati imputati a Gesù, cioè sono diventati suoi e non sono più nostri. Allo stesso tempo, la giustizia di Gesù è stata attribuita a chi l’ha ricevuto e ha accettato il suo dono della salvezza, così Dio non ci vede più come peccatori degni di punizione, ma come persone giuste ai suoi occhi. La nostra colpa “legale” e la nostra condanna sono state rimosse e la separazione tra Dio e noi non esiste più.
La parola giustificare usata nel Nuovo Testamento è la parola greca dikaioo. Tra i suoi significati c’è quello di dichiarare qualcuno giusto. Con nostra giustificazione s’intende che Dio ci dichiara giusti, cioè non più colpevoli e sotto condanna. Ciò non vuol dire che ora che abbiamo ricevuto il dono della salvezza siamo senza peccato, perché siamo sempre peccatori, ma significa che “legalmente” siamo giusti agli occhi di Dio. Come i nostri peccati sono stati imputati a Gesù e sono visti come suoi, così la sua giustizia viene attribuita a noi e Dio la vede come nostra.
Tutto ciò è opera di Dio, non nostra. Non potremmo fare o realizzare niente che possa meritarci questo perdono e questa giustizia. È un dono di Dio. A causa del suo amore ha fatto sì che potessimo essere giusti ai suoi occhi, non per opera nostra, o per buone azioni che abbiamo compiuto, ma per la sua grazia, la sua misericordia e il suo amore. È un dono d’amore, costoso per Dio, gratuito per noi.
Le Scritture indicano chiaramente che non si ottiene la salvezza essendo buoni o facendo del bene, oppure osservando le leggi mosaiche — o facendo qualsiasi altra cosa. La salvezza che porta alla giustificazione dipende soltanto da Dio e dal suo piano. Tutto quello che dobbiamo fare è credere che Dio l’ha messa a nostra diposizione mediante Gesù, e poi accettarla per fede.
Una bella caratteristica della giustificazione è che, come cristiani, non dobbiamo più provare angoscia per la nostra posizione davanti a Dio. Anche se continuiamo a peccare, il fatto che abbiamo la giustizia di Cristo non cambia. Non dobbiamo più chiederci se abbiamo fatto abbastanza o se siamo sufficientemente vicini a Dio da meritare la salvezza. Ha fatto tutto Dio e grazie alla morte e risurrezione di Gesù siamo e saremo sempre giusti ai suoi occhi.
L’amore e il sacrificio di Dio, mediante la morte di Gesù sulla croce, ci hanno giustificato ai suoi occhi. Hanno annullato la nostra separazione e ci hanno riconciliati con Lui. Che dono prezioso e inestimabile, quello offerto all’umanità dall’amore divino! “Giustificati dunque per fede, abbiamo pace presso Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore”.[4]—Peter Amsterdam
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Quando si tratta di avvicinarci a Dio e compiacerlo, il legalismo insiste nel dire che la nostra obbedienza viene prima, poi siamo accettati – che tutto dipende da noi. Ma la brezza rinfrescante della libertà del Vangelo ci annuncia che essere accettati viene prima della nostra obbedienza – che una volta che siamo stati approvati e accettati da Dio attraverso Cristo, possiamo seguire liberamente ciò che Dio ci indica e fare sempre di più la sua volontà, perché siamo sinceramente grati per la sua sorprendente grazia, senza alcuna paura di essere giudicati o condannati quando sbagliamo. —Tullian Tchividjian[5]
Pubblicato sull’Ancora in Inglese l’8 marzo 2016.
[1] Giobbe 1,21 NR.
[2] http://blogs.blueletterbible.org/blb/2011/05/25/jesus-nothing-everything.
[3] http://www.churchleaders.com/outreach-missions/outreach-missions-blogs/173995-the-incessant-whisper.html.
[4] Romani 5,1.
[5] Tullian Tchividjian, Jesus + Nothing = Everything (Wheaton, Ill: Crossway Books, 2011).
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