Fedeli fino alla fine
Compilazione
Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. —2 Timoteo 4,71
*
L’altra notte ho sognato che folle di persone d’ogni tipo e dimensione correvano su per una strada per arrivare in cima. La strada era nera, asfaltata, e sembrava quasi un muro a 90°. Se non l’affrontavi di slancio, rimanevi bloccata. Quando ho cominciato ad affrontare questo ostacolo le persone davanti a me hanno rallentato o si sono fermate, lasciandomi aggrappata disperatamente alla strada.
La gente ha cominciato a sorpassarmi. Ho cercato di arrampicarmi, senza riuscirci, così ho fatto l’unica cosa che sapevo fare. Ho gridato: “Ho bisogno d’aiuto!”
Come un angelo, è apparso un giovanotto che si è proteso dal bordo e mi ha preso la mano. Mi ha tirato su e poi attraverso una grande apertura in un muro di mattoni bianchi. Poi è rimasto lì sdraiato sulla pancia per aiutare altra gente a salire.
Colma di gratitudine, l’ho preso per i piedi per dargli più stabilità mentre aiutava gli altri. Poi mi sono rilassata e mi sono seduta. Le persone dopo di me non avevano bisogno del suo aiuto come ne avevo avuto io. Si sono arrampicate senza sforzo su questa strada ripida come una parete e attraverso il buco nel muro bianco, senza bisogno di assistenza.
È a quel punto che l’ho provata: vergogna, insicurezza, impotenza. Perché soltanto io? Ero l’unica a non essere abbastanza forte? Ero l’unica ad avere bisogno di aiuto per realizzare ciò che tutti gli altri potevano fare da soli?
In quel momento Dio mi ha ricordato di correre la mia gara. Non preoccuparti di quello che fanno tutti gli altri o di come sei in confronto agli altri. Avere bisogno d’aiuto va bene. L’importante è che ce l’hai fatta.
Dobbiamo aggrapparci alla meta di 2 Timoteo 4,7: “Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede”. Tutto lì! Non importa a che posto arriviamo. Non importa se qualcuno deve sostenerci mentre attraversiamo zoppicando il traguardo. Dobbiamo solo finire e rimanere fedeli.
Non è stupendo come Dio ha progettato le membra del corpo di Cristo perché si aiutino a vicenda? Mentre combattiamo il buon combattimento in un mondo pieno di ostacoli e comparazioni, di perdite di slancio e scarpate pericolose, non possiamo avere paura di chiedere aiuto quando ne abbiamo bisogno e di offrire sostegno ad altri che si trovano in difficoltà.
Alla fin fine, Dio vuole che tutti i suoi figli siano con Lui per l’eternità. Ha mandato Gesù a fare quello che noi non potremmo mai fare. Dio ha dato ai credenti lo Spirito Santo, il nostro grande Aiutante, perché ci guidi e ci dia forza lungo la via. Dio ci ha fornito tutto ciò di cui abbiamo bisogno per finire bene la nostra corsa. —Shala W. Graham2
*
Stavo passeggiando lungo il corso del fiume; cigni e altri uccelli esaltavano la bellezza di una domenica pomeriggio piena di sole, completamente sprecata per me. Gli ultimi anni erano stati un incubo. L’alcolismo mi stava costando. Senso di colpa, pessimismo e scoraggiamento mi avvolgevano come una nuvola nera. Ero separato da mia moglie e avevo perso il lavoro. Avevo perso anche il rispetto di tutti i miei amici e colleghi. Mi sentivo completamente fallito.
Alcune persone che facevano jogging mi sorpassarono. Un gruppo di giovani passò veloce in bicicletta. Li notai a stento, con la mente occupata a rivivere gli avvenimenti degli ultimi anni, cercando di capire dove avevo imboccato la strada sbagliata che mi aveva portato a questa brutta situazione.
Poi sentii una voce giovane che gridava: “Non mollare! Resisti! Non mollare!” Le parole mi echeggiarono nelle orecchie.
Mi voltai per vedere un ragazzino di forse sette anni, che correva nella mia direzione. Mentre passava, si era voltato a gridare quelle parole alla sua sorellina, probabilmente sui cinque anni, che sembrava pronta a rinunciare alla gara che evidentemente stavano facendo.
“Non fermarti adesso! Devi arrivare al traguardo!”
Mi venne in mente una scena del film Momenti di gloria (1981), quando Eric Liddell, uno dei corridori in una gara sui 400 metri in preparazione per le Olimpiadi del 1924, fu urtato da un altro atleta e cadde. M’immaginai cosa doveva essergli passato per la mente in quel momento, mentre tutti gli altri corridori lo superavano. Arrenditi! Hai perso. Non vale la pena di finire la corsa! Invece Liddell si rialzò, si rimise in pista e corse come se fosse destinato a vincere – e vinse!
Sorrisi per la prima volta da molto tempo. Un raggio di luce era apparso in mezzo alle mie tenebre. Ero caduto in basso – e allora? L’unica via d’uscita per me adesso era in alto. Potevo rialzarmi, mi dissi. Potevo rimettermi in pista e correre. Forse non avrei vinto in maniera tanto spettacolare come Liddell, ma potevo finire la corsa, la grande corsa della vita.
Il tempo è passato. Sto ancora correndo e ho fatto grandi progressi. Ora sono un alcolista in corso di recupero e ho ritrovato uno scopo e una realizzazione nella vita, ridedicandomi a condividere con gli altri l’amore e la speranza di Dio.
Non è mai troppo tardi per rialzarsi e provarci di nuovo. —Scott Montrose
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“Ho finito la corsa”, è la seconda di tre frasi in un brano scritto dall’apostolo Paolo a Timoteo: “Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede”.3 L’apostolo scrisse queste parole verso la fine della sua vita. Queste tre affermazioni riflettono le difficoltà di Paolo nel predicare il vangelo di Cristo e la sua vittoria su di esse.
Nel primo secolo i Romani celebravano sia i giochi olimpici che i giochi istmici. I concorrenti passavano fino a dieci mesi d’intenso allenamento fisico. Poiché i Corinzi conoscevano bene questi eventi, Paolo usò i giochi come analogia per una vita cristiana di fedeltà. Scrisse alla chiesa di Corinto dicendo: “Non sapete che coloro i quali corrono nello stadio, corrono tutti, ma uno solo ottiene il premio? Correte in modo da riportarlo. Chiunque fa l'atleta è temperato in ogni cosa; e quelli lo fanno per ricevere una corona corruttibile; ma noi, per una incorruttibile”.4 L’esortazione di Paolo è che i credenti dovrebbero avere la stessa concentrazione e dedizione di quegli antichi partecipanti ai giochi. La nostra motivazione nel servire Cristo è molto più alta; non “corriamo” per una corona provvisoria, ma per una eterna.
Nella sua lettera a Timoteo Paolo non si fa i complimenti da solo per aver “corso l’intera distanza”;5 sta semplicemente descrivendo ciò che la grazia di Dio gli ha dato la forza di fare. Nel libro degli Atti, Paolo dice queste parole potenti: “Non ritengo tuttavia la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio”.6
Dichiarando “ho finito la corsa”, Paolo dice a Timoteo di essersi impegnato al massimo nell’opera di proclamare a tutti il vangelo della salvezza. Aveva finito la corsa posta davanti a lui; non aveva tralasciato niente. Era pronto ad attraverso il traguardo che portava in cielo. […]
Ogni credente corre la propria gara.7 Ognuno di noi ha la forza necessaria per vincere. Paolo ci esorta a “correre in modo da conquistare il premio” e per farlo dobbiamo mettere da parte tutto quello che può impedirci di vivere e insegnare il vangelo di Cristo. L’autore di Ebrei fa eco alle parole di Paolo: “Deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta”.8
Dio ci aiuti a essere diligenti nella nostra “corsa”, a tenere gli occhi puntati sul traguardo, e, come Paolo, a finire vincitori. —Da gotquestions.org9
Pubblicato sull’Ancora in inglese il 19 ottobre 2021.
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