Diventare uno per salvarne qualcuno
Compilazione
Quando Paolo disse di essersi fatto ogni cosa a tutti per poterne salvare alcuni,1 stabilì un parametro stabile per il lavoro missionario. Il Signore usò Paolo in numerose occasioni per parlare a magistrati, governanti e persone influenti nelle varie regioni che visitò durante i suoi viaggi. Paolo sapeva anche come raggiungere le persone comuni, tra le quali vinse molti discepoli. Diventando uno con la gente nei vari posti in cui operò e testimoniò, fu in grado di stabilire gruppi di credenti e raggiungere persone influenti che a loro volta furono in grado di aiutarlo a diffondere il messaggio ancora più lontano.
Se vogliamo davvero farci ogni cosa a tutti, dobbiamo essere disposti ad adattare la nostra presentazione alle persone che cerchiamo di raggiungere. Ovviamente, quando vi mettete in contatto con ragazzi radicali, vorrete essere percepiti in modo tale da attrarli e da facilitare l’accettazione del messaggio del Vangelo. Quando però parlate con professionisti o accademici, probabilmente dovrete adattare il vostro approccio a loro, per trovare un terreno comune e interessarli alla vostra testimonianza.
Strettamente connessa al diventare uno è l’importanza di comprendere la cultura locale ed essere sensibili a essa, specialmente quando lavorate come missionari in un paese straniero. Bisogna essere consapevoli e rispettosi della mentalità della gente, della loro storia, delle abitudini, delle tradizioni, delle feste nazionali e delle aspettative culturali. Anche avere qualche conoscenza delle religioni principali e del sistema politico è utile e dà un’idea del loro ambiente, per poter essere testimoni migliori ed evitare di offenderli a causa della vostra ignoranza.
È anche saggio tenersi informato su notizie e avvenimenti importanti della zona in cui vivete, così che le vostre parole e la vostra testimonianza tengano conto delle questioni importanti del paese. L’ignoranza delle usanze e degli standard locali può offendere inutilmente o rendere ostili le persone. Avere una certa comprensione della cultura locale e dei principali fatti storici, geografici, sociali e politici del paese in cui vivete vi permetterà di interagire con le persone e capire le questioni che loro ritengono importanti; ciò sarà percepito anche come un segno di rispetto per la loro cultura.
Il Signore si aspetta che facciamo la nostra parte per essere sensibili alla cultura locale, per capire meglio le persone alle quali ci ha mandato a testimoniare, e per farsi uno con loro per poterne salvare in qualche modo alcuni. Un sincero sforzo d’identificazione con la cultura locale e di diventare uno con il suo popolo si è dimostrato essenziale per avere successo come missionari. Il fatto è che le persone vi osserveranno attentamente per vedere se le vostre azioni corrisponderanno alle vostre prediche. Essere consapevoli delle aspettative che la cultura locale ha, riguardo a cortesia, alla conversazione e alle norme sociali, è interpretato universalmente come un segno di rispetto che può aprire le porte alla presentazione del Vangelo. —Peter Amsterdam
Sviluppare una consapevolezza culturale
Diventare uno è uno dei modi più efficaci per dimostrare alle persone nel mondo che vi preoccupate per loro e che, fondamentalmente, anch’Io le amo e mi preoccupo per loro. Diventare uno significa essere disposti a diventare quello che è necessario per vincere le anime smarrite e portarle a Me. Questo spesso si traduce nell’ottenere qualche conoscenza della loro cultura e delle loro aspettative, e nel trovare dei metodi che interessino personalmente le persone che volete coinvolgere. Significa adattare il vostro metodo alle esigenze della persona con cui cercate di comunicare.
Il modo migliore di diventare uno è chiedermi di darvi il mio amore per le persone che cercate di raggiungere e poi adattare il metodo che usate per farlo. Il vostro obiettivo è aiutarle a ricevere il messaggio più facilmente, e spesso ciò significa adattare la vostra presentazione e adottare le loro abitudini sociali, così da non essere percepiti come degli estranei o degli stranieri. Significa manifestare il mio amore così da farvi “ogni cosa a tutti per poterne salvare alcuni”.
Quando prendete una decisione sul tipo di approccio da adottare nella vostra testimonianza, pensate a cosa farei Io. Cosa farei se fossi in voi? Io mi prendevo il tempo d’imparare i particolari che erano importanti per le persone con cui cercavo di comunicare. Non m’interessavo solo alla persona, ma anche alle cose che contribuivano a formare la sua personalità: l’educazione, la cultura, la storia, la lingua e le idee. Volevo sapere cos’era importante per loro ed ero disposto a fare di tutto per scoprirlo.
Io posso darvi la saggezza, l’amore, la comprensione e perfino il desiderio di avere una maggior consapevolezza culturale degli altri. Posso aiutarvi a imparare quali sono le cose importanti per loro e quali sono i passi pratici che potranno dimostrare loro che vi stanno davvero a cuore. Vi aiuterò a ignorare le differenze e a vedere nei loro cuori.
Essere disposti ad adattarvi e a diventare uno con le persone che siete incaricati di raggiungere è un modo importante per essere un esempio vivente del vostro amore per le anime smarrite. —Gesù, in profezia.
Trovare un terreno comune
“Cerco di trovare un terreno comune con ogni tipo di persona, facendo tutto il possibile per salvarne qualcuna”. —1 Corinzi 9,222
Gesù non si preoccupò quando alcuni lo accusarono di essere amico dei peccatori,3 perché faceva esattamente ciò per cui suo Padre l’aveva mandato: convincere uomini e donne a fare la pace con Dio.4 Così anche noi dobbiamo rappresentare Gesù parlando da parte sua a quelli che sono ancora “al di fuori”. Tuttavia alcuni di noi sono così isolati e separati dai non-credenti che raramente abbiamo una conversazione profonda con loro. […]
Le azioni di Gesù suggeriscono che la nostra testimonianza ai non-credenti debba iniziare col fare amicizia. Ci guadagniamo il diritto di parlare del Vangelo quando c’è un rapporto in cui dimostriamo che l’altra persona ci sta a cuore e non è solo una statistica. L’apostolo Paolo ci incoraggia a trovare un terreno comune con i non-credenti. Trovare un terreno comune è un gesto d’amicizia; ci spinge a cercare in chi è al di fuori della fede il lato positivo invece di quello negativo.
Quando Gesù incontrò la donna al pozzo, parlò di ciò che avevano in comune non di ciò che poteva giustamente condannare.5 Di conseguenza, non solo lei fece amicizia con Dio, ma portò i suoi amici e la sua famiglia alla presenza di Gesù. —Jon Walker
Cercare un terreno comune con gli scettici
Nel comunicare con gli scettici, comincia con l’andare d’accordo nei punti dove è possibile. Molte più persone staranno a sentirvi. Chiamo questo approccio “apologetica di sensibilizzazione”. Vai incontro alla persona come sostenitore di un’idea, invece che come avversario; credete in alcune delle stesse cose. Manifestando un certo accordo puoi penetrare le barriere emotive e comunicare a quella persona che sei a suo favore e non contro di lei. Puoi renderla più bendisposta a prendere in considerazione alcuni dei punti in cui siete in disaccordo.
Non compromettere la verità biblica, ma all’inizio concorda con tutti i punti possibili. Paolo usava questo approccio e scrisse: “Mi sono fatto servo di tutti, per guadagnarne il maggior numero a Cristo; con i Giudei, mi sono fatto giudeo, per portarli a Cristo; […] con i gentili che sono senza la legge di Mosè, mi sono fatto come se fossi uno di loro. […] Cerco di trovare un terreno comune con ogni tipo di persona, facendo tutto il possibile per portarne qualcuna a Cristo. E faccio di tutto per diffondere la buona notizia”. 6
Fai questo esperimento: la prossima volta che incontri qualcuno che dissente da te, fai un respiro profondo. Chiedi a Dio di aiutarti a identificare tre punti su cui siete d’accordo. Non riesci a trovarne tre? Prova con uno. Discuti di quello per primo. Diventa un sostenitore, un patrocinatore. Forse lubrificherai qualche ingranaggio emotivo e intellettuale bloccato, e spingerai qualcuno in direzione di Dio. —Rusty Wright7
Pubblicato sull’Ancora in inglese il 28 agosto 2018.
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