Diventare campioni per Dio
Peter Amsterdam
Non ci scoraggiamo di fare il bene; perché, se non ci stanchiamo, mieteremo a suo tempo. —Galati 6,91
Nel corso degli anni ho visto molti film su diverse squadre sportive, come sono certo abbiate fatto anche voi. La storia spesso è incentrata su un nuovo allenatore che arriva in una scuola che ha una squadra debole. L’allenatore spesso ha uno stile piuttosto diverso dai precedenti e che non piace né ai giocatori né ai genitori, né alle autorità scolastiche. È severo con gli atleti, li spinge al massimo, li fa lavorare come non avevano mai fatto e sembra che li stia quasi ammazzando. Magari la squadra perde le prime partite e lui aumenta la pressione. Poi cominciano a vincere delle gare e alla fine vincono il campionato.
Questi film sono molto ispiranti, perché si vede che il lavoro duro e la determinazione dell’allenatore e della squadra ottengono dei risultati. A volte sono film strappalacrime e quasi sempre hanno delle buone lezioni. Di solito ci sono cose da imparare per l’allenatore, per la stella della squadra, per i genitori, per gli insegnanti e per la squadra in generale.
Spesso c’è il discorso d’incoraggiamento che l’allenatore fa a metà del campionato, quando la squadra è indietro e sembra che potrà perdere. A volte l’allenatore urla; altre volte parla dolcemente invocando il ricordo di un giocatore che è morto o di qualche avvenimento passato della scuola, accendendo la passione della squadra per uscire in campo e vincere.
Quando la partita finisce e la squadra vince, c’è una gran festa. La squadra è entusiasta, i genitori sono felici e la scuola è orgogliosa perché la sua squadra ha vinto il campionato. I giocatori sanno che è stato un grande momento nella loro vita e molti partono per l’università e vanno a giocare per la loro nuova scuola. Molte volte questi film finiscono con l’allenatore che entra nel suo ufficio o ritorna a casa e si mette alla ricerca di giocatori per l’anno successivo, pensando a come ricomincerà tutto da capo con una squadra nuova.
Si possono trarre molte lezioni da questo tipo di film o di storie, ma per me ce ne sono due che risaltano in modo particolare. La prima ha a che fare con qualcosa che in genere in quei film non si vede.
Di solito, alla fine del film e dopo che hanno vinto il campionato non si vede l’allenatore riunire la squadra e chiedere scusa per tutto il lavoro duro che hanno dovuto fare e per tutto quello che hanno sopportato per riuscire a vincere. Sì, magari dice che tutto l’addestramento a cui li aveva sottoposti non era una cosa personale e che non era stato così tanto duro solo perché i giocatori non gli piacevano.
Ma non ho mai visto l’allenatore esprimere il suo rincrescimento per la severità dell’addestramento, per le difficoltà o per i sacrifici. Non ho mai visto l’allenatore esprimere rimorso o chiedere scusa perché per farli diventare dei campioni aveva dovuto spingerli tanto.
Al contrario, arrivando alla partita decisiva si vede sempre l’allenatore diventare più esigente con la squadra. Non sembra mai contento del loro rendimento; vuole sempre di più, si aspetta di più. Li fa lavorare e correre, correre e correre ancora. A volte sembra quasi privo di sentimenti, specialmente quando sono totalmente esausti dopo un allenamento e invece di farli smettere li costringe a ricominciare.
I giocatori sono esausti. Si lamentano. Di solito un paio di loro si ritira. A volte i genitori si lamentano e a volte cercano di far licenziare l’allenatore. Probabilmente non è facile per l’allenatore sottoporre la squadra a quel regime, ma sa che è quello che deve fare per renderli dei vincitori. Alla fine, quando la squadra comincia a vincere, tutti capiscono che sono stati proprio quel lavoro duro e quelle difficoltà a portarli alla vittoria.
È chiaro che diventare dei campioni richiede lavoro duro e sacrifici. È chiaro che non c’è una strada facile per la vittoria.
Sarebbe una fine deludente per il film, se l’allenatore riunisse la squadra dopo la loro stagione vittoriosa e dicesse: “Sapete, ragazzi, mi dispiace davvero di essermi aspettato, anzi, di aver preteso così tanto da voi; e di conseguenza di avervi fatto lavorare così tanto. Mi dispiace di avervi spinto più di quanto volevate o di quanto pensavate di poter fare”. Non penso che vedrete nessuno di quei film finire in questo modo, perché nessuno in quella squadra di campioni si aspetterebbe o vorrebbe sentire un discorso del genere.
Perché? Perché la squadra è fatta di vincitori, che hanno faticato e sudato per diventarlo. Sanno che sono state le attese dell’allenatore a spingerli alla vittoria, altrimenti non l’avrebbero mai raggiunta. Non potrebbero accettare qualcosa di diverso.
La seconda lezione è che l’allenatore si rende conto che alla fine della stagione sportiva dovrà cominciare da capo con un’altra squadra, perché la maggior parte dei suoi giocatori sarà andata all’università. Si rende conto che per avere una squadra vittoriosa l’anno prossimo dovrà partire da zero; che la vittoria di un anno non garantisce la vittoria per l’anno successivo. Deve dedicarvi lo stesso tempo, fare lo stesso lavoro e gli stessi sacrifici per avere un’altra squadra vittoriosa l’anno seguente.
Sa anche che pur facendo piani per l’anno successivo, tutto cambierà e dovrà adattare la sua strategia. Le squadre da affrontare saranno diverse, con giocatori nuovi. Anche la sua squadra non sarà più quella e non avrà gli stessi punti forti di quella dell’anno prima. Se uno dei precedenti giocatori era forte in un certo ruolo, adesso non c’è più e lui dovrà cambiare strategia per sfruttare i punti forti e coprire quelli deboli della nuova squadra.
Questi allenatori cominciano da capo quasi ogni anno. Le glorie dell’anno passato sono esattamente quello: passate. Non sono rinnovabili. Bisogna metterci sangue, sudore e lacrime come prima, magari di più, per vincere di nuovo.
In nessuno di quei film ho visto una scena in cui l’allenatore si lamenta per la prossima stagione e tutto il lavoro che comporterà. Non lo si sente mai dire: “Non posso credere che dopo tutte le fatiche di quest’anno dovrò ricominciare da capo! Come fa la scuola ad aspettarsi una partenza fresca nella prossima stagione, quando ho già dato tutto in quella passata? Dovrebbe essere più facile. Penso che per un paio d’anni dovrei potermi sedere sugli allori dell’ultimo campionato. Sono soddisfatto delle nostre vittorie ed è ingiusto dover continuare a lavorare duro per produrre una squadra di campioni”. No, non vedrete mai un film con una scena del genere.
I grandi allenatori non la pensano così; non è nel loro sangue. Hanno fame di vittorie, sono decisi a continuare a combattere, a fare sacrifici, anno dopo anno, per produrre altri campioni. È la natura degli sport e delle competizioni. È anche la natura della guerra spirituale in cui siamo impegnati come cristiani al servizio del Signore e degli altri, impegnati nella missione di portare la salvezza a tutti quelli che vorranno riceverla.
Sono sicuro che ci sono stati momenti nella vostra vita per il Signore in cui eravate esausti al punto di arrendervi e vi siete chiesti se sareste riusciti a resistere un altro giorno. Ma l’avete fatto. Avete lottato, avete fatto sacrifici, avete dato la vita per altri e avete visto i frutti delle vostre fatiche, o le vedrete un giorno. Ma se siete come me, sono sicuro che in qualche momento avete pensato: “Come fa il Signore ad aspettarsi questo da noi? È come quando gli egiziani costrinsero i figli d’Israele a fare mattoni senza la paglia.2 Sa che cosa ci sta chiedendo? Sa fino a dove ci sta spingendo? Sa quanto siamo esausti? Sa che abbiamo i nostri limiti? Cos’ha che non va?”
Be’, ecco come stanno le cose. Lui è come un allenatore che si sta dando da fare per trasformare la sua squadra in una squadra di campioni. A volte deve spingerci al limite per farci andare oltre il punto che pensiamo di poter raggiungere, e per farci trionfare. Come gli allenatori in quei film, sta lavorando per produrre campioni, trasformando ognuno di noi personalmente e il corpo dei credenti in generale.
Sono piuttosto sicuro che la maggior parte di noi in qualche momento si è sentita come gli atleti in quei film. Ci siamo arrabbiati con il nostro Allenatore; non potevamo credere che si aspettasse così tanto da noi. Forse ci siamo lamentati. Sono sicuro che a tutti è venuta voglia di arrendersi, in qualche momento. Ma il prezzo della vittoria, il prezzo del progresso, il prezzo del campionato è fatto di sacrificio, lavoro duro, dedizione, ubbidienza perseveranza e fede. E dobbiamo ringraziare il nostro Allenatore, Gesù, per averci fatto guadagnare quegli attributi.
Nessuno conquista grandi vittorie senza pagare un prezzo. Non si può vincere una battaglia senza mettercela tutta. Non si vince nessuna gara sportiva senza mesi o anni di allenamenti pesanti. La vittoria costa! A volte costa tutto. La vittoria è il culmine del sacrificio, del lavoro duro, della dedizione, dell’ubbidienza, della perseveranza e della fede.
Quando arriverete in cielo sentire: “Ben fatto, servo buono e fedele! Entra nella gioia del tuo Signore”. Sentirete i campioni delle epoche passate gridare il vostro nome mentre viene iscritto nell’albo d’oro dei vincitori.
Questa è una guerra che vale la pena di combattere. È una guerra per cui vale la pena di dare tutto, di dare la vita. È una guerra per liberare i cuori e le anime di chi è perduto. È una guerra per liberare i prigionieri. È una guerra per realizzare il desiderio di Dio di toccare il mondo con la sua verità e il suo amore.
Questa guerra non è una cosa negativa. Dover combattere duramente non è una cosa negativa. La guerra spirituale in cui siamo impegnati è un fatto positivo, perché è il mezzo per conquistare la vittoria, non solo per noi o per i nostri cari, ma per il mondo, per il regno di Dio sulla terra, per il futuro dell’umanità.
Ci piace che la nostra guerra ci permetta di seminare confusione e distruzione nel regno del diavolo. Ci piace strappare anime alle sue grinfie. Ci piace che predicando il Vangelo in tutto il mondo stiamo preparando la strada per il ritorno del Signore. Ci piace poter mostrare al nemico che non abbiamo paura di lui. Ci piace che vinceremo!
Se c’è una sola strada per assicurare i vostri obiettivi e i vostri sogni, se stabilite che i vostri obiettivi sono così importanti che siete disposti a seguire quella strada a qualsiasi costo, allora vi renderete conto di dover scegliere se vederla in maniera positiva o negativa. Dato che dovrete seguire quella strada in ogni caso e che non esiste un’alternativa, allora perché non prenderla in maniera positiva? Perché non decidere di godervela e di approfittarne al massimo, di gioire di ogni momento del viaggio? Invece di andare avanti svogliatamente e meccanicamente, un passo dopo l’altro, mettete passione e decisione in ogni passo che fate! Scegliete di farlo, perché così facendo avrete il tipo di visione necessario per condurre altri alla vittoria.
Questo è il punto che dobbiamo raggiungere nel nostro modo di vedere le prove e le difficoltà e il fatto che ci aspettano altri anni di guerra spirituale — perché la lotta per le anime dell’uomo continuerà fino al ritorno del Signore. Il Rapimento sarà il culmine delle vittorie di questa guerra terrena; sarà esilarante. Per arrivarci, dovremo “combattere il buon combattimento della fede”3 e sarà un combattimento lungo e difficile, ma sarà entusiasmante perché conquisteremo vittorie entusiasmanti.
Nella nostra guerra contro Satana per le anime del mondo, sappiamo che la vittoria è garantita, ma sappiamo anche che ci vorrà tempo per raggiungerla, e che la vittoria costa. Così dobbiamo imparare ad apprezzare, o almeno a vedere in maniera positiva, tutto ciò che è necessario per vincere e il prezzo da pagare per arrivarci.
Accettate il prezzo. Accettate quello che la vittoria vi costerà. Vantatevi della vostra debolezza.4 La vittoria diventa molto più dolce e preziosa. L’allenamento che dovete sopportare per essere in grado di correre la gara e combattere il buon combattimento è accettabile proprio a causa delle vittorie che otterrete.
Dio ci darà la forza per ogni situazione in cui ci troveremo. Dobbiamo soltanto essere disposti ad andare avanti e a non arrenderci, non importa come ci sentiamo. Dobbiamo dipendere dal Signore e sottometterci alla sua forza e alla sua potenza. Dobbiamo riposare nel Signore e continuare la lotta.
Perché siamo disposti a combattere il buon combattimento? Perché l’amore di Cristo ci costringe, perché non c’è amore più grande di quello di dare la vita per Lui e per gli altri.5 Questa è la nostra chiamata e il nostro incarico. Abbiamo la ceertezza che, quando siamo disposti a deporre la nostra vita e a sacrificarci al suo servizio, Lui ci vivificherà nello spirito e ci darà ciò che ci serve per continuare a perseverare, a combattere e andare avanti.
Sappiamo che il Signore non ci chiede mai niente senza darci anche la grazia per farlo.6 Questo non vuol dire soltanto la grazia strettamente necessaria a farcela, ma quella necessaria a trionfare, vincere, essere dei campioni. Così sappiamo che avremo forza, potenza, fede e grazia per il compito che ci aspetta; e che anche se le battaglie di questa vita saranno toste e il carico pesante, il Signore non permetterà mai che le cose siano troppo difficili, dure o pesanti.
A volte potremmo pensare che non saremo in grado di fare qualcosa, o che sia semplicemente troppo difficile, ma in realtà, quando guardiamo il Signore e scopriamo che è sua volontà che andiamo avanti, scopriamo di avere la forza e la capacità di fare quello che ci chiede. Dobbiamo solo entrare più profondamente in Gesù, nello Spirito, così da poter attingere forza ed energia dalla sua riserva illimitata di forza di volontà e determinazione di lottare e di vincere.
1 NR.
2 Esodo 5,12–18.
3 1 Timoteo 6.12
4 2 Corinzi 11,23–30.
5 2 Corinzi 5,14–15; Giovanni 15,13.
6 2 Corinzi 12:9–10.
Titolo originale: Becoming God’s Champions. Tradotto da A. Maffioli e S. Marata.
Pubblicato originariamente nel novembre 2008. Adattato e ripubblicato il 25 novembre 2013.
Letto in Inglese da Jerry Paladino.
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