Cristo davanti a Pilato
John Lincoln Brandt
“Che farò dunque di Gesù, detto Cristo?” (Matteo 27:22). Questa è la domanda che il governatore Pilato pose ai capi dei sacerdoti a proposito del Re Gesù. Avete studiato il famoso quadro “Cristo davanti a Pilato”, di Munkacsy? L’artista ci dà un’idea vivida della scena, che avviene nel cortile davanti al palazzo.
Da un lato, seduto su uno scranno elevato e vestito della consueta toga bianca romana, sta il governatore. Il volto ben rasato, i capelli corti e l’aspetto robusto sono tutte caratteristiche del comandante romano. Osserva tutto da sotto le sopracciglia folte, lanciando sguardi furtivi come se volesse notare ogni movimento che gli permetterà di prendere una decisione che lo renderà più popolare.
Alla sua destra, con le spalle al muro, c’è uno scriba che porta un’espressione di disprezzo. Di fronte vi sono alcuni farisei, lì per invocare la morte di Gesù, con l’aspetto di chi dice: “Ringrazio Dio perché non sono come quest’uomo”. Caifa è lì, con le sue vesti sacerdotali, per condannare e crocifiggere Cristo.
Sulla destra, in piedi contro una colonna, c’è il volto di una donna dolce, con in braccio un bimbo, quasi a rappresentare le figlie di Gerusalemme che seguirono Gesù fino al Calvario, o a rappresentare la dolcezza della donna nel futuro regno dei cieli.
Tutti i personaggi, però, tendono a impallidire ai nostri occhi davanti all’aspetto di Cristo in piedi in primo piano, con la compostezza di chi è in grado di convocare in suo aiuto dodici legioni di angeli, con coraggio sottomesso ma virile, con un aspetto pieno di serenità, pace e amore, come se volesse dire: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”; con un silenzio maestoso e una serenità reale che rivelano la potenza e la forza del Salvatore dell’umanità, in grado di decidere il destino delle nazioni, cambiare il corso della storia, elevarsi al di sopra del disprezzo e del rancore dei suoi nemici.
Pilato, sul trono del giudizio, con dentro l’odio nei confronti dei sacerdoti che hanno accusato Cristo, ma con il desiderio di non offenderli, è perplesso e turbato dal tipo di verdetto da emettere e dalla sentenza da pronunciare sul capo del celebre prigioniero. Dopo ripetuti sforzi per rilasciarlo, pone la domanda più importante mai fatta a un uomo: “Che farò dunque di Gesù, detto Cristo?”
Era la domanda più importante, sia per Pilato sia per i Giudei, come lo è stata nel corso dei secoli che sono passati da quel famoso processo e lo è ancora oggi. Tutte le grandi domande dei nostri tempi – sociali, politiche e teologiche – conducono a questa domanda e trovano la loro soluzione nella risposta alla richiesta: “Che farò dunque di Gesù?” […]
Ci sono domande importanti per ogni nazione e ogni individuo, ma l’interrogativo posto del governatore è quello che richiede la decisione più grande da parte di nazioni e individui. È la domanda che richiede più riflessione, che muove più penne, che suscita più interesse di qualsiasi altra al mondo.
Questo Cristo si impone come il personaggio predominante nella storia, nell’arte, nella letteratura e nella religione. È predominante perché implica il perdono dei peccati e la preparazione alla vita eterna.
È una domanda imprescindibile. Bisogna fare qualcosa riguardo a Cristo. Non esiste un campo neutro. Pilato si sforzò di assumere una posizione neutrale. Cercò di prendere una posizione né contro né a favore dell’accusato o degli accusatori. Cercò di soddisfare allo stesso tempo la sua coscienza e il suo onore. Cercò di soddisfare sia i sacerdoti sia il Cristo, ma poté prendere una posizione neutrale? Gesù era davanti al tribunale del governatore Pilato; in seguito, Pilato si presentò davanti al tribunale del Re Gesù. […]
Non esiste un campo neutro. È imperativo che il corpo si nutra o morirà. È altrettanto imperativo che l’anima si nutra di Cristo, o incontrerà la morte eterna. Le tasse vanno pagate o la proprietà va venduta per pagarle. Il prezzo della redenzione va pagato con il Vangelo di Gesù, o costerà la perdita dell’anima.
Oggi con Cristo; l’eternità con Cristo. Oggi senza Cristo; l’eternità senza Cristo.
Gesù Cristo è qui. Bussa alla porta e chiede di poter entrare. Si dichiara il Salvatore dell’uomo e ci chiede di accettarlo. Afferma di essere il nostro re e rivendica il diritto di regnare su di noi; ognuno di noi deve rispondere alla domanda: “Che farò di Lui?”
È una domanda difficile. Presentò tali difficoltà ai capi dei sacerdoti, che si riunirono nel loro tribunale supremo per discuterne e ricevere dei suggerimenti su come liberarsi di Gesù. Turbò il governatore romano, che si sforzò di schivare la questione ed evitare la risposta. Pilato disse: “Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge” (Giovanni 18:31), ma dovette concedere un’udienza a loro, dovette concedere un’udienza all’accusato e poi emettere un giudizio.
Ecco che dice: “Io non trovo colpa in lui” (Giovanni 18:38). La frase non piacque loro, che con maggior ferocia dissero: “Egli sobilla il popolo insegnando per tutta la Giudea; ha cominciato dalla Galilea ed è giunto fin qui” (Luca 23:5-7). Quando Pilato seppe che era un Galileo, lo mandò a Erode, che governava la Galilea ma a quel tempo era a Gerusalemme. Erode non poté rispondere alla difficile domanda, così lo rimandò da Pilato. Ora Pilato è più turbato e cerca un’altra scusa: “È usanza che io liberi un prigioniero per la Pasqua. Chi volete che vi liberi, Barabba o Gesù detto Cristo?” (Matteo 27:15-17).
Il suo cuore rimase ancora più turbato quando ricevette da sua moglie una lettera in cui diceva: “Non aver nulla a che fare con quel giusto, perché oggi ho sofferto molto in sogno per causa sua” (Matteo 27:19). La folla, persuasa dai capi sacerdoti, chiese che fosse rilasciato Barabba. Pilato, ancora più turbato, non volendo decidere la questione, si sottomise alla loro decisione dicendo: “Che farò dunque di Gesù, detto Cristo?” Immediatamente loro chiesero la sua crocifissione.
Capendo di non poter vincere, il governatore si lavò le mani davanti alla folla, dichiarandosi innocente del sangue di quel giusto, pensando che con un simile gesto non si sarebbe reso colpevole di spargere il sangue di Gesù né di averne alcuna parte, come se il gesto esteriore di lavarsi le mani potesse eliminare la colpa interiore della sua collaborazione con un simile gesto di ingiustizia e disonore.
Il senso di colpa di Pilato deve essere stato molto grande, perché andò contro i suoi stessi sentimenti, decidendo la morte di chi sapeva essere innocente. Per noi, oggi, è una domanda ancora più difficile di quanto lo fu per Pilato. Dobbiamo rispondervi con la piena conoscenza di chi era Gesù e di cosa fece. Dobbiamo rispondere alla luce dei secoli che sono stati illuminati dal volto divino. Dobbiamo rispondere alla luce della storia e dell’esperienza che testimoniano a favore di Cristo. Questa domanda difficile può suscitare una moltitudine delirante di passioni, impulsi e peccati che reclamano di rinunciare a Lui a favore di qualche altro idolo, lasciando però la domanda: “Che farò dunque di Gesù?”
Osserva per un momento Gesù, che rivendica una considerazione tanto importante. Esamina le sue credenziali. I profeti gli resero testimonianza. Dio diede loro il potere di osservare nella distanza la venuta di Gesù, il Cristo, come Salvatore del mondo, per fasciare quelli che hanno il cuore spezzato e proclamare la liberazione ai prigionieri. Gli angeli resero testimonianza a Cristo. Annunciarono che sarebbe stato grande, che sarebbe stato chiamato il Figlio dell’Altissimo; che sarebbe nato nella Città di Davide e sarebbe stato chiamato il Salvatore e il Cristo del Signore.
Dio gli rese testimonianza quando parlò dal cielo al momento del battesimo di Gesù : “Questo è il mio amato Figlio, nel quale mi sono compiaciuto” (Matteo 3:17). Giovanni Battista gli rese testimonianza: “Ecco l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!” (Giovanni 1:29). Pietro diede la propria testimonianza con la sua grande confessione: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Matteo 16:16). Paolo diede la propria testimonianza quando dichiarò di essere disposto a considerare ogni cosa come tanta spazzatura al fine di guadagnare Cristo(Filippesi 3:7-8).
Egli si dichiara il Figlio di Dio e la Luce del mondo. Afferma di essere colui di cui parlarono i profeti, che sarebbe stato trafitto per le nostre trasgressioni, stroncato per le nostre iniquità, che su di Lui sarebbe caduto il castigo, per cui abbiamo pace. Afferma di essere il mediatore tra Dio e l’uomo, il Giudice dei vivi e dei morti. Credenziali così importanti e rivendicazioni così forti aggiungono peso alla domanda e ci impongono di riflettere con immediatezza e serietà sulla risposta.
“Che farò dunque di Gesù?” è la domanda che vogliamo porti oggi. Ti chiedo di ascoltare le parole di Gesù: “Colui che viene a me, non lo caccerò fuori” (Giovanni 6:37). “Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io riconoscerò lui davanti al Padre mio che è nei cieli” (Matteo 10:32). Egli arriva con tutto il suo amore e la sua compassione per offrire perdono e compassione. Arriva con tutte le sue promesse e la sua speranza per ispirarti e amarti. Se ascolterai la sua voce lo accetterai come tuo Salvatore.
John Lincoln Brandt (1860–1946) era il padre di Virginia Brandt Berg. Brani tratti da Soul Saving Revival Sermons. Pubblicato sull’Ancora in inglese il 25 marzo 2024.
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