Camminare nell’amore di Cristo
Peter Amsterdam
Nella prima epistola di Giovanni leggiamo la breve ma profonda affermazione che Dio è amore (1 Giovanni 4:8). Giovanni poi spiega che “in questo si è manifestato l’amore di Dio verso di noi, che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché noi vivessimo per mezzo di lui (1 Giovanni 4:9).
Anche se nell’Antico Testamento non troviamo la frase Dio è amore, vi leggiamo dappertutto dell’amore di Dio. La parola ebraica più comunemente usata per esprimere l’amore di Dio nell’Antico Testamento è chesed, che può essere tradotta con amore, benignità, benevolenza, grazia e misericordia. Delle 194 volte in cui questa parola viene usata, 171 volte si riferisce all’amore di Dio.
Quando Dio si rivelò a Mosè, disse di chiamarsi: “Il SIGNORE, il SIGNORE, il Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in bontà e fedeltà, che conserva la sua bontà fino alla millesima generazione (Esodo 34:6-7). In questo versetto si riferisce due volte a sé usando le parole benignità e misericordia. Nell’antico ebraico la ripetizione era usata per accentuare un’idea. In tutto l’Antico Testamento Dio si riferisce al suo grande amore dicendo che “mantiene il suo patto e la sua benignità fino alla millesima generazione” e “d’eternità in eternità” (Deuteronomio 7:9; Salmi 103:17).
Dalla Genesi fino a Malachia Dio è raffigurato come Colui che ama fedelmente ed eternamente. Il Nuovo Testamento afferma direttamente che Dio è amore. Nel Nuovo Testamento Gesù è raffigurato come l’amore di suo Padre per l’umanità. In Giovanni 3:16 leggiamo che “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna).
Gesù era l’amore di Dio manifestato sulla terra e ordinò a quelli di noi che lo amano e credono in Lui di seguire i suoi insegnamenti per dimorare nel suo amore e rifletterlo sugli altri (Giovanni 15:9-10). Per aiutarci a camminare nel suo amore, mandò “il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, [che] vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” (Giovanni 14:26). Uno dei frutti della presenza dello Spirito nella nostra vita è l’amore (Galati 5:22).
È utile capire che ci sono alcune parole che in italiano vengono tradotte con amore, ma che nell’originale greco del Nuovo Testamento hanno significati diversi. Una di queste è eros, che esprime il sentimento dell’essere innamorati e che non è usata nel Nuovo Testamento. Un’altra parola tradotta con amore è philia, che indica affetto, un sentimento d’intima amicizia, l’amore per gli altri esseri umani, la compassione e l’amore fraterno. Una terza parola è storghè, che si riferisce all’amore affettuoso per i membri della propria famiglia, specialmente quello dei genitori per i figli.
La quarta parola, la più comunemente usata nel Nuovo Testamento, è agape. Nell’uso che se ne fa nella Scrittura significa l’amore di Dio. Per esempio, in 1 Giovanni 4:8 quando dice che Dio è amore, il termine originale greco è agape. Tutto ciò che Dio fa è motivato e originato dal suo amore. Agape si riferisce anche all’amore che proviamo per Dio e per il nostro prossimo, sottolineato da Gesù come il comandamento più grande (Marco 12:30-31) e l’amore cristiano che dovremmo avere nei confronti degli altri: “Vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, anche voi amatevi gli uni gli altri” (Giovanni 13:34).
Quando nei Vangeli e nelle Epistole leggiamo di amore (agape), si intende parlare di un amore che sceglie di porre i bisogni degli altri al di sopra dei propri, che accetta di essere disturbato, che soffre volontariamente a vantaggio di qualcun altro, senza aspettarsi di ricevere niente in cambio. È un amore che dimostra benevolenza, fedeltà, impegno e forza di carattere. È l’amore dimostrato da Gesù, l’amore che lo spinse a dare la vita perché potessimo vivere con Lui in eterno.
Agape è l’amore sacrificale manifestato da Gesù, che tutti dobbiamo imitare, come scrisse Paolo: “Siate dunque imitatori di Dio, come figli carissimi, e camminate nell’amore, come anche Cristo ci ha amati e ha dato se stesso per noi, in offerta e sacrificio a Dio come un profumo di odore soave” (Efesini 5:1-2).
È l’amore che Gesù disse che, come cristiani, dobbiamo avere gli uni per gli altri. “Vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, anche voi amatevi gli uni gli altri” (Giovanni 13:34). È anche il tipo di amore che dobbiamo avere per chi ci perseguita o ci maltratta. “Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano” (Matteo 5:44).
Nella versione CEI agape è spesso tradotto con “carità” e questo ci aiuta a capire che si parla di un amore generoso e altruista, che fa agli altri le cose che vorremmo fossero fatte a noi. L’invito a imitare l’amore di Gesù significa non amare soltanto le persone cui siamo vicini e con cui ci sentiamo a nostro agio, o quelle che riteniamo si meritino il nostro amore. Significa amare quelli che non riteniamo meritevoli; quelli che pensano, credono e agiscono in un modi con cui non siamo d’accordo. Dopotutto, Gesù ci disse di amare i nostri nemici e quelli che ci maltrattano o ci fanno del male.
L’apostolo Paolo indicò chiaramente cos’è l’amore (agape), come si comporta e come si manifesta, in 1 Corinzi 13, quello che è spesso chiamato “capitolo dell’amore”.
“L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa” (1 Corinzi 13:4-7).
Altre versioni usano termini che aiutano a capire meglio questo passo. Ci dicono che “chi ama è paziente, pieno di bontà. Chi ama non invidia, non si vanta, non si gonfia di orgoglio. Chi ama non è altezzoso, non fa niente d’indecoroso, non cerca il proprio interesse, non si irrita, né si ricorda dei torti che subisce. Chi ama soffre per le ingiustizie, ma gioisce quando la verità viene a galla. Chi ama è pronto a scusare ogni cosa, a credere in ogni cosa, a sperare in ogni cosa, a sopportare ogni cosa” (1 Corinzi 13:4-7). La versione TILC ci dice che “Chi ama è paziente e generoso. Chi ama non è invidioso non si vanta non si gonfia di orgoglio. Chi ama è rispettoso non cerca il proprio interesse non cede alla collera dimentica i torti. Chi ama non gode dell’ingiustizia, la verità è la sua gioia. Chi ama è sempre comprensivo, sempre fiducioso, sempre paziente, sempre aperto alla speranza”.
Questo elenco rappresenta per noi una sfida e un parametro da seguire se desideriamo emulare Gesù, camminare nell’amore di Cristo e rappresentare il suo amore, la sua compassione e la sua bontà per gli altri. Gesù diede alcuni esempi di come dimostrare questo amore nella vita di tutti i giorni: “Da’ a chiunque ti chiede; e se qualcuno ti toglie il tuo, non glielo ridomandare. Ma come volete che gli uomini facciano a voi, così fate a loro” (Luca 6:30-31).
Disse anche: “Fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete i figli dell’Altissimo, perché egli è benigno verso gli ingrati e i malvagi. Siate dunque misericordiosi, come anche il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato. Date e vi sarà dato” (Luca 6:35-38).
La prima epistola di Giovanni fa eco ai comandamenti di Gesù concentrandosi sull’amore: “Figlioletti miei, non amiamo a parole né con la lingua, ma a fatti e in verità” (1 Giovanni 3:18). E aggiunge che “se ci amiamo gli uni gli altri, Dio dimora in noi e il suo amore è perfetto in noi” (1 Giovanni 4:12).
Avere e dimostrare l’amore di Cristo è essenziale, se ci sforziamo di condurre una vita che rispecchi quella di Gesù. L’amore per il Signore e per gli altri è alla base delle qualità che ci aiutano a essere sempre più simili a Lui. Compassione, perdono, gentilezza, bontà, gentilezza e pazienza hanno le loro radici nell’amore. Anche la decisione di sviluppare un carattere cristiano, spogliarsi del vecchio io e indossare il nuovo, come scrisse l’apostolo Paolo, prende origine dall’amore (Efesini 4:20-24).
Amiamo Dio perché ci ha amato per primo e, basandoci su quell’amore, vogliamo essere più simili a Lui, riflettere Lui e il suo amore su tutti quelli che incontriamo nella vita di tutti i giorni — anche se quel riflesso è solo un debole bagliore di ciò che Lui è veramente. Ma per debole che sia, quel bagliore illumina questo mondo buio e rende gloria a colui che ci ha creati, amati e salvati, e con cui passeremo l’eternità.
Possa ognuno di noi crescere a immagine di Cristo per rifletterlo meglio sugli altri mentre cerchiamo di diventare più simili a Gesù.
Pubblicato originariamente nel settembre 2018.
Adattato e ripubblicato sull’Ancora in inglese il 30 agosto 2024.