Allineare la nostra vita con la volontà morale di Dio
Peter Amsterdam
Dio ci ha rivelato la sua volontà morale nelle Scritture, che ci insegnano come dovremmo vivere e cosa dovremmo credere. Indica chiaramente che alcune cose sono moralmente sbagliate e quindi sono peccato. Con la grazia di Dio e la potenza dello Spirito Santo ci sforziamo di evitare il peccato e di assumere invece tratti, caratteristiche e atteggiamenti che rispecchiano e imitano la natura e le caratteristiche di Dio.1
Ci ha chiamati a essere “imitatori di Dio, come figli carissimi, e camminate nell’amore, come anche Cristo ci ha amati e ha dato se stesso per noi, in offerta e sacrificio a Dio come un profumo di odore soave” (Efesini 5:1-2). Allo stesso modo siamo chiamati a emulare il perdono divino: “Perdonatevi a vicenda, se uno ha di che dolersi di un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi” (Colossesi 3:13).
Gesù ci ha ordinato di essere “misericordiosi, come anche il Padre vostro è misericordioso” (Luca 6:36). Ci ha insegnato a dimostrare bontà anche nei confronti dei nemici e a “fare del bene e prestare senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete i figli dell’Altissimo, perché Egli è buono verso gli ingrati e i malvagi” (Luca 6:35).
Con questi e numerosi altri esempi nella Bibbia, ci viene insegnato a vivere in modo tale da allinearci con la volontà morale di Dio. Siamo invitati a osservare i suoi insegnamenti, farli nostri e usarli come una bussola nel viaggio della vita. “Questo infatti è l’amore di Dio: che noi osserviamo i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi” (1 Giovanni 5:3).
Diventare figli di Dio per fede in Gesù ha fatto di noi delle creature nuove (2 Corinzi 5:17) che devono essere “conformi all’immagine del Figlio suo” (Romani 8:29) e che sono “rivestite dell’uomo nuovo, che si va rinnovando in conoscenza a immagine di Colui che l’ha creato” (Colossesi 3:10). Fa parte del processo di essere rinnovati a sua immagine anche il conformare la nostra vita alla sua volontà morale. Allineiamo alla sua Parola il nostro comportamento e le nostre azioni esteriori, oltre ai nostri motivi e ai nostri atteggiamenti.
Dalla sua Parola impariamo quali mentalità e quali azioni sono giuste o sbagliate, cosa è peccato e cosa no, cosa fa piacere a Dio e cosa no, cosa rispecchia il suo carattere e cosa no. Sappiamo questo perché leggiamo la Parola di Dio e la studiamo, meditiamo su di essa, la accettiamo e la mettiamo in pratica. Accettare ciò che Dio dice significa che, leggendo che Dio censura alcune azioni, alcuni desideri e alcuni atteggiamenti, accettiamo il fatto che cadono all’esterno del cerchio della sua volontà morale e quindi sono sbagliati e costituiscono un peccato. Per esempio, quando in Efesini leggiamo che non dobbiamo rubare o lasciar uscire parole malvagie dalla nostra bocca, o in Colossesi che dobbiamo eliminare ira, collera, malignità, calunnia e parole oscene, desideri malvagi, lussuria e avidità, allora dobbiamo capire che queste cose cadono fuori dalla volontà morale di Dio e quindi sono peccaminose e dispiacciono a Dio (Efesini 4:28-29; Colossesi 3:8, 5).
Naturalmente ogni comando della volontà morale di Dio è un’espressione del comandamento più grande di tutti: quello di amare Dio con tutto il nostro cuore, la nostra anima, la nostra mente e la nostra forza e di amare il nostro prossimo come noi stessi (Marco 12:30-31). Siamo tenuti a comportarci con amore nei confronti degli altri: “Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro, perché questa è la legge ed i profeti” (Matteo 7:12).
Questi insegnamenti di Gesù riassumono tutti gli insegnamenti sul peccato; quando facciamo dell’amore per Dio e il prossimo il nostro principio guida – cioè quando le nostre azioni, i nostri pensieri e i nostri atteggiamenti hanno la premessa di un cuore che ama Dio completamente, con tutto il nostro essere, e quando proviamo per gli altri lo stesso amore che proviamo per noi stessi – allora eviteremo di peccare.
Poiché siamo esseri umani peccatori, a volte siamo inclinati a giustificare le nostre azioni e a considerarle amorevoli quando in realtà non lo sono. Oppure pensiamo che un’azione sia amorevole e quindi non peccaminosa, senza esplorare fino in fondo tutte le sue possibili ramificazioni, che possono finire per essere poco amorevoli nei confronti degli altri. Chiaramente è importante comprendere bene ciò che è incluso nella volontà morale di Dio e ciò che non lo è. Questo viene dalla lettura, dallo studio e dalla meditazione degli insegnamenti della Bibbia.
È facile avere l’atteggiamento che il peccato non abbia grande importanza, dato che abbiamo la salvezza e i nostri peccati sono già stati perdonati; ma un atteggiamento simile indica la mancanza di comprensione di ciò che la Bibbia insegna sul peccato e i suoi effetti. Le Scritture ci rivelano che i peccati sono un’offesa contro Dio, compresi quelli dei Cristiani. Essere perdonati è un meraviglioso dono di Dio; ma come credenti abbiamo un rapporto con Lui, un rapporto che viene danneggiato quando pecchiamo. Anche se siamo perdonati, possono esserci lo stesso delle conseguenze nella nostra vita o in quella degli altri, a causa dei nostri peccati.
Se vogliamo essere a immagine di Cristo, dobbiamo affrontare la realtà del peccato nella nostra vita e reagire in maniera appropriata. Dio ci ha dato una coscienza, la capacità innata di discernere la differenza tra bene e male, e questo ci aiuta a giudicare la moralità di un’azione che abbiamo progettato o che abbiamo già fatto. Come cristiani, affiniamo la nostra coscienza man mano che ci allineiamo alla volontà morale di Dio, quando concordiamo con ciò che Lui ha rivelato nelle Scritture su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, su ciò che è santo, su quali azioni rispecchiano la sua natura e il suo essere. Siamo chiamati a seguire le informazioni che la nostra coscienza ricava dalle Scritture e a evitare il peccato per continuare ad avere un rapporto stretto con nostro Padre.
Poiché siamo esseri umani, peccheremo; ma poiché siamo cristiani, dobbiamo fare uno sforzo per non danneggiare il rapporto che abbiamo con Dio, facendo del nostro meglio per non peccare. Siamo ammoniti a “deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima, l’uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici e a rinnovarci nello spirito della nostra mente e rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (Efesini 4:22-24).
Ovviamente, per quanto cerchiamo di non peccare, lo facciamo lo stesso. Quando succede, se abbiamo la giusta comprensione del peccato, proveremo un senso di colpa e di dolore. Danneggiamo il nostro rapporto con Dio e ripararlo inizia dal riconoscere e confessargli i nostri peccati. Primo Giovanni insegna che “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (1 Giovanni 1:9). Oltre a confessare e a provare contrizione, un altro elemento per riparare il danno causato dal peccato è il pentimento – un cambiamento di atteggiamento, il voltarsi e andare nella direzione opposta. Il pentimento richiede un cambiamento nel nostro comportamento, u impegno a smettere di commettere i peccati fatti fin qui.
Non è facile, specialmente quando ci siamo abituati a certi peccati o abbiamo accettato un comportamento peccaminoso come parte della nostra personalità, come, ad esempio, l’impazienza, la mancanza di autocontrollo, l’essere critici, la rabbia, l’egoismo, l’orgoglio, l’ansia, i peccati della parola, le dipendenze e via di seguito. Può essere difficile accettare che, dato che le Scritture le chiamano peccato, dobbiamo confessare queste cose, cambiare e smettere di farle, per grazia di Dio. La sua Parola ci dice che, per grazia di Dio, “io posso ogni cosa in Cristo che mi fortifica” (Filippesi 4:13).
Se vogliamo diventare più simili a Gesù, dobbiamo ammettere i nostri peccati. Non possiamo semplicemente vederli come tratti del nostro carattere o scusarli perché “sono fatto così, non posso cambiare”; né possiamo giustificarli pensando che “è una cosa da niente, non ha poi tanta importanza”. Parte dell’essere a immagine di Cristo è ammettere quando le cose sono peccati secondo le Scritture, riconoscerli quando li commettiamo, confessarli e chiedere aiuto al Signore per superarli. Poi dobbiamo fare uno sforzo consapevole e impegnarci a sconfiggerli.
Il nostro obiettivo non è la perfezione. Non stiamo cercando di ubbidire come automi a ogni iota e apice della legge, allo scopo di essere privi di peccato – è impossibile. Il nostro obiettivo è rispondere all’espressa volontà morale di Dio, così da manifestare in maniera genuina la realtà della nostra salvezza, da un cuore pieno di gratitudine.
Gli ubbidiamo perché lo amiamo. Lo amiamo per quello che è: il nostro Creatore e Salvatore. Desideriamo imitarlo perché è puro amore, pura bontà e pura santità. Vogliamo emularlo interiormente ed esteriormente. Dio è il parametro della santità, e poiché ci ha rivelato la sua natura e ciò che Lui approva o disapprova, se vogliamo essere come Lui, prenderemo queste cose sul serio.
Dio è bontà perfetta, amore perfetto, santità e giustizia perfette. È un esempio della perfezione morale ed etica. Anche se non possiamo raggiungere la perfezione, siamo tenuti ad assimilare i suoi standard e a seguirli, a fare del nostro meglio per rispecchiare Lui e crescere a immagine di Cristo. “E il Signore, che è lo Spirito, ci rende sempre più simili a Lui, man mano che siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria” (2 Corinzi 3:18 NLT).
Pubblicato originariamente nell’ottobre 2016 Adattato e ripubblicato sull’Ancora in inglese il 22 maggio 2025.
1 Questo articolo si basa su alcuni punti presi dal libro Decision Making and the Will of God di Garry Friesen (Colorado Springs: Multnomah, 2004).
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