Speranza invece di fatalismo
Steve Hearts
Con l’aiuto del Signore mi sto sforzando di recuperare alcune qualità preziose che mi sono lasciato sfuggire. Ieri notte, durante il mio periodo di preghiera, il Signore ha attirato la mia attenzione su un punto particolare che mi era stato gradualmente portato via: la capacità di sperare.
Anche se ho evitato di ammetterlo perfino a me stesso, da un po’ di tempo stavo lottando contro una significativa mancanza di gioia, significato e felicità nella mia vita. Il mio coraggio era ai minimi storici e stava diventando sempre più difficile evitare di cadere nella disperazione e nella depressione. Deciso a evitare un simile destino, ho chiesto al Signore di dirmi com’è che mi ero ritrovato in queste condizioni. Sono passati solo pochi attimi di silenzio, poi l’ho sentito dire: “La risposta è semplice: ti sei scoraggiato e hai perso la speranza”.
Ho cominciato a riesaminare la mia vita, deciso a scoprire come avevo potuto perdere una cosa essenziale come la speranza. Mi sono ricordato di alcune delusioni dolorose, risultato di situazioni che si erano risolte in maniera completamente opposta a come avevo “sperato”. Mi avevano lasciato delle cicatrici, facendomi assumere una mentalità estremamente rassegnata. Anche se in un certo senso la rassegnazione può essere una cosa buona, specialmente quando si tratta di accettare completamente la volontà di Dio, la mia rassegnazione era diventata fatalismo. Quando incontravo qualsiasi tipo di difficoltà, l’accettavo automaticamente come se facesse parte della “croce” che dovevo portare per il Signore, senza pregare o sperare che le cose potessero migliorare. Mi dicevo ripetutamente: “Non farti troppe speranze”. Per forza a quel punto ogni giornata era diventata difficile da superare.
In quel momento mi sono venuti in mente alcuni versetti:
“È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore”.[1]
“La speranza insoddisfatta fa languire il cuore”.[2]
“Perché ti abbatti, anima mia? Perché ti agiti in me? Spera in Dio, perché lo celebrerò ancora; egli è il mio salvatore e il mio Dio”.[3]
Mentre mi scorrevano nella mente le parole di questi passi, ho pensato al loro autore, il re Davide. Era indubbiamente uno degli uomini più coraggiosi e valorosi che siano esistiti, tuttavia anche lui ebbe momenti di apparente disperazione, quando il suo coraggio si riduceva al minimo e doveva affrontare l’incalzante domanda: “Dov’è il tuo Dio?”[4] Nonostante questo rifiutò di lasciare che la sua anima fosse sepolta nelle profondità della disperazione o si rassegnasse al fatalismo, perché più volte ripeté a se stesso: “Spera in Dio”. Alla fine raggiunse sempre la vittoria.
I versetti che ho citato sono solo alcuni dei numerosi testi sull’argomento della speranza. Per quanto li conoscessi da una vita, in quel momento mi sembrava di sentirli per la prima volta, mentre il loro significato risuonava in modo chiaro dentro di me. Ho capito in fretta che se mi fossi sforzato di avere un atteggiamento più ottimista e avessi messo da parte il fatalismo, la mia candela avrebbe di nuovo brillato e avrei ritrovato gioia e felicità.
“Ma Signore”, ho detto, “come faccio a trovare un equilibrio tra l’essere troppo speranzoso e il non sperare per niente?”
Mi ha risposto: “Non si tratta di avere troppe speranze, la differenza sta sul cosa le basi ”.
In precedenza avevo basato le mie speranze sui miei programmi, o sul modo in cui volevo che si risolvessero le cose, invece di avere fiducia in Lui per il risultato della sua perfetta volontà in ogni situazione. Facevo conto che, se non avesse risolto le cose a modo mio, non le avrebbe risolte per niente. Questo spiegava perché ero stato così deluso e abbattuto. Ora dovevo imparare ad avere speranza e a provare la sicurezza che Lui avrebbe effettivamente risolto le situazioni che avrei incontrato, anche se probabilmente non sempre nel modo o nel tempo che mi sarei aspettato.
Mi ricorda quell’aneddoto su Mark Twain, che stava uscendo dalla chiesa con un amico in un giorno di pioggia torrenziale. Quando l’amico gli chiese: “Pensi che smetterà?” Twain replicò: “Ha sempre smesso”. Voleva trasmettere al suo amico scoraggiato il messaggio ottimista che anche se forse non avrebbe smesso di piovere tanto in fretta, alla fine l’avrebbe fatto, visto che era sempre successo così. Similmente, per me è stato un sollecito a non perdermi d’animo davanti a problemi e difficoltà prolungate, confidando invece che sarebbero finiti presto.
Mi sento rinnovato e deciso a mettere in pratica questa nuova mentalità di vivere con speranza invece che con fatalismo. Continuo a ricordare a me stesso i versetti che il Signore mi ha riportato alla mente. Anche se all’inizio è stato faticoso abbandonare la vecchia mentalità e accettarne una nuova, i risultati finora ne sono valsi la pena. Sento ritornare la gioia e la felicità, mentre le nuvole scure si allontanano. Non mi sento più destinato a una vita disperata di fatica e sofferenza. Invece, so che nonostante le difficoltà che incontro per la strada, posso trovare incoraggiamento, gioia e speranza nel Signore.
Infine, la mia “speranza” più grande in questo momento è che questo articolo incoraggi chi come me potrebbe aver perso la speranza. Dio vuole che confidiamo nella sua sovranità e che accettiamo la sua volontà, ma non ci chiama a una vita di fatalismo passivo. Siamo chiamati a speranza, gioia e anticipazione eterne in Lui. Forse non sapremo mai come si svolgeranno nella nostra vita i suoi piani, ma possiamo sperare e confidare che sia veramente all’opera e che “fa tutte le cose bene”.[5]
Come dice il vecchio proverbio: “Finché c’è vita c’è speranza”.
Pubblicato sull’Ancora in Inglese il 19 agosto 2015.
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