La storia per mettere fine alle scuse
Marie Story
Quando chiesero a Gesù quale fosse il comandamento più grande nella legge, Egli rispose con unriassunto breve ma potente: “Ama il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, la tua mente e la tua anima, e ama il tuo prossimo” (Matteo 22:36-40). Tuttavia, il termine “prossimo” può essere piuttosto vago e un dottore della legge, forse per giustificarsi, gli chiese: “Ma chi è il mio prossimo?” (Luca 10:25-29).
Gesù rispose con la storia di un viandante in cammino verso Gerico, che cadde in nell’imboscata di alcuni ladri, fu picchiato, derubato e dato per morto. Due persone gli passarono accanto ma non vollero intervenire, trovando una scusa per non fermarsi ad aiutarlo (Luca 10:30-37).
Posso fare delle ipotesi su ciò che ciascuno di questi uomini potrebbe aver pensato mentre passava accanto a quel povero ragazzo sul ciglio della strada.
Il primo è un sacerdote giudeo. Con indosso le sue migliori vesti sinagogali, forse aveva la mente occupata da pensieri arroganti, mentre meditava sulla Legge e si congratulava con se stesso per averla seguita alla lettera.
Forse il sacerdote rimane sorpresoo quando vede l’uomo sanguinante sulla strada. I vestiti dell’uomo sono strappati e sporchi, quindi è difficile stabilire la sua posizione sociale. Non solo lui non si è fermato ad aiutare l’uomo, ma, secondo la parabola, è passato dall’altro lato della strada per evitarlo.
Il sole sale nel cielo e gli avvoltoi iniziano a volteggiare sulla zona. Nella calura del giorno, arriva un levita. Anche lui va di fretta; la sua mente corre mentre pianifica gli affari della giornata a Gerico. Poi si imbatte nel viandante malmenato, che con il caldo del mezzogiorno non ha una cera migliore.
Immediatamente il levita inizia a preoccuparsi che i ladri ritornino; forse teme di essere derubato anche lui. Così anche il levita passa dall’altra parte della strada.
Il povero viandante, debole e morente, sta per perdere la speranza. Passa un’altra ora prima che arrivi un’altra persona. Questa volta, però, il ferito non ha alcuna speranza che si fermi. Vedete, l’uomo che arriva lungo la strada è un samaritano e, secondo la loro cultura, era impensabile che un samaritano aiutasse un giudeo.
I samaritani erano un gruppo razzialmente misto, in parte di origine ebraica e in parte gentile. Avevano una versione propria dei libri di Mosè e un tempio loro sul Monte Gerizim. I samaritani erano disprezzati dal popolo ebraico e i giudei non avevano rapporti con loro. Per questi motivi, il nostro povero viaggiatore giudeo non poteva immaginare che un samaritano potesse anche solo pensare di fermarsi ad aiutarlo, certamente non quando sia un leader della sua fede che un leader della sua comunità non l’avevano fatto.
Anche il samaritano aveva una destinazione e delle cose da fare. Forse la sua famiglia dipendeva dagli affari da sbrigare quel giorno. Forse aveva un appuntamento per il quale doveva essere puntuale.
A pensarci bene, il samaritano aveva la scusa migliore per non fermarsi. Eppure lo fece. Si fermò, curò il ferito e lo trasportò con il suo asino alla locanda più vicina, dove poteva essere curato fino a che fosse guarito. Ma andò oltre. Tolse dal borsellino due monete d’argento e pagò l’oste per le cure del ferito, poi disse: “Se non basta, pagherò il resto sulla via del ritorno”.
Il samaritano scelse di “amare il prossimo” anche quando era difficile o scomodo, o quando gli costava qualcosa personalmente. In questo caso, il suo prossimo era tecnicamente il suo nemico. Scelse di “amare il suo nemico, fare del bene e prestare, senza aspettarsi nulla in cambio” (Luca 6:35). Guardò al di là delle differenze inconciliabili tra i loro popoli e si rese disponibile ad aiutare un uomo in difficoltà. Amò nonostante tutto.
“Benedisse quelli che lo maledicevano” (Luca 6:28). Scelse di ignorare le offese e le parole scortesi e amò nonostante tutto.
“Fece del bene a coloro che lo avevano maltrattato” (Matteo 5:44). Nonostante fosse trattato con ostilità, nonostante fosse disprezzato e guardato dall’alto in basso, amò comunque. E Gesù disse che, così facendo, “la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo” (Luca 6:35).
Questa storia ci presenta una sfida oggi. Faremmo lo stesso?
Può essere facile sentirsi giustificati nel non amare qualcuno o non considerarlo il nostro prossimo. Possiamo pensare che abbiamo solo quel tanto di amore da dare e che è troppo chiedere di assumerci il peso di amare qualcuno al di fuori della nostra famiglia, del nostro gruppo di amici o della cerchia di persone di cui ci sentiamo responsabili.
Raccontando questa storia, Gesù ha sostanzialmente eliminato tutte le scuse che potremmo addurre per non amare e aiutare gli altri. Ci stava dicendo che il nostro prossimo non è solo la persona che vive accanto a noi, ma è chiunque incontriamo che abbia bisogno.
Gesù non diceva: “Ama il tuo prossimo, ma solo se è della tua stessa idea”. Non diceva: “Ama il tuo prossimo, ma solo se appartiene al tuo gruppo, alla tua nazionalità e al tuo contesto religioso”. Non diceva: “Ama il tuo prossimo solo se rientra nella tua cerchia di amici e se sarebbe accettabile farlo”.
“Ama il tuo prossimo”, dice Gesù. Senza eccezioni. Senza “se”, senza scuse.
Ci diceva di amare al di là delle difficoltà della vita e degli inconvenienti del fermarsi ad aiutare una persona bisognosa. Ci viene chiesto di amare anche se siamo stati feriti o maltrattati, perché è così che Lui ama. E l’unico modo per amare come Gesù ama è avere in noi il suo amore e il suo Spirito Santo.
Gesù ci dà il suo amore gratuitamente e vuole che ogni persona riceva il suo dono della salvezza ed entri nel regno di Dio (Giovanni 3:16). Ha amato così tanto ciascuno di noi da dare la vita per la nostra salvezza e per il perdono dei nostri peccati. Non si aspetta la perfezione e non ci nega il suo amore quando non lo meritiamo. Ci perdona ogni volta che falliamo e manchiamo il bersaglio e continua ad amarci nonostante tutto. Come abbiamo ricevuto gratuitamente l’amore di Gesù, così dobbiamo condividere gratuitamente con gli altri il suo amore e la sua verità (Matteo 10:8).
Adattato da un podcast di Just1Thing, un sito cristiano per la formazione dei giovani. Ripubblicato sull’Ancora in inglese il 5 febbraio 2025.
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