I regali di Natale
Compilazione
Ciò che Dio ci ha dato a Natale non è soltanto suo Figlio. Ci ha dato una Verità, una Verità che ci trasforma quando l’accettiamo. Ciò che Dio ci ha dato a Natale è una vita completamente nuova.
Nel primo capitolo di Luca, Elisabetta dice “Beata è colei che ha creduto che quanto le è stato detto da parte del Signore avrà compimento”. Ciò che Elisabetta dice a Maria – e a noi – è: “Se credi veramente a quello che l’angelo ti ha detto riguardo a questo bambino, se l’accetti, sarai benedetta”.
La nostra parola “benedetta”, però, è così moscia e inconsistente. La usiamo a volte per dire qualcosa come “ispirata”. Nell’ebraico e nel greco della Scritture, invece, la parola usata per dire benedetto ha un significato molto più profondo. Essere benedetti ti riporta a una piena shalom, a una piena funzione umana; ti rende tutto ciò che Dio voleva che tu fossi. Essere benedetti vuol dire essere fortificati e risanati in ognuna delle nostre capacità umane, essere completamente trasformati.
Ciò che Elisabetta dice a Maria, ciò che Luca dice a noi, è: “Credi che questa splendida idea dell’incarnazione diventerà effettivamente realtà? Se ci credi, e se la poni al centro della tua vita, sei benedetta, trasformata, cambiata completamente”. […]
Se credi nel Natale – se credi che Dio è diventato un essere umano – hai una capacità di affrontare la sofferenza, una risorsa contro la sofferenza, che altri non hanno. Nessun’altra religione – secolarismo, paganesimo greco-romano, religioni orientali, giudaismo o Islam – crede che Dio sia diventato fragile, che abbia sofferto o abbia avuto un corpo. Le religioni orientali credono che il mondo materiale sia un’illusione. I greci e i romani credono che il mondo fisico sia un male. Giudaismo e Islam non credono che Dio farebbe una cosa come vivere nella carne.
Il Natale invece insegna che Dio non si preoccupa solo dello spirito, perché non è più solo uno spirito, ha un corpo. Sa cosa vuol dire essere povero, essere un profugo, subire persecuzione e soffrire la fame, essere picchiato e pugnalato. Sa cosa vuol dire essere morto. Per questo, quando mettiamo insieme l’incarnazione e la risurrezione, vediamo che Dio non si preoccupa solo dello spirito, ma anche del corpo. Ha creato lo spirito e il corpo e salverà entrambi.
Natale ci mostra che Dio non si preoccupa solo dei problemi spirituali, ma anche di quelli materiali. Per questo possiamo parlare allo stesso tempo di salvare le persone dalla colpa e dall’incredulità, ma anche di costruire strade sicure e alloggi abbordabili per i poveri. […] Natale ci fa smettere di pensare che siamo meglio degli altri, perché ci dice che non riusciremo mai ad arrivare in cielo da soli. Dio è dovuto scendere da noi. —Timothy Keller1
Per amor nostro è diventato povero
È qui, in ciò che è successo il primo Natale, che giace la profondità più grande e insondabile della rivelazione cristiana. “La Parola è diventata carne” (Giovanni 1:14); Dio è diventato uomo; il Figlio di Dio è diventato ebreo; l’Onnipotente è apparso sulla terra come bambino indifeso, capace solo di stare sdraiato, fissare attorno, agitarsi e fare rumore. Con il bisogno di essere nutrito e cambiato, di imparare a parlare come qualsiasi altro bambino. Non c’era illusione o inganno in questo; l’infanzia del Figlio di Dio era una realtà. Più ci pensi, più rimani sbalordito. In nessun romanzo c’è qualcosa di così fantastico come questa verità dell’incarnazione. […]
È stato un grande gesto di umiltà e semplicità. “Pur avendo natura divina”, scrive Paolo, “non si aggrappò alle sue prerogative di essere come Dio, ma si privò di ogni privilegio assumendo una condizione di servo e diventando simile agli uomini. Apparso in forma umana, Eglisi umiliò talmente da ubbidire fino al punto di morire sulla croce come un criminale” (Filippesi 2:6). E tutto questo è successo per la nostra salvezza. […]
Il fatto che il Figlio di Dio si sia spogliato di ogni privilegio e sia diventato povero ha significato un accantonamento della sua gloria; una limitazione volontaria della sua potenza; un’accettazione di difficoltà, isolamento, maltrattamenti, cattiverie e incomprensioni; e, da ultimo, una morte che comportò una tale agonia – spirituale, ancor più che fisica – che la sua mente quasi crollò. Ha significato un amore estremo per un’umanità detestabile, affinché “mediante la sua povertà, voi poteste diventar ricchi” (2 Corinzi 8:9).
Questo messaggio di Natale è che esiste una speranza per un’umanità rovinata – una speranza di perdono, di pace con Dio, di gloria – perché, per volontà di suo Padre, Gesù è diventato povero ed è nato in una stalla, per poter finire sulla croce trent’anni dopo. È il messaggio più meraviglioso che il mondo abbia mai udito o mai udrà. […]
Perché lo spirito del Natale è lo spirito di quelli che, come il loro Maestro, vivono la loro intera vita basandosi sul principio di farsi poveri – dando se stessi – per arricchire il loro prossimo, dedicando tempo, sforzi, attenzioni e preoccupazioni a fare del bene agli altri (e non solo ai loro amici) in qualunque modo sembri necessario.
“Voi conoscete la grazia del nostro Signore Gesù Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventar ricchi” (2 Corinzi 8:9). “Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù” (Filippesi 2:5). —J. I. Packer2
Il dono della salvezza
Al cuore del cristianesimo c’è che Gesù è Dio. È la fede in questo che fa di una persona un cristiano. Se Lui non fosse Dio, allora al cuore della nostra fede non ci sarebbe niente ed essa sarebbe infondata. Gesù affermò di essere Dio. I suoi discepoli ci credettero, lo predicarono e cominciarono il movimento cristiano che è durato per oltre duemila anni, un movimento che attualmente consiste di oltre due miliardi di persone che credono in questa verità fondamentale.
Il Nuovo Testamento dichiara che Gesù esistette prima di ogni altra cosa, che tutte le cose furono create da Lui, che entrò nella sua creazione facendosi uomo, che perdona i peccati, che mediante la sua morte e la sua resurrezione ci ha portato la salvezza e la vittoria sulla morte. I suoi miracoli indicano tutti la sua divinità, come d’altronde fa il suo rapporto unico con il Padre. I suoi insegnamenti la suggeriscono e l’affermazione del suo potere di giudizio sull’umanità la attestano.
Una delle svolte decisive nel ministero di Gesù fu quando i suoi seguaci cominciarono a capire chi era veramente.
Poi Gesù, giunto dalle parti di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dicono gli uomini che Io, il Figlio dell'uomo, sia?». Ed essi dissero: «Alcuni, Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia, o uno dei profeti». Egli disse loro: «E voi, chi dite che Io sia?». E Simon Pietro, rispondendo, disse: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù, rispondendo, gli disse: «Tu sei beato, o Simone, figlio di Giona, perché né la carne né il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli.28
Come Pietro, noi possiamo fare la stessa dichiarazione di fede, che Gesù è il Figlio del Dio vivente. Non solo, sappiamo anche che è Dio. Questo è un insegnamento cristiano di base, in cui tutti i veri cristiani credono. Poiché LUI è Dio, è l’Acqua della Vita, la Luce del Mondo, il Pane disceso dal Cielo, la Resurrezione e la Vita, Colui che perdona i peccati e concede la vita eterna a tutti quelli che lo ricevono. Il risultato della sua vita, della sua morte e della sua resurrezione è il prezioso dono divino: la salvezza. —Peter Amsterdam
La promessa dei cristiani
Di qua dell’eternità, Natale è ancora una promessa. Sì, il Salvatore è arrivato e con Lui è arrivata la pace sulla terra, ma la storia non è finita. Sì, c’è pace nei nostri cuori, ma desideriamo profondamente la pace nel nostro mondo.
Ogni Natale rappresenta soltanto un’altra pagina prima del ritorno di Gesù. Ogni 25 dicembre segna un altro anno che ci porta più vicini all’adempimento dei tempi, che ci porta più vicini a casa.
Quando ci rendiamo conto che Gesù è la risposta ai nostri desideri più profondi, perfino a quelli di Natale, ogni Avvento ci porta più vicino al suo glorioso ritorno sulla terra. Quando lo vediamo per quello che è, il Re dei re e Signore dei signori, quello sarà un vero “Natale”! […]
Stiamo in punta di piedi sulla soglia dell’eternità, pronti a entrare nel nuovo cielo e nella nuova terra. Non ne vedo l’ora. Non vedo l’ora di cantare “Adeste, fideles”, venite o fedeli, riunita con amici e parenti per adorare il Signore in cielo. Non vedo l’ora di regalargli la mia fede purificata, le “ricchezze della gloria della sua eredità che ci riserva tra i santi” (Efesini 1:18).
In ginocchio, insieme a re e pastori, lo loderemo e canteremo “Gloria a Dio nel più alto dei cieli” (Luca 2:14). E per l’eternità seguiremo Colui che è “la lucente stella del mattino” (Apocalisse 22:16). —Joni Eareckson Tada3
Pubblicato originariamente sull’Ancora in inglese il 19 dicembre 2022.
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