Elena Sichrovsky
“Se Dio mi ama così tanto, perché ha portato via Charlie?” Potevo capire il dolore contenuto nella domanda di quella quattordicenne, Rosanna. Quando era bambina, la sua sorella maggiore era stata rapita e uccisa; adesso, pochi mesi fa, il suo fratello più grande era stato investito e ucciso da un treno. Emotivamente e psicologicamente a pezzi, era soffocata dal peso enorme del suo lutto. “Dio può controllare tutto. Dio può lasciar succedere qualsiasi cosa. Può fare quello che vuole, dato che in apparenza è così onnipotente. È Dio, ma non l’ha impedito!” – ha continuato.
Le ho spiegato che, anche se Dio è onnipotente, non può impedire al male di succedere, perché costringendo gli esseri umani a fare le cose giuste toglierebbe loro la libertà di scelta. Dio non è l’autore del male, ma dotandoci di libero arbitrio ci ha dato l’opportunità di scegliere l’amore o l’odio, il bene o il male.
A volte, però, stanchi di un mondo tormentato da omicidi, affamato dalle carestie e devastato dalle guerre, ci chiediamo come sarebbe se non fossero mai esistite rabbia e crudeltà, se fosse possibile non ferirci o maltrattarci più a vicenda. Il sogno di un mondo perfetto giace nel retro della nostra mente mentre lottiamo tra le lacrime e le difficoltà quotidiane.
C’è un film del 2014, The Giver – il mondo di Jonas, basato su un romanzo del 1993 di Lois Lowry, che illustra quel mondo immacolato, in cui “serenità” è la parola più adatta per descrivere l’ordine e l’equilibrio di un mondo privo di colore. Sì, perfino i colori dell’arcobaleno sono stati rimossi per evitare il caos e il conflitto in una società in bianco e nero costituita da unità familiari accuratamente pianificate, in un clima perennemente immutabile.
Come il Donatore (Jeff Bridges) spiega a Jonas (Brenton Thwaites), non nevica più perché la neve implica un cambiamento di clima, che può causare danni ai raccolti, la cui perdita causa la fame, che precede la carestia, un fenomeno inaudito in questa nuova epoca di pace e uguaglianza utopiche. La malattia è sostituita da forza e salute; gli anziani e i neonati deboli sono tranquillamente eliminati e mandati nell’“Altrove” mediante un’iniezione indolore applicata dai medici in maniera così priva di emozioni che quasi non si vede sul loro viso l’effetto della morte.
Il Donatore è l’unica persona che mantiene ricordi e informazioni di un’epoca passata in cui chiazze di verde, blu e rosso coprivano una terra fatta di dolci colline e onde marine violente; in cui la gente rideva, ballava, cantava, ma anche lottava, gridava, uccideva e si faceva del male a vicenda. Jonas riceve l’incarico di essere il successivo Custode della memoria e farsi passare tutti questi dati dal Donatore, per conservare i ricordi per le generazioni future, in caso di emergenza o per elargire eventuali consigli.
Il Donatore comincia a trasmettergli ricordi di un mondo passato – colori vivaci, ritmi pulsanti, onde violente, colline sinuose, note armoniose ed emozioni vorticose – tutte cose completamente estranee e sconosciute a Jonas. Lentamente Jonas comincia a provare il gusto di cose totalmente nuove: emozioni più profonde delle semplici sensazioni provate finora. “Quello che provi per un’altra persona non può essere spiegato dalla mente e non puoi farlo sparire. Amore. Si chiama amore”, spiega il Donatore.
Rendendosi conto di ciò di cui tutti sono stati privati, Jonas mette in dubbio le regole stabilite, esclamando: “Se non puoi sentire, che senso ha?” Il Donatore spiega: “Hanno creato uguaglianza. Se fossimo diversi, potremmo essere invidiosi, arrabbiati, o consumati dall’odio”. Jonas poi impara ciò che succede quando gli esseri umani sono privi di redini: guerra, omicidio, morte e dolore. Inorridito e scioccato, si sforza di capire, mentre il Donatore gli spiega: “Tutto è collegato. Tutto è in equilibrio. Dove c’è il bene, c’è anche il male”.
Jonas ha l’opportunità di superare la barriera dei ricordi e reintrodurre colori, emozioni e libertà nella sua società sterilizzata, ma insieme alla bellezza arriverebbe anche il lato brutto, offensivo e malvagio della natura umana.
Se tu potessi, cosa sceglieresti? Quale voce ti parlerebbe più forte: quella del Capo Anziano, che ripete fermamente che “quando le persone sono libere di scegliere, scelgono sempre il male”? O quella del Donatore, che dice: “Se tu solo potessi vedere con la possibilità dell’amore. Con l’amore viene la speranza, con l’amore viene la fede”?
E se tu potessi creare un mondo tuo? Se tu fossi Dio e potessi creare un ambiente migliore? “Prova a creare l’utopia”, è la sfida che Peter Kreeft lancia nel libro di Lee Strobel Il Caso Gesù. “Ma devi pensare alle conseguenze di tutto ciò che provi a migliorare. Ogni volta che usi la forza per impedire il male, togli la libertà. Per eliminare tutto il male, devi togliere tutta la libertà e ridurre le persone a delle marionette. Ciò vorrebbe dire che non avrebbero la capacità di scegliere liberamente d’amare”.
Se cerchiamo d’imporre la perfezione, credo che porterà solo alla deumanizzazione, a una semplice ombra della vita abbondante che Dio ci ha dato. Una vita che scoppia di varietà, con varie sfumature di personalità e stile, l’intera gamma delle emozioni, la diversità del paesaggio e tanto altro. Sì, ciò significa che dovremo fare i conti anche con il male, la crudeltà e il dolore; ma vedete, Dio non ci lascia privi di aiuto. Non ci lascia semplicemente subire le conseguenze delle decisioni sbagliate, nostre o di altri.
Nel suo amore che tutto avvolge, ci ha mandato la speranza sotto forma di suo Figlio Gesù. Giovanni 10,10 ci rivela un’affermazione cruciale di Gesù: “Io sono venuto affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. La morte di Cristo ha spezzato il potere della morsa del peccato sulla nostra vita e ci ha portato l’aria rinfrescante della vita eterna. Se scegliamo di avere Gesù nella nostra vita, possiamo superare le zone di turbolenza e uscirne più forti, con una maggiore profondità di carattere. Possiamo scegliere la strada giusta dell’amore e della pazienza anche quando la nostra natura umana ci spinge dall’altra parte. Possiamo aprire gli occhi con una fede più grande, per vedere le belle possibilità che il mondo ci offre se siamo disposti a condividerle con gli altri.
E soprattutto, ho detto a Rosanna, abbiamo un Amico e un Salvatore che sta al nostro fianco in ogni momento. Come dice Peter Kreeft: “La risposta alla sofferenza non è una risposta qualsiasi. È Colui che risponde”. Lentamente lei ha cominciato a capire che, come dice Paul Claudel, “Cristo non è venuto per eliminare la sofferenza… è venuto per riempirla con la sua presenza”.
Grazie a Gesù, che cammina con noi a ogni passo di questo viaggio eccitante ma difficile, possiamo goderci la vita abbondante che ci ha promesso nelle Scritture. Abbiamo la possibilità di sceglierla oggi e di vivere in vera libertà.
Pubblicato sull’Ancora in Inglese il 25 febbraio 2015.
Elena Sichrovsky
“Se Dio mi ama così tanto, perché ha portato via Charlie?” Potevo capire il dolore contenuto nella domanda di quella quattordicenne, Rosanna. Quando era bambina, la sua sorella maggiore era stata rapita e uccisa; adesso, pochi mesi fa, il suo fratello più grande era stato investito e ucciso da un treno. Emotivamente e psicologicamente a pezzi, era soffocata dal peso enorme del suo lutto. “Dio può controllare tutto. Dio può lasciar succedere qualsiasi cosa. Può fare quello che vuole, dato che in apparenza è così onnipotente. È Dio, ma non l’ha impedito!” – ha continuato.
Le ho spiegato che, anche se Dio è onnipotente, non può impedire al male di succedere, perché costringendo gli esseri umani a fare le cose giuste toglierebbe loro la libertà di scelta. Dio non è l’autore del male, ma dotandoci di libero arbitrio ci ha dato l’opportunità di scegliere l’amore o l’odio, il bene o il male.
A volte, però, stanchi di un mondo tormentato da omicidi, affamato dalle carestie e devastato dalle guerre, ci chiediamo come sarebbe se non fossero mai esistite rabbia e crudeltà, se fosse possibile non ferirci o maltrattarci più a vicenda. Il sogno di un mondo perfetto giace nel retro della nostra mente mentre lottiamo tra le lacrime e le difficoltà quotidiane.
C’è un film del 2014, The Giver – il mondo di Jonas, basato su un romanzo del 1993 di Lois Lowry, che illustra quel mondo immacolato, in cui “serenità” è la parola più adatta per descrivere l’ordine e l’equilibrio di un mondo privo di colore. Sì, perfino i colori dell’arcobaleno sono stati rimossi per evitare il caos e il conflitto in una società in bianco e nero costituita da unità familiari accuratamente pianificate, in un clima perennemente immutabile.
Come il Donatore (Jeff Bridges) spiega a Jonas (Brenton Thwaites), non nevica più perché la neve implica un cambiamento di clima, che può causare danni ai raccolti, la cui perdita causa la fame, che precede la carestia, un fenomeno inaudito in questa nuova epoca di pace e uguaglianza utopiche. La malattia è sostituita da forza e salute; gli anziani e i neonati deboli sono tranquillamente eliminati e mandati nell’“Altrove” mediante un’iniezione indolore applicata dai medici in maniera così priva di emozioni che quasi non si vede sul loro viso l’effetto della morte.
Il Donatore è l’unica persona che mantiene ricordi e informazioni di un’epoca passata in cui chiazze di verde, blu e rosso coprivano una terra fatta di dolci colline e onde marine violente; in cui la gente rideva, ballava, cantava, ma anche lottava, gridava, uccideva e si faceva del male a vicenda. Jonas riceve l’incarico di essere il successivo Custode della memoria e farsi passare tutti questi dati dal Donatore, per conservare i ricordi per le generazioni future, in caso di emergenza o per elargire eventuali consigli.
Il Donatore comincia a trasmettergli ricordi di un mondo passato – colori vivaci, ritmi pulsanti, onde violente, colline sinuose, note armoniose ed emozioni vorticose – tutte cose completamente estranee e sconosciute a Jonas. Lentamente Jonas comincia a provare il gusto di cose totalmente nuove: emozioni più profonde delle semplici sensazioni provate finora. “Quello che provi per un’altra persona non può essere spiegato dalla mente e non puoi farlo sparire. Amore. Si chiama amore”, spiega il Donatore.
Rendendosi conto di ciò di cui tutti sono stati privati, Jonas mette in dubbio le regole stabilite, esclamando: “Se non puoi sentire, che senso ha?” Il Donatore spiega: “Hanno creato uguaglianza. Se fossimo diversi, potremmo essere invidiosi, arrabbiati, o consumati dall’odio”. Jonas poi impara ciò che succede quando gli esseri umani sono privi di redini: guerra, omicidio, morte e dolore. Inorridito e scioccato, si sforza di capire, mentre il Donatore gli spiega: “Tutto è collegato. Tutto è in equilibrio. Dove c’è il bene, c’è anche il male”.
Jonas ha l’opportunità di superare la barriera dei ricordi e reintrodurre colori, emozioni e libertà nella sua società sterilizzata, ma insieme alla bellezza arriverebbe anche il lato brutto, offensivo e malvagio della natura umana.
Se tu potessi, cosa sceglieresti? Quale voce ti parlerebbe più forte: quella del Capo Anziano, che ripete fermamente che “quando le persone sono libere di scegliere, scelgono sempre il male”? O quella del Donatore, che dice: “Se tu solo potessi vedere con la possibilità dell’amore. Con l’amore viene la speranza, con l’amore viene la fede”?
E se tu potessi creare un mondo tuo? Se tu fossi Dio e potessi creare un ambiente migliore? “Prova a creare l’utopia”, è la sfida che Peter Kreeft lancia nel libro di Lee Strobel Il Caso Gesù. “Ma devi pensare alle conseguenze di tutto ciò che provi a migliorare. Ogni volta che usi la forza per impedire il male, togli la libertà. Per eliminare tutto il male, devi togliere tutta la libertà e ridurre le persone a delle marionette. Ciò vorrebbe dire che non avrebbero la capacità di scegliere liberamente d’amare”.
Se cerchiamo d’imporre la perfezione, credo che porterà solo alla deumanizzazione, a una semplice ombra della vita abbondante che Dio ci ha dato. Una vita che scoppia di varietà, con varie sfumature di personalità e stile, l’intera gamma delle emozioni, la diversità del paesaggio e tanto altro. Sì, ciò significa che dovremo fare i conti anche con il male, la crudeltà e il dolore; ma vedete, Dio non ci lascia privi di aiuto. Non ci lascia semplicemente subire le conseguenze delle decisioni sbagliate, nostre o di altri.
Nel suo amore che tutto avvolge, ci ha mandato la speranza sotto forma di suo Figlio Gesù. Giovanni 10,10 ci rivela un’affermazione cruciale di Gesù: “Io sono venuto affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. La morte di Cristo ha spezzato il potere della morsa del peccato sulla nostra vita e ci ha portato l’aria rinfrescante della vita eterna. Se scegliamo di avere Gesù nella nostra vita, possiamo superare le zone di turbolenza e uscirne più forti, con una maggiore profondità di carattere. Possiamo scegliere la strada giusta dell’amore e della pazienza anche quando la nostra natura umana ci spinge dall’altra parte. Possiamo aprire gli occhi con una fede più grande, per vedere le belle possibilità che il mondo ci offre se siamo disposti a condividerle con gli altri.
E soprattutto, ho detto a Rosanna, abbiamo un Amico e un Salvatore che sta al nostro fianco in ogni momento. Come dice Peter Kreeft: “La risposta alla sofferenza non è una risposta qualsiasi. È Colui che risponde”. Lentamente lei ha cominciato a capire che, come dice Paul Claudel, “Cristo non è venuto per eliminare la sofferenza… è venuto per riempirla con la sua presenza”.
Grazie a Gesù, che cammina con noi a ogni passo di questo viaggio eccitante ma difficile, possiamo goderci la vita abbondante che ci ha promesso nelle Scritture. Abbiamo la possibilità di sceglierla oggi e di vivere in vera libertà.
Pubblicato sull’Ancora in Inglese il 25 febbraio 2015.