Scavare in profondità: una storia di buona amministrazione

Maggio 5, 2015

Paul Miller

[Carving Down, Carving Deep]

Crescere in cima a una montagna mi garantiva boschi da esplorare, ma per trovare dell’acqua dovevo scendere. Dopo una pioggia di primavera, seguivo il corso dell’acqua caduta finché arrivavo al torrente, dove scoprivo cascate e laghetti. Ancora più in basso notavo che il volume dell’acqua era aumentato, creando rapide e scavando le pareti ai bordi del torrente, come un canyon formato nel tempo, finché si allargava e rallentava pacificamente.

Niente di eccezionale, là dove vivevo, ma il passaggio del tempo era ovvio.

La vocazione è simile a questo. A volte il nostro lavoro si muove in fretta ed è eccitante. Ci sono cascate e rapide. La maggior parte delle volte, succede lentamente, come l’acqua cerca opportunità di scorrere, con scarso effetto apparente, scavando giù, in profondità.

Il mio percorso professionale può servire da esempio. Mentre mi preparavo alla laurea, riflettevo sulla possibilità di tornare a casa e trovare un lavoro, oppure seguire alcuni dei miei compagni di corso e dedicarmi a un ministero all’interno del campus. Scelsi quest’ultima possibilità. Avevo poche idee di chi fossi e del motivo per cui stessi seguendo quella strada, ma, come per il torrente, sembrava la via più facile.

Dopo cinque anni di ministero a tempo pieno all’università (e più difficoltà di quanto avessi immaginato), avevo svolto ruoli diversi, tra i quali quello di cappellano di una squadra di Ultimate Frisbee, tecnico in una chiesa, predicatore, filosofo, consigliere laico, amico, capomastro e direttore del culto. Tutto questo mi portò in seminario? No, ma trascorsi un periodo in un campeggio e la mia vita cambiò per sempre.

Gli alti e bassi di una buona amministrazione

All’inizio, la ricerca di un modo per trasformare una vacanza in campeggio in una carriera di “formazione esperienziale all’aperto” (outdoor leadership) fu piuttosto scoraggiante. Non offre molti avanzamenti di carriera e molti pensano che dirigere un corso di esperienze formative all’aperto per l’università sia un livello poco più alto del fare assistente in un campeggio per ragazzi (che in realtà è una chiamata importante; basta pensare ai tantissimi ragazzi che ne hanno tratto vantaggio).

Tuttavia ci andai. Nonostante amici e familiari mi chiamassero pazzo, me ne andai con mia moglie e il nostro figlio di tre mesi dall’altra parte del paese, a frequentare un corso master in un campo che pochi istruttori di outdoor seguono: Amministrazione universitaria. Volevo sviluppare il mio interesse sia per l’ambiente naturale sia per l’ambiente universitario in cui speravo di lavorare. Dopo due anni di avventure, riuscii a fare quello che avevo deciso; divenni direttore di programma.

Questo ruolo mi offre l’opportunità di mettere in contatto degli studenti universitari di città con la vita all’aria aperta e gli uni con gli altri all’interno del gruppo. Li aiuto a comprendere come questi contatti possono essere positivi o negativi. Ma anche se il programma è cresciuto bene, l’entusiasmo sta già passando. Mi mancano le aspirazioni che avevo prima della specializzazione. Il torrente aveva rallentato e aveva cominciato a formare dei laghetti.

Per esempio, una parte del nostro programma di esperienze formative all’aperto consiste nell’insegnare e mettere in pratica l’etica del “Non Lasciare Tracce”. Agli inizi stavo molto attento a ciò che facevo, come a posare i piedi attentamente per non schiacciare una felce. Dopo tredici anni, questo punto etico mi sta più a cuore, ma non è più così tanto divertente. Sono passati i tempi in cui ero orgoglioso di come potevo camminare fuori dal sentiero in maniera tortuosa – una pratica usata per evitare di formare una traccia che altri potrebbero seguire. Non sono più così fanatico da bere il risciacquo dei piatti – una pratica (decisamente disgustosa) per impedire agli animali di imparare a dipendere dai resti degli alimenti lasciati in giro. Adesso voglio semplicemente arrivare a destinazione sprecando meno energia possibile.

Le forme che Dio ha creato

È difficile rimanere pazienti quando la nostra cultura ci dice di fare progressi eccitanti. Le nostre istituzioni e i nostri compagni ci dicono: “Vivi alla grande!” “Fai grandi sogni!” “Continua a cercare il successo finanziario!” Sono obiettivi che mi tentano. Per me, si tratterebbe di un dottorato. Per voi potrebbe essere qualcosa di diverso. Ma ci troviamo tutti davanti alla stessa scelta: potere, piacere e prestigio; oppure fedeltà a Dio, succeda quel che succeda. Nel decidere di rimanere fermi abbiamo le stesse possibilità di crescita di quando corriamo liberi e veloci – soltanto in maniera diversa.

L’acqua è una metafora appropriata. Molti cercano le cascate e le rapide eccitanti. Ma cosa succede se invece ti ritrovi in un laghetto fermo? Quando la vita e il lavoro diventano noiosi, cado facilmente nella tentazione di cercare qualcosa di nuovo. È allora che devo voltarmi e guardare indietro, verso monte. Esamino la roccia rimasta là e mi chiedo: “Che forme hanno scavato le mie decisioni? Dove ho causato delle erosioni? Mi trovo meglio negli strapiombi eccitanti o nei laghetti fermi, come adesso?” Osservo anche gli altri torrenti che confluiscono nel mio e rifletto su come il mio canyon è collegato ad altri.

Lasciate che le curve e gli andirivieni v’incoraggino. Sentitevi a posto con i punti calmi e pacifici. Dio è fedele sia che corriamo o restiamo lì, perché entrambe le esperienze danno forma a noi stessi e alle nostre comunità. Lui è sempre all’opera e costruisce il suo regno a prescindere da dove ci troviamo nel nostro percorso.

Scavando giù, in profondità.

Da http://www.thehighcalling.org/young-professionals/carving-down-carving-deep-tale-stewardship, © 2001 - 2011 H. E. Butt Foundation. Tutti i diritti riservati. Ristampato per gentile concessione di Laity Lodge eTheHighCalling.org. Articolo di Paul Miller.

Pubblicato sull’Ancora in Inglese il 13 febbraio 2015.

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