Rotture che ci formano

Gennaio 21, 2015

David Brandt Berg

Dio ha scelto le cose stolte, le cose deboli e le cose spregevoli, affinché nessuna carne si glori alla sua presenza. —1 Corinzi 1,25-29

È quasi infinita la lista di tutti gli uomini della Bibbia che Dio dovette umiliare prima di poterli usare, di tutti i leader che Dio dovette trascinare in basso prima che potessero sopportare di essere esaltati — perché non prendessero il merito per se stessi invece di dare la gloria a Dio.

Guardate Giuseppe. Dei dodici figli di Giacobbe, era il preferito. I suoi fratelli più grandi alla fine si ingelosirono così tanto che quasi lo uccisero, lo buttarono in una fossa e poi lo vendettero in schiavitù. Il Signore però usò la situazione per renderlo umile. Giuseppe fu uno schiavo e un carcerato, e fu condannato come criminale prima che Dio potesse esaltarlo e farlo diventare il salvatore del suo popolo.[1]

 E guardate Mosè. Dopo quarant’anni di formazione alla corte del faraone, veniva subito dopo l’uomo più potente nel grande impero mondiale dell’antico Egitto. La Bibbia dice che fu “istruito in tutta la sapienza degli Egiziani”,[2] ma Dio non poteva ancora usarlo per guidare il suo popolo alla libertà, perché era pieno delle vie del mondo e non di quelle di Dio. Mosè dovette prima essere rotto. Così Dio lo costrinse a fuggire dal faraone e a passare quarant’anni nel deserto, senza fare altro che curare le pecore, finché non fu abbastanza rotto e umile da poterlo usare per il grande compito a cui lo aveva destinato.[3]

Considerate Re Davide, il re più grande che Israele abbia avuto. S’innamorò di Bathsheba, fece uccidere suo marito Uria in battaglia, poi cercò di mentire e coprire l’intera faccenda. Dio dovette smascherarlo completamente, umiliarlo e giudicarlo severamente. E ben presto lui fu scacciato dal trono per il tradimento di suo figlio Assalone.[4]

Ma la caduta di Davide lo portò in basso, o piuttosto verso l’alto? La via di Dio per salire è verso il basso a volte — anzi, di solito! — proprio l’opposto di quello che pensiamo. Davide fu umiliato, tutto il regno fu umiliato e tutti dovettero ricordarsi che era soltanto Dio che li rendeva grandi. E da quel torcere e strizzare della vita di Davide uscì il dolce miele dei Salmi e la fragranza delle sue lodi al Signore per la sua misericordia — una lezione che fin d’allora ha incoraggiato altri peccatori come me e come voi.

Il grande, coraggioso e potente profeta Elia fu capace di invocare il fuoco dal cielo per confondere i falsi profeti di Baal e dimostrare di avere ragione;[5] ma dopo aver ucciso centinaia di falsi profeti, si fece prendere dal panico e fuggì davanti a una piccola donna, la malvagia regina Iezebel. Nascosto nel deserto, si sentì così scoraggiato da desiderare la morte; ma nel momento della disperazione questo profeta del fuoco e del tuono divenne un piccolo uomo mansueto che imparò ad ascoltare il dolce sussurro della voce di Dio. Divenne uno strumento nelle mani del Signore, molto migliore e più umile, un profeta che ritornò coraggiosamente ad affrontare, non solo la regina, ma anche il re e tutti i suoi soldati.[6]

E guardate l’apostolo Pietro. Era così orgoglioso e fiducioso di sé che giurò a Gesù: “Anche se tutti gli altri ti abbandoneranno, io sono pronto ad andare con Te in prigione e alla morte”.[7] Ma solo qualche ora dopo, quando Gesù fu catturato dalle guardie del tempio e trascinato davanti al tribunale religioso dei Giudei, alcune persone all’esterno dell’edificio riconobbero Pietro e lo additarono come uno sei seguaci di Gesù. Pietro negò energicamente anche solo di conoscerlo, imprecando e giurando che non aveva idea di cosa stessero parlando.[8]

Mentre rinnegava il Signore per la terza volta, Gesù, che i suoi catturatori stavano trascinando in un’altra parte dell’edificio, si voltò e lo guardò. Pietro si ricordò improvvisamente che aveva giurato di non rinnegarlo. La Bibbia ci racconta che allora Pietro “uscì fuori e pianse amaramente”.[9] Quella fu la fine del servizio di Pietro per il Signore? No! Poco dopo questa sconfitta umiliante, questo grande fallimento, questa rottura del suo orgoglio, il Signore lo unse e lo fece diventare il leader della prima chiesa.

Considerate poi il grande apostolo Paolo. Era stato un insigne leader giudeo, il rabbino Saul, e si era preso la briga di mettere personalmente fine alla rapida crescita della setta dei seguaci di Gesù di Nazareth. Mentre era in viaggio per Damasco, dove intendeva catturare, imprigionare e giustiziare tutti i cristiani che avrebbe trovato, Dio dovette letteralmente sbatterlo giù dal cavallo e accecarlo con la luce sfavillante della sua presenza. Tremante, inerme e cieco, questo rabbino così orgoglioso dovette essere guidato in città per mano, così sbigottito che non fu un grado di mangiare né bere per tre giorni interi. Poi un discepolo del Signore andò a portargli il messaggio di Dio e a pregare per i suoi occhi, così che Saul si convertì e divenne l’apostolo Paolo! Ma Dio dovette umiliarlo, spezzarlo e trasformarlo in un uomo nuovo, prima di poterlo usare.[10]

Anzi, questa è la storia di chiunque sia veramente utile per il lavoro del Signore. Diventare quello che il Signore vuole, di solito richiede molte rotture e umiliazioni; dobbiamo essere fusi, riplasmati, riformati, rifatti come vasi migliori — migliori di quel che eravamo, di quel che pensavamo di essere, e molto più sottomessi e utili al suo regno. Queste prove e tribolazioni ci ammorbidiscono e ci sciolgono, oppure c’induriscono e c’inaspriscono. La sofferenza può rendervi migliori o peggiori. Quindi state attenti a non diventare duri, inaspriti e risentiti contro Dio quando avrete queste esperienze. La sua Parola dice: “Badando bene che nessuno rimanga privo della grazia di Dio e che non spunti alcuna radice di amarezza, che vi dia molestia e attraverso la quale molti vengano contaminati”.[11]

Se permetterete alle prove di rendervi umili e di sciogliervi, sarete molto più felici, perché vi avvicinerete molto di più al Signore. Se indurirete il vostro cuore contro il Signore, se resisterete allo Spirito Santo e v’inasprirete contro l’amore e la verità di Dio, il vostro cuore s’incallirà e ben presto non avrà più molta sensibilità e rischierete di “diventare insensibili”.[12] State attenti; non vorrete finire come l’uomo in quell’orribile poesia, “Invictus”: “Io sono il padrone del mio destino. Io sono il capitano della mia anima. Il mio capo è sanguinante, ma non chino”.[13] Anche se era contuso, ferito e sanguinante, insisteva lo stesso ad essere il padrone di se stesso e non si sottometteva né si “chinava” al Signore.

Resistere alla verità le farà perdere il suo potere sulla vostra anima. Ogni volta che resistete alla verità, indurite lo spirito contro il Signore. È come quando si ha un punto sensibile nel piede, dove la scarpa ha sfregato. All’inizio è veramente sensibile, fa male. Ma se lo sfregamento continua, ben presto si formerà un callo; la pelle s’ispessirà e s’indurirà. Ed è quello che succede al cuore quando si continua a rifiutare di arrendersi al Signore.

Indurire il cuore non è la soluzione. La Bibbia dice: “Non indurite i vostri cuori”,[14] ma piuttosto “getta sull’Eterno il tuo peso, ed Egli ti sosterrà; Egli non permetterà mai che il giusto vacilli. Cercate l’Eterno mentre lo si può trovare, invocatelo mentre è vicino. L’Eterno è vicino a quelli che hanno il cuore rotto e salva quelli che hanno lo spirito affranto (rotto, pentito)”.[15]

Qualsiasi cosa Dio faccia, la fa con amore. “L’Eterno è pietoso e clemente, lento all’ira e di grande benignità. Egli non contende in eterno e non serba l’ira per sempre. Egli non ci tratta come meritano i nostri peccati, e non ci castiga in base alle nostre colpe. Poiché, quanto sono alti i cieli al di sopra della terra, tanto è grande la sua benignità verso quelli che lo temono. Quanto è lontano il levante dal ponente, tanto ha Egli allontanato da noi le nostre colpe. Come un padre è pietoso verso i suoi figli, così è pietoso l’Eterno verso quelli che lo temono. Perché Egli conosce la nostra natura e si ricorda che siamo polvere”.[16]

Il Signore ci ama e perfino “simpatizza con le vostre infermità”,[17] ma sa che non sarà mai in grado di usarvi come desidera finché non sarete umiliati. Quando diventate uno strumento e un canale, un piccolo diamante di polvere, allora può usarvi enormemente!

 Ci plasma attraverso le nostre rotture. Se non proverete sofferenze, perdite, tragedie e insuccessi, non saprete come amare questo povero mondo perduto, come comprendere e raggiungere gli altri con il suo amore. Se però gli permetterete di rompere e fondere il vostro cuore, lo corteggerà e lo vincerà, lo scalderà e lo scioglierà, lo renderà luminoso e felice e lo farà ardere del suo amore — così che potrete condividerlo con gli altri.



[1] Genesi 37, e da 39 a 41.

[2] Atti 7,22.

[3] Esodo 2–3.

[4] 2 Samuele 11, 12, 15.

[5] 1 Re 18.

[6] 1 Re 19 e 21.

[7] Giovanni 13,37; Luca 22,33.

[8] Marco14,66–71.

[9] Luca 22,62.

[10] Atti 9.

[11] Ebrei 12,15.

[12] Efesini 4.19.

[13] William Ernest Henley (1875).

[14] Ebrei 3:15.

[15] Salmi 55,22; 34,18; Isaia 55,6.

[16] Salmi 103,8–14.

[17] Ebrei 4,15.

Makings Through Breakings. Compilato dagli scritti di David Brandt Berg, pubblicato originariamente nell’aprile 1987. Adattato e ripubblicato in Inglese il 3 novembre 2014. Letto in Inglese da Gabriel Garcia Valdivieso.

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