A proposito di sacrificio e di servizio

Settembre 26, 2014

Compilazione

Recentemente ho studiato alcuni dei grandi uomini e delle grandi donne di Dio del passato. Molti di loro hanno fatto sacrifici enormi perché era necessario per il loro lavoro nell’epoca e nel luogo in cui vivevano, o perché era quello che il Signore aveva chiesto loro di fare. Il Signore effettivamente chiede sacrifici difficili e a volte molto costosi ai suoi seguaci di oggi, ma in molti casi i sacrifici che facciamo sono diversi dai loro. Il sacrificio, quando il Signore ce lo chiede, fa parte della nostra vita per Lui.

Lo stesso principio si applica al modo in cui molti missionari del passato, che furono tra i primi a portare il cristianesimo in terre straniere, faticarono a causa di una salute malferma e soffrirono fisicamente. Questi uomini e queste donne di Dio meritano la nostra ammirazione per la loro ubbidienza nel seguire il Signore a qualsiasi prezzo.

Grazie al cielo la nostra vita per il Signore non è solo questione di sacrifici. La maggior parte delle volte non ce la caviamo poi tanto male. C’è molto lavoro e ci sono difficoltà e ostacoli, ma se abbiamo l’atteggiamento giusto, siamo in grado di vedere le benedizioni e i benefici. —Peter Amsterdam

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Spesso Dio ha più motivi di noi per portarci in un certo luogo. È continuamente all’opera in questo mondo e noi abbiamo il privilegio di svolgere un certo ruolo, ma è sempre nel contesto di un quadro molto più grande.

Nella Bibbia ci sono molti personaggi notevoli, persone normali che fecero grandi imprese perché conoscevano il loro Dio. Dio ha dei piani per la nostra vita e quando il nostro cuore e la nostra mente sono in linea con Lui, ci userà in maniera straordinaria. Essere aperti e ubbidienti al suo programma assicurerà la realizzazione di quello a cui ci guida. Forse non conosceremo mai la concatenazione di avvenimenti che Dio orchestra per metterci finalmente nel posto adatto per un momento simile su una scala più grande di quanto possiamo renderci conto. Forse una vita verrà salvata, un rifugio preparato, una tragedia evitata perché Dio stava guidando il nostro cammino.

Anche se forse non siamo al corrente del risultato finale, o ce ne accorgeremo solo con il senno di poi, i piani divini per la nostra vita sono intricatamente collegati ai suoi piani per il mondo. Dobbiamo guardare oltre l’ordinario per vedere l’eccezionale e quindi vedere il proposito divino. —Charles Price

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Non faremo mai di questo mondo un luogo perfetto; succederà solo quando Gesù tornerà nella gloria. Ma siamo chiamati a renderlo un luogo migliore, facendo il possibile per alleviare la sofferenza umana e combattere l’ingiustizia sociale. I cristiani, tra tutta la gente, dovrebbero sentire il peso dei problemi insolubili che affliggono la razza umana, come povertà, malattia, ignoranza, fame, danni all’ambiente, razzismo, violenza e guerra. Dio potrebbe chiamarvi ad attaccare questi problemi direttamente, su scala individuale o molto più ampia. Come minimo, sostenete chi si sta adoperando per alleviare questi problemi nel nome di Cristo, sia con le vostre preghiere che con il vostro aiuto finanziario. Facendolo, dimostriamo la compassione di Cristo per gli altri e potremmo anche aprire la porta al Vangelo. Gesù disse: “E chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è un mio discepolo, io vi dico in verità che non perderà affatto il suo premio”.[1]

Il solo condurre una vita buona non basta. La gente deve anche capire che cos’è il Vangelo — e lo capirà solo se qualcuno glielo dirà. Il Vangelo ha un contenuto che va comunicato in maniera che la gente possa capirlo. Paolo chiese: “Come crederanno in Colui del quale non hanno sentito parlare? E come udiranno, se non c’è chi predichi?”[2] Predicare non è limitato a un discorso formale o a un sermone. La parola che Paolo usò qui significa annunciare o comunicare un messaggio, e succede ogni volta che parliamo di Cristo con qualcuno — o in chiesa, o davanti a una tazzina di caffè, in un ospedale o in una casa per studenti, durante un raduno estivo o in volo su un aereo a diecimila chilometri d’altezza. —Billy Graham[3]

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Ci sono momenti in cui dobbiamo sacrificarci e soffrire, ma non dobbiamo farlo apposta, solo per guadagnare presuntuosamente dei meriti personali. Se lo facciamo, è perché succede e il Signore lo lascia succedere, ma non necessariamente perché lo chiediamo o lo vogliamo o pensiamo di guadagnare giustizia facendolo.

Io non ho un Dio triste! Ho un Dio felice, che vuole che io sia felice, e che lo siate anche voi. È questo lo scopo di tutto, alleviarci la sofferenza, il dolore, la morte e le lacrime introdotte nel mondo dal Nemico e dai peccati dell’uomo. Gesù disse: “Io sono venuto affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”,[4] e: “Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia piena”.[5]

L’idea che il mondo ha della rettitudine spesso è diversa da quella di Dio. Il mondo spesso identifica la bontà con la perfezione; ma il Signore disse che il peccatore era più vicino a Dio dei sacerdoti e dei farisei più-santi di-te. Disse loro: “In verità vi dico che i pubblicani e le meretrici vi precedono nel regno dei cieli”[6] — perché la via di Dio per salire è verso il basso.

L’idea che Dio ha della rettitudine è il peccatore perduto, umile e amorevole, che sa di aver bisogno di Dio e dipende da Lui per la propria salvezza — non i farisei presuntuosi e ipocriti che pensano di potersi salvare da soli con la loro bontà. Gesù disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Or andate e imparate che cosa significa: "Io voglio misericordia e non sacrificio". Perché io non sono venuto per chiamare a ravvedimento i giusti, ma i peccatori”.[7]David Brandt Berg

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La gente parla del sacrificio che ho fatto passando tanta parte della mia vita in Africa. Si può forse chiamare sacrificio quello che è semplicemente restituito come una piccola parte del grande debito che abbiamo nei confronti del nostro Dio? È un sacrificio quello che ci offre una ricompensa migliore, fatta di sana attività, consapevolezza di fare del bene, pace della mente e speranza luminosa di un destino glorioso nell’aldilà?

Indubbiamente non è un sacrificio. Direi, piuttosto, che è un privilegio. Ansia, malattia, sofferenza, o pericolo di tanto in tanto, con qualche mancanza delle comodità della vita, possono rallentarci, far vacillare lo spirito e cedere l’anima, ma solo per un momento.

Tutto questo non è niente in confronto alla gloria che sarà rivelata in noi e per noi. Non ho mai fatto un sacrificio! Non dovremmo parlare di questo quando ricordiamo il grande sacrificio fatto da Colui che lasciò il trono del Padre in cielo per donarsi a noi. —David Livingstone

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Chi fa un sacrificio
perché un altro possa arrivare
è davvero un discepolo sincero
della dottrina del nostro Salvatore.
Quando diamo di noi stessi
in sacrificio e per amore,
ci facciamo grandi tesori
nel regno di Dio su in cielo.
E in mani nodose e contorte dal lavoro
c’è la vera arte del vivere,
ottenuta solo da chi ha imparato
la vittoria del dare agli altri.

Perché qualsiasi sacrificio terreno
fatto in nome del caro Salvatore
assicura un posto al donatore
nella galleria della fama nei cieli.
E chi può dire con certezza
dove si trovi il talento maggiore,
o chi sarà davvero il più grande
agli occhi del nostro Padre nei cieli!
—Helen Steiner Rice


[1] Matteo 10,42 NR.

[2] Romani 10,14.

[3] The Journey (Nashville: Thomas Nelson, 2006), 283–284.

[4] Giovanni 10,10.

[5] Giovanni 15,11.

[6] Matteo 21,31.

[7] Matteo 9,12–13.


Titolo originale: Of Sacrifice and Service. Tradotto da A. Maffioli e S. Marata.
Pubblicato sull’Ancora in Inglese il 1 settembre 2014.
Letto in Inglese da Simon Peterson. Musica di Michael Dooley.

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