Brandon Smith
Sono occupato.
Come voi, ho un centinaio di cose da fare tra famiglia, chiesa, lavoro e tutto il resto. Sarò il primo a dire che tutte queste cose sono decisamente dei doni di Dio. È stato sorprendentemente buono con me e ne sono sinceramente grato.
Ma mi stanco.
Per dirla tutta, a volte sono proprio stanco. Nel mondo frenetico in cui viviamo, penso che tutti possiamo rimanere troppo coinvolti nelle cose e riposare troppo poco. La tecnologia ci permette di fare le cose più in fretta, ma ci dà anche più motivi per distrarci. In un certo senso è un circolo vizioso.
La domanda che mi sono dovuto fare è: perché faccio tutte queste cose, e dove stanno le mie priorità?
Cosa ancora più importante: qual è il motivo per cui sono così indaffarato e perché a volte questo turba la mia gioia? Ecco un semplice tentativo di rispondere a questa domanda, grazie a una recente esperienza. Spero che vi aiuterà a non rimanere bloccati come me.
Quando sono rimasto bloccato
Un po’ prima, nel corso dell’anno, avevo sbattuto la testa contro un muro. Con tutto il daffare della vita mi ero quasi nascosto in uno stanzino per cercare di scomparire. Mi sentivo oppresso e schiacciato per terra. Ero come un’auto vecchia con il motore grippato e quattro gomme a terra. Ero bloccato.
È vero, avevo distolto gli occhi da Dio per rivolgerli su me stesso. Avevo messo i doveri della vita familiare, del lavoro, della scuola e del ministero prima del glorificare Dio con il cuore. Mi ero in qualche modo dimenticato di essere stato creato da Dio per esser conforme all’immagine di Gesù.1 Avevo perso di vista la vera ragione per tutto quello che mi chiede di fare.
Ricordate che anche se siamo tutti occupati, essere in quella situazione non è né buono né cattivo di per sé. Essere indaffarati non ci rende dei super-cristiani né ci rende degli stracci. Si limita a rivelare il peccato o la tentazione che ribolle sotto la superficie.
Molti di noi trattano il tempo come un bene da riciclare, piuttosto che un dono da apprezzare. Ci comportiamo come se ci appartenesse, invece di renderci conto che ci è stato donato. Per me questo si risolve nel lavorare fino allo sfinimento. Voglio fare tutto in maniera eccellente ed essere noto come un gran lavoratore, un uomo che riesce a concludere le cose in maniera rapida ed efficiente.
Riposo e ubbidienza
Ovviamente la mia motivazione nasce da orgoglio ed egoismo. Per questo a volte voglio rinchiudermi in uno stanzino. È estenuante prendere le cose nelle proprie mani. Non siamo stati creati come esseri autonomi, ma per appoggiarci e confidare nella grazia e nella gloria di Dio. Siamo stati creati per dedicarci al suo lavoro, non al nostro gran daffare; ai suoi scopi, non alle nostre prerogative.
Essere indaffarati porta senz’altro all’esaurimento fisico ed emotivo, ma io avevo bisogno di un riposo spirituale. Dovevo smettere di cercare di impressionare Dio con il mio lavoro e invece glorificare Lui con il mio servizio. Dovevo ricordare che è Lui che provvede, che è buono e mi ha fornito le doti necessarie a servirlo senza le catene del dovere portato all’estremo.
Cristo mi ha liberato dal fare affidamento su me stesso e mi ha legato alla sua grazia. Non sto facendo un favore a Dio; mi sta dando una missione. La mia vita, la mia famiglia e il mio lavoro —tutto è da Lui e per Lui. Posso esserne certo. E non devo nemmeno essere perfetto; posso ubbidire alla mia chiamata con l’attesa che la gloria di Dio sarà più forte dei miei insuccessi.
Che tipo di sollievo?
Alla fine, le mie battaglie avevano più a che fare con il mio modo di vedere le cose che non con l’essere indaffarato. Invece di cercare uno stanzino in cui nascondermi, avrei dovuto cercare l’Unico che può donarmi riposo. E quando nella mia disperazione e nella mia spossatezza l’ho invocato, mi ha ricordato di avermi dato delle responsabilità per un motivo. Il suo obiettivo sono sempre la sua gloria e il mio bene. Me l’ero dimenticato. Ha risposto benignamente alla mia preghiera di riposo, non con una conferma, ma con una correzione. Il riposo non è stato un sollevamento dalle responsabilità, ma dall’autoindulgenza. C’è una gran gioia in questo.
Le Scritture non ci scoraggiano dal lavorare, né ci dettano quante ore al giorno dovremmo farlo, ma mira dritto al nostro cuore. Anche se molti di noi non possono essere considerati dei “servi”, le parole di Paolo sono ugualmente istruttive:
Servi, ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne; non servendoli soltanto quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo il Signore. Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che dal Signore riceverete per ricompensa l’eredità. Servite Cristo, il Signore.2
Come sbloccarci
Come facciamo a sbloccarci quando la nostra gioia vacilla? O meglio ancora, come evitiamo di finire bloccati?
Come prima cosa, ricordate che Dio è in controllo. Non vi abbandonerà e non si sorprenderà davanti alle vostre difficoltà.
Secondo, pregate perché il vostro cuore desideri la gloria di Dio e non la vostra. Questo passo è sempre il più difficile ma anche il più soddisfacente.
Terzo, datevi delle priorità. Non lasciate che il lavoro s’intrometta nella vostra devozione a Cristo e alla famiglia. Trovate dei metodi creativi per gestire il vostro tempo, oppure eliminate le cose che interferiscono con il vostro servizio a Dio e alle persone che Egli ha messo nella vostra vita. Ne vale la pena.
Tratto da http://www.churchleaders.com/pastors/pastor-blogs/173977-the-joy-of-getting-unstuck.html.
Brandon Smith è il Direttore di Project TGM, è pastore della CityView Church ed è uno scrittore indipendente.
Titolo originale: The Joy of Getting Unstuck. Tradotto da A. Maffioli e S. Marata.
Pubblicato sull’Ancora in Inglese il 6 agosto 2014.