Le doglie del parto delle grazie cristiane

Aprile 23, 2014

Compilazione

“Sorgi, vento del nord, e vieni, vento del sud! Soffiate sul mio giardino, perché se ne spandano gli aromi!”[1]

Osservate un attimo il significato di questa preghiera. Le sue radici affondano nel fatto che, come un profumo delizioso può rimanere latente in una pianta aromatica, così le grazie possono rimanere prive di esercizio e di sviluppo nel cuore di un cristiano. Le piante sono molte, ma dal terreno non sale nessuna fragranza di affetti santi o gesti pii. Gli stessi venti soffiano sul cardo e sulla pianta aromatica, ma solo una emana profumo.

A volte Dio manda forti raffiche di prove sui suoi figli, per sviluppare le loro grazie. Come le torce bruciano con più forza quando vengono agitate, come il ginepro rilascia un odore più intenso quando gettato tra le fiamme, così le migliori qualità di un cristiano spesso si spandono sotto il vento del nord delle sofferenze e delle avversità. I cuori feriti spesso emettono la fragranza che Dio ama annusare. —Lettie Burd Cowman[2]

Certo, ogni correzione, sul momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. —Ebrei 12,11[3]

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Il dolore è carico di risultati preziosi. “Non causa di gioia, ma di tristezza; dopo però”.[4] Quanto significato in quel “dopo”. Chi può calcolare il valore delle centinaia di benedizioni portate da ogni attimo di dolore? I Salmi sono lacrime cristallizzate. Le Epistole furono in molti casi scritte in prigione. I più grandi maestri dell’umanità hanno imparato le lezioni più utili alla scuola del dolore. I caratteri più nobili si sono forgiati in una fornace. Le azioni che vivranno per sempre, i capolavori dell’arte, della musica e della letteratura, hanno avuto origine in periodi di tempesta e di straziante agonia. Lo stesso succede con la nostra correzione terrena. I risultati migliori nascono dal dolore. “La strada del dolore, e quella sola, porta al paese in cui il dolore è sconosciuto”.

La santità è il prodotto del dolore, quando esso è santificato dalla grazia divina. Non che il dolore in sé ci renda santi, perché quella è prerogativa dello Spirito divino; e, in effetti, molte persone sofferenti sono dure, lamentose e sgraziate. Quel dolore, però, ci predispone a volgere le spalle alle distrazioni della terra, per ricevere le influenze della grazia divina che funzionano meglio quando l’anima è calma e silenziosa, seduta in una stanza velata e oscurata, mentre la sofferenza esercita il corpo e la mente. Chi di noi non si sente disposto a soffrire, se poi potrà a ottenere questo prezioso risultato, per diventare “partecipi della sua santità”?

Un altro prodotto è costituito dai suoi frutti. Conta, ti prego, i vari tipi preziosi di frutto. C’è la pazienza, che sopporta la volontà del Padre; c’è la fiducia che vede la sua mano dietro a un’apparenza rozza; la pace, che aspetta in silenzio, soddisfatta del piano del Padre; la giustizia, che si adegua ai suoi requisiti; l’amore, che si stringe più forte che mai al suo cuore; e la gentilezza, che tratta gli altri con indulgenza, grazie a ciò che abbiamo noi stessi imparato. —F. B. Meyer[5]

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Non siamo spontaneamente amichevoli con tutti. C’è in noi un’asprezza che va addolcita. Siamo inclini a non badare ai sentimenti degli altri, a dimenticare quanti cuori sono addolorati e portano carichi pesanti. Non siamo gentili con gli altri perché il nostro cuore non è stato arato. Le migliori università non possono insegnarci l’arte divina della comprensione. Dobbiamo camminare noi stessi nelle valli profonde, poi potremo fare da guida ad altre anime. Dobbiamo sentire lo sforzo e caricarci del peso, dobbiamo sopportare la fatica, prima di poter essere toccati e prestare aiuto ad altri nelle dure fatiche e nei drammatici bisogni della vita. —Lettie Burd Cowman[6]

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Signore, Tu sei nostro padre; noi siamo l'argilla e Tu colui che ci formi; noi siamo tutti opera delle tue mani.[7]

In questo e in diversi altri passi della Bibbia, il Signore è paragonato a un vasaio e noi ad argilla nelle sue mani — argilla che lui vuole plasmare in un vaso utile al suo servizio.[8]

Il vasaio comincia col prendere un pezzo d’argilla e a metterlo sul suo tornio. Mentre l’argilla ruota sul tornio, lui lo plasma e lo trasforma in quello che spera sarà un bel vaso. Nel frattempo, l’argilla deve muoversi e sottomettersi ai movimenti della mano del vasaio. Ci vuole tempo.

A volte il vasaio scopre un’imperfezione, un grumo o un difetto. Quando succede, disfa il vaso su cui sta lavorando, aggiunge un po’ d’acqua all’argilla per ammorbidirla di nuovo, la impasta finché diventa ben soffice e malleabile, poi la ritrasforma in un vaso migliore.

All’inizio probabilmente a quel vaso non sembra molto bello quando il suo creatore improvvisamente comincia a pestarlo, schiacciarlo e rifarlo, ma a lungo andare questo lo trasforma in un vaso migliore.

E proprio quando il vaso pensa che il peggio sia passato, ecco che finisce dentro un forno infuocato per indurirlo e ne torna fuori migliore.

“Il vaso che stava facendo con l'argilla si guastò nelle mani del vasaio. Così, cominciando da capo, egli fece con essa un altro vaso, come parve bene agli occhi del vasaio. […] ‘Non posso Io fare con voi come ha fatto questo vasaio?’, dice l’Eterno. ‘Ecco, come l'argilla è nelle mani del vasaio, così siete voi nelle mie mani!’”[9]

L’argilla ha forse qualche diritto di giudicare il vasaio? “La cosa formata dirà a colui che la formò: ‘Perché mi hai fatto così?’. Non ha il vasaio autorità sull'argilla?”[10]

Ricordate: tutto quello che Dio fa, lo fa con amore. Vi sta trasformando in un bel vaso, unico e speciale per Lui. Sta facendo di voi un vaso utile a contenere l’acqua del suo amore che vuole versare, attraverso di voi, per rinfrescare gli altri. Siete nelle mani migliori. Fidatevi di Lui. —Shannon Shayler[11]

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Le persone sono come vetrate colorate. Brillano e risplendono quando c’è sole, ma, appena scende il buio, la loro vera bellezza si manifesta solo con la luce che viene da dentro. —Elisabeth Kübler-Ross


[1] Cantico dei Cantici 4,16.

[2] Streams in the Desert, Volume 1 (Zondervan, 1965).

[3] CEI.

[4] Ebrei 12,11.

[5] The Way Into the Holiest (Fleming H. Revell, 1893).

[6] Streams in the Desert, Volume 2 (Zondervan, 1977).

[7] Isaia 64,8 NR.

[8] 2 Timoteo 2,21.

[9] Geremia 18,4. 6.

[10] Romani 9,20–21.

[11] Gli ostacoli sono da superare (Progetto Aurora, 1999).


Titolo originale: Birthing Pains of Christlike Graces. Tradotto da A. Maffioli e S. Marata.
Pubblicato originariamente sull'Ancora in Inglese l’8 aprile 2014.
Letto in Inglese da Tina Miles. Musica di Michael Dooley.

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