J. R. Miller
Molte persone in lutto, anche se credono nella dottrina della futura risurrezione, non riescono a trarne conforto immediato. Gesù rassicurò Marta che suo fratello sarebbe risorto. “Sì, so che risusciterà l’ultimo giorno”, risposte lei. La speranza era troppo lontana per offrirle consolazione. La sua sensazione di perdita presente superava qualsiasi altro pensiero o sensazione. Desiderava riavere la compagnia che aveva perso. Chi ha sostato davanti alla tomba di un caro amico e non ha provato la stessa sensazione d’insufficienza per la consolazione offerta anche dalla fede più forte in una lontana risurrezione di chi giace nel sepolcro?
La risposta del Maestro al dolore struggente di Marta è colma di consolazione: “Io sono la risurrezione”. Questo è uno dei meravigliosi tempi verbali al presente, per la speranza del cristiano. Per Marta, pensare al conforto della risurrezione era una consolazione magra e lontana. “Io sono la risurrezione”, disse Gesù. La risurrezione era una cosa presente, non remota. Le sue parole includevano l’intera verità beata della vita immortale. “Chiunque vive e crede in Me non morrà mai”. La morte non esiste per chi è in Cristo. Il corpo muore, ma la persona continua a vivere. Sì, la risurrezione potrà avvenire in futuro, ma non c’è alcuna interruzione della vita del credente in Cristo. Lui non è qui, i nostri occhi non lo vedono, le nostre orecchie non sentono la sua voce, la nostra mano non può toccarlo; ma Lui vive, pensa, sente, ricorda e ama. Nessuna potenza s’è spenta in Lui con la morte, nessuna bellezza offuscata, nessuna facoltà distrutta.
Questo fa parte della consolazione che Gesù portò alle sue amiche in lutto. Le rassicurò che per il credente la morte non esiste. Per chi rimane, c’è ancora il dolore della separazione e della solitudine, ma per chi se n’è andato, non dobbiamo avere alcun timore.
In che modo Gesù consola le amiche? Rileggendo la descrizione del dolore in questa casa di Betania, troviamo la risposta alla nostra domanda. Voi direte: “Lui restituì loro la persona che avevano perduto, consolandoli mediante l’annullamento letterale della morte e del dolore. Se lo facesse adesso, ogni volta che l’amore lo invoca, sarebbe davvero una consolazione”. Ma dobbiamo ricordare che il ritorno di Lazzaro a casa sua fu solo un ripristino temporaneo. Ritornò alla sua vecchia vita di mortalità, tentazione, malattia, dolore e morte. E tornò solo per un certo periodo. Non era una risurrezione alla vita immortale; era solo un ripristino alla vita mortale. Doveva passare di nuovo per il mistero della morte e la seconda volta le sue sorelle dovettero provare di nuovo l’angoscia della separazione e della solitudine. Era soltanto un rinvio momentaneo della separazione finale.
Ma oltre a ciò, Gesù diede alle sorelle la vera consolazione. La sua stessa presenza diede loro conforto. Sapevano che le amava. Molte volte in precedenza, quando era entrato nella loro casa, aveva portato la sua benedizione. In sua presenza avevano provato pace e sicurezza. Perfino il loro profondo dolore perse parte della sua intensità quando la luce del suo visto cadde su di loro. Ogni amore umano, forte, tenero e sincero, ha il potere di consolare. Possiamo superare più facilmente una grande sofferenza, se al nostro fianco c’è un amico fidato. Il credente può sopportare qualunque dolore, se Gesù è con lui.
Il problema per noi è che troppo spesso non ci rendiamo conto della presenza del nostro Maestro, anche se ci è molto vicino, e perdiamo completamente il conforto del suo amore. Maria stava davanti alla tomba vuota, con il cuore spezzato, piangendo per il suo Signore che in quello stesso momento era lì vicino, ma non lo riconobbe, “pensando che fosse l’ortolano”. Un attimo dopo, però, sentendo chiamare il suo nome con quel tono di voce così familiare, lo riconobbe e il suo dolore si trasformò immediatamente in gioia. E così noi spesso siamo lì, nelle ombre profonde del dolore, ansiosi di ricevere conforto, desiderosi di amore, mentre Cristo è lì al nostro fianco, più vicino di quanto possa esserlo qualsiasi amico umano. Se soltanto asciugassimo le nostre lacrime e alzassimo lo sguardo al suo volto, credendo, la nostra anima sarebbe inondata dal suo amore meraviglioso e il nostro dolore sarebbe sommerso dalla pienezza della gioia. Non c’è mai alcun dubbio della presenza di Cristo nei nostri momenti difficili; è solo perché rimaniamo inconsapevoli della sua presenza, che non troviamo consolazione.
Un altro elemento di conforto per quelle sorelle addolorate era la comprensione dimostrata da Gesù. C’è una tenerezza meravigliosa nel suo modo di comportarsi quando incontrò prima una e poi l’altra. Il dolore di Maria era più forte di quello di Marta; quando Gesù la vide piangere “fremette nello spirito e si turbò”. Poi, nel versetto più breve della Bibbia, si apre per noi una finestra sul cuore del Maestro e vi troviamo la comprensione più dolce.
“Gesù pianse”. È un grande conforto nei momenti di dolore ricevere comprensione da un essere umano, sapere che qualcuno si preoccupa per noi, che condivide i nostri sentimenti. Sarebbe stata una consolazione per le sorelle — una grande consolazione — se Giovanni, Pietro o Giacomo avessero pianto con loro accanto alla tomba del fratello. Ma le lacrime del Maestro avevano un significato molto più grande. Parlavano della comprensione più santa che il mondo abbia mai visto: il Figlio di Dio piangeva con le due sorelle, stretto a loro in un momento di grande dolore umano.
Questo brevissimo versetto biblico non fu scritto soltanto come un frammento della narrazione: contiene una rivelazione del cuore di Gesù che vale per tutti i tempi. Quando un credente in Gesù è addolorato, c’è al suo fianco Uno che, invisibile, condivide il suo dolore. Proviamo un conforto incommensurabile nella rivelazione che il Figlio di Dio partecipa alla nostra sofferenza, che sente le nostre afflizioni e simpatizza con le nostre infermità. Possiamo sopportare i nostri problemi molto più tranquillamente quando sappiamo questo.
C’è un altro punto affascinante nel modo in cui Cristo confortò le sue amiche. La comprensione umana è un sentimento. I nostri amici piangono con noi; si dicono dispiaciuti per noi, tuttavia possono fare ben poco per aiutarci. Ma la comprensione dimostrata da Gesù a Betania era molto pratica. Non solo dimostrò il suo affetto per le amiche venendo fin da Perea, per essere al loro fianco nella loro sofferenza; non solo dimostrò il suo amore con parole di conforto divino, che hanno lasciato una traccia luminosa nel mondo fin da allora; non solo pianse con loro nel momento del dolore, ma operò il più grande dei suoi miracoli per restituire loro la gioia.
Indubbiamente migliaia di altri amici di Gesù in lutto hanno desiderato di essere consolati in maniera simile, vedendosi restituire i loro cari. Spesso Lui fa ciò che, in effetti, è la stessa cosa: come risposta alla preghiera della fede risparmia la vita di persone care che sembrano sul punto di esserci tolte. Quando preghiamo per la guarigione di amici ammalati, la nostra preghiera, se fatta in maniera accettevole, termina sempre con: “Non sia fatta la mia volontà, ma la tua”. Alla tranquilla fiducia della fede sottomettiamo anche ciò che il nostro affetto desidera in maniera più appassionata. Se non è la cosa migliore per il nostro caro, se non sarà una vera benedizione, se non è la via di Dio, allora: “Sia fatta la tua volontà”. Se preghiamo così, dobbiamo credere che qualunque cosa ne risulti sia ciò che Dio ritiene meglio per noi. Se i nostri amici ci vengono tolti, troviamo una consolazione inesprimibile nel sapere che era la volontà di Dio. Se guariscono, è Cristo che ce li ha restituiti, come restituì Lazzaro a Marta e a Maria.
È importante capire chiaramente il soggetto del dolore, affinché, quando tocca a noi soffrire, possiamo ricavare dall’esperienza una benedizione e non una ferita. Ogni sofferenza che colpisce la nostra vita porta qualcosa di buono da parte di Dio. In Gesù Cristo c’è una risorsa infinita di consolazione e ci basta aprire il cuore per riceverla. Allora affronteremo il dolore sostenuti dall’aiuto e dall’amore di Dio, e ne usciremo con un carattere arricchito e con una benedizione in tutta la nostra vita. I nostri dolori ci offrono lezioni da imparare e noi dovremmo cercare diligentemente di far entrare nella nostra vita qualsiasi cosa il Maestro voglia insegnarci. Ogni dolore avvolge il seme della benedizione; dovremmo assicurarci che quel seme abbia l’opportunità di crescere, affinché ne possiamo raccogliere i frutti. In ogni lacrima si nasconde un arcobaleno, ma il suo splendore si rivela solo quando i raggi di sole colpiscono quella goccia di cristallo.
Titolo originale: Jesus Is Our Comfort in Times of Grief
Brani tratti e adattati da Il ministero della consolazione (Hodder & Stoughton, 1901).
Pubblicato sull'Ancora in Inglese il 25 ottobre 2013.
Letto in Inglese da Gabriel Garcia Valdivieso.
Versione italiana affissa il 28 novembre 2013.