Anna Perlini
Dicono che si è vecchi quando si smette di sognare. O di muoversi. O si hanno diversi altri sintomi paralizzanti e immutabili, a seconda della vita che si conduce.
Mi ricordo che quando ero bambina scoppiavo a piangere all’idea che i miei genitori diventassero vecchi. Li amavo così tanto e il solo pensiero che un giorno potessero perdere qualche capello e avere qualche ruga era molto difficile per il mio cuore di bambina! In quei giorni il mio film preferito era Peter Pan! Se ci ripenso adesso, c’era qualcosa in me che aveva paura del processo d’invecchiamento. Tutte le cose belle non dovrebbero mai finire o perdere la loro scintilla.
Con il passar del tempo quella paura è lentamente scomparsa. Ho cominciato ad accettare l’aspetto fisico dell’invecchiamento, almeno nei miei genitori che, tra parentesi, sono invecchiati molto bene. Onestamente, non posso dire di essere molto entusiasta d’invecchiare — no, quella sarebbe una bugia — ma, oltre a sentirmi più forte adesso di quando avevo vent’anni, sto cominciando a rendermi conto che la cosa che mi spaventa di più in realtà è diventare vecchia dentro: perdere il mio entusiasmo, i miei ideali e il desiderio di imparare e fare progressi. L’ho visto succedere ad altri, specialmente a molti della mia generazione, la generazione che in gioventù aveva lottato con passione per il cambiamento e per un mondo migliore. Per questo sono contenta ogni volta che ho la possibilità di crescere e in qualche maniera cominciare da capo e restare giovane dentro. Sono un’idealista inguaribile, tutto qui.
Una citazione che mi ha stimolato e motivato ogni volta che ho provato la tentazione di arrendermi è: “Alcune persone si vendono troppo a buon mercato, si arrendono troppo in fretta! È molto facile trovare delle scuse — scuse legittime, logiche, ragionevoli e accettabili — sul perché non ce l’hai fatta, perché nessuno poteva aspettarsi che ce la facessi. Nella maggioranza dei casi le persone accetteranno le tue scuse, perché per la maggior parte non hanno fede neanche loro e scusando te scusano se stesse! Ma Dio ti scuserà?”1
Alcuni anni fa ho avuto l’occasione di partecipare a una riunione di ex-compagni di classe e ho incontrato molti vecchi amici che non vedevo da oltre trent’anni. Ero stata una buona studentessa, una delle migliori del mio liceo, intraprendente e influente nelle cause politiche e sociali. Avevo solo diciotto anni quando decisi di dedicare la mia vita a cause missionarie e umanitarie, e ho passato i trent’otto anni successivi a farlo, spesso in campi molto difficili, senza mai accumulare niente per me stessa in termini di beni materiali. Al contrario, molti dei miei vecchi amici ora sono professionisti di successo: medici, avvocati e uomini d’affari.
A un certo punto della riunione, gli occhi di tutti erano puntati su di me e qualcuno ha osato fare la domanda scottante: “Ma… hai qualche rimorso? Eri una studentessa così brillante, la migliore. Ti ammiravamo tutti e pensavamo che saresti diventata un grande medico o una scrittrice”.
Ho semplicemente risposto che no, non avevo quel tipo di rimorsi. Sapevo di aver trovato e seguito la mia vocazione e quella era la forma di ricompensa migliore. Il mio solo rimorso era di non aver dato e aiutato gli altri di più — ma ci sto ancora lavorando!
Tutti hanno fatto un sospiro di sollievo e quasi unanimemente hanno esclamato: “Siamo felicissimi di sentirtelo dire e di sapere che stai ancora lottando per gli ideali per i quali avevi rinunciato a così tante cose! Continui a essere un esempio per noi”.
Mi sono resa conto che non ero l’unica che odia arrendersi. Non è questione di sembrare sempre forte ed evitare di commettere errori, tanto è impossibile e si cade molte volte per strada; ci sono anche dei momenti in cui si è costretti a fare una pausa. Quello di cui sto parlando è non arrendersi completamente, ma continuare a credere, a dare, a muoversi e a cambiare.
Come ha detto qualcuno: “Un cuore che ama è un cuore che non invecchia”. Questo da solo ti assicurerà di mantenere quella scintilla negli occhi fino al termine di questa vita terrena.
1 David Brandt Berg, pubblicato originariamente nell’agosto 1970.
Titolo originale: Keeping the Spark
Pubblicato originariamente sull'Ancora in Inglese il 7 Agosto 2013.
versione italiana affissa il 14 Ottobre 2013;
statistiche: 714 parole; 3.621 caratteri