Più che vincitori

Marzo 31, 2013

di Heather Zempel

Una lezione tenuta da Heather Zempel [qui il link all’inglese] incentrata sul passo delle Epistole che comprende questo versetto: “Siamo più che vincitori in virtù di Colui che ci ha amati”1

[Quanto segue è la trascrizione della lezione riportata nel sito. N.d.T.]

Non mi piace perdere! Da quel che dicono i miei genitori, quando avevo sei anni [e giocavo a t-ball, il baseball–pulcini] volevo sempre vincere a ogni costo e non avevo pazienza per chi non la pensava come me.

Mi sembra interessante che siamo arrivati alla conclusione di questa serie su “più che vincitori” proprio durante le Olimpiadi. […]

L’altra sera stavo guardando un’intervista a Lashinda Demus, che correva la 400 a ostacoli femminile e penso di aver imparato che a nessuno di noi piace perdere; ma penso che ci siano persone a cui dispiace più che ad altre e ce ne se sono alcune che vogliono vincere più di altre. Penso che Demus sia di questo tipo; è arrivata sette centesimi di secondo dopo la vincitrice. […] Sono lì seduta che penso: “Ma dai! Hai vinto la medaglia d’argento” È fantastico!” Ma per lei non era una vittoria. Voleva qualcosa di più. Voleva vincere l’oro. Era andata lì per quello.

Romani 8 inizia con un’esplosione: la sorprendente verità che in Cristo non vi è condanna; e termina con la sorprendete promessa che non possiamo assolutamente essere separati da Lui. A metà, impariamo che siamo più che vincitori.

Torniamo indietro un momento e parliamo di quello che abbiamo imparato nelle ultime settimane, leggendo Romani 8.

Abbiamo imparato che in Cristo non vi è condanna; non solo, ma che siamo liberi, non soltanto dai legami della legge, ma di vivere nella potenza dello Spirito.

Abbiamo imparato che siamo stati adottati nella famiglia di Dio, che siamo coeredi del regno.

Abbiamo imparato cosa vuol dire essere in Cristo, che non vi è la condanna della legge, che non siamo legati alla legge e che non vi sono frustrazioni, perché siamo in Cristo. Paolo sapeva chi era e a chi apparteneva e questo faceva tutta la differenza nella sua fede. Se non capiamo chi siamo in Cristo, allora ci sentiremo frustrati nella fede, perché le cose non avranno senso.

Mi sembra che fino a ora, in Romani 8, Paolo ci abbia indicato una teologia sistematica del nostro rapporto con Cristo e, se è una cosa che volete approfondire, v’incoraggerei a prendere il libro degli Efesini, dove troverete una dozzina di riferimenti a chi siamo in Cristo. Per esempio, abbiamo imparato che in Lui abbiamo ogni benedizione spirituale; che in Lui siamo creati per compiere opere buone e che siamo scelti, perdonati, redenti e edificati. È quello che siamo in Cristo. Non si tratta di noi stessi e di ciò che possiamo fare, ma di Cristo e di chi siamo in Lui.

Così Paolo ci presenta questa struttura di chi siamo in Cristo. Non siamo condannati. Siamo liberi di vivere nella potenza dello Spirito. Siamo figlie e figli adottivi. Siamo coeredi del regno. Poi arriviamo al versetto 31, dove chiede: “Che diremo dunque circa queste cose?” e comincia a fare un elenco di domande retoriche. Paolo sapeva già le risposte, sono piuttosto ovvie; ma lui le fa per spingerci in una certa direzione: se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Nessuno.

Alcuni di voi sanno che ho una specie di cotta teologica per Filippo Melantone e da quel che sappiamo questo fu l’ultimo versetto sulle sue labbra prima di morire: “Se Dio è per me, chi può essere contro di me?” Era piuttosto appropriato nel suo caso, perché tutti i suoi colleghi riformatori erano piuttosto arrabbiati con lui a quei tempi.

Poi chiede: colui che non ha risparmiato il suo proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà anche tutte le cose con Lui? Lo farà. Chi accuserà gli eletti di Dio? Nessuno. Chi è colui che li condannerà? Nessuno. Paolo era stato messo alla prova. Era stato condannato quasi da tutti, ebrei, gentili, cristiani e non cristiani; ma si era reso conto che l’amore di Dio era più grande e più forte di qualsiasi cosa gli potesse accadere. Sapeva la risposta a quelle domande ed è da lì che arriviamo al punto di questa settimana.

Cominciando dal versetto 35, Paolo chiede:

Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Com’è scritto: «Per amor di te siamo messi a morte tutto il giorno; siamo stati considerati come pecore da macello». Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore. (NR)

Queste prime due domande sono una continuazione di quelle retoriche che aveva già fatto prima. Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Niente! Sarà forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? No! E qui Paolo non parla solo di una serie di dottrine intellettuali che ha accettato. Parla per esperienza. Se passate a 2 Corinzi 11, troverete un resoconto della sua vita, delle sue prove e delle cose che gli sono successe. Dice che è stato picchiato, che ha affrontato la morte, che è stato in pericolo a causa dei briganti, dei fiumi, degli ebrei e dei gentili nelle città, nelle campagne e sul mare. Dice di essere stato privo di cibo e di vestiario, di aver sofferto il freddo e la fame. Paolo parla di cose che ha sperimentato. Sa che queste cose non possono separarlo dall’amore di Dio perché le ha già affrontate. È in Cristo e sa a chi appartiene.

Poi salta immediatamente da queste domande a citare il salmo 44: “Per amor tuo siamo messi a morte tutto il giorno; siamo stati considerati come pecore da macello”. Quando l’ho letto, mi ha confuso un po’. perché sembra che Paolo si allontani un po’ dall’argomento. Dove vuole arrivare con questo? Penso che citi il salmo 44 per un paio di motivi. Uno, perché voleva collegare l’esperienza e la storia della nuova chiesa a quella dei personaggi del vecchio patto. Paolo riconobbe che non c’era differenza tra il Dio del Vecchio Testamento e quello del Nuovo Testamento; che anche se queste persone erano il popolo scelto del vecchio patto, che avevano ricevuto un’attenzione unica e speciale da parte di Dio, avevano pur sempre sopportato difficoltà; erano perfino andate al macello come pecore. Paolo dice che la nostra esperienza è simile alla loro. È il medesimo Dio. Siamo tutti collegati mediante questa lunga storia che Egli sta scrivendo. L’ha incluso qui perché voleva assicurarsi che la gente capisse che le prove, le tribolazioni, le difficoltà e le cose brutte sono una parte normale dell’esperienza cristiana, non solo normale, ma da aspettarsi; va avanti da migliaia d’anni. Lui li sta solo avvertendo che incontreranno dei problemi, com’era successo a lui e al popolo di Dio per migliaia d’anni.

Poi conclude:

Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. (NR)

Posso dire una cosa ovvia? Non possiamo essere più che vincitori senza affrontare qualcosa e vincerla. Se vogliamo essere più che vincitori, potrebbe voler dire che dobbiamo attraversare un Mar Rosso, o forse entrare in una fornace ardente, o in una fossa dei leoni. Essere più che vincitori non significa che non avremo mai brutte esperienze nella vita. Se vogliamo essere più che vincitori, è indispensabile entrare in luoghi e situazioni che ci daranno un’opportunità di vittoria.

Mi sembra interessante sapere che Paolo ha scritto queste parole a Roma nell’anno 57 d.C. Roma era un vasto impero. Si estendeva dalle isole britanniche, giù attraverso l’Europa, fino alla Germania, all’Asia Minore e tutt’intorno al Mediterraneo fino al Nordafrica. Era l’impero più grande mai esistito. I romani erano abituati a vincere. Era normale per loro. Che si trattasse dei giochi nel Colosseo o del campo di battaglia, si aspettavano di vincere. Erano conquistatori, erano i vincitori della loro generazione. E Paolo scrive a un gruppo di cristiani che sono oppressi e perseguitati da Roma e dice che sono loro i vincitori; e non solo vincitori, ma più che vincitori.

Questa parola, “vincitori”, viene da un termine greco che in realtà è composta da due parole diverse: “hyper nikao”. Il significato della prima è “oltre, al di sopra, più di”. Poi “nikao” viene dalla stessa radice di Nike, la dea della vittoria. Così, letteralmente, questa frase “più che vincitori” è come dire “super-vincitori”. Siamo più che vincitori, superiamo, sorpassiamo i vincitori. E Paolo lo scrive per sottolineare per questi cristiani la certezza della vittoria. Siete più che vincitori. Non è un’espressione di arroganza, ma di una sicurezza santa. È la sicurezza del potere divino di prendere qualsiasi cosa nella nostra vita e usarla come strumento per il nostro bene e per l’adempimento dei suoi propositi. Qualsiasi cosa ci troviamo davanti, Dio può prenderla, capovolgerla e trasformarla in qualcosa che coopera al nostro bene e adempie i suoi propositi. “Più che vincitori”.

Poi continua dicendo:

In tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. (NR)

Essere più che vincitori non si basa sulle nostre capacità o i nostri meriti, ma di essere vincitori per mezzo di Cristo.

Penso che ci siano tre modi principali in cui Dio tratta le cose brutte che succedono nella nostra vita. Il primo è la prevenzione. Non sappiamo nemmeno di doverlo ringraziare per questo, perché non sappiamo che cosa stava per succederci. Credo che ci sia una battaglia in corso nel mondo dello spirito, una battaglia invisibile in cui ci vengono tirati contro continuamente frecce e dardi cui Dio impedisce di colpirci. Per fare un esempio pratico che possiamo capire tutti, è quello che il nostro corpo fa in continuazione. Combatte costantemente batteri e agenti esterni che potrebbero farci ammalare e ne previene l’effetto. Credo che accada la stessa cosa nel mondo dello spirito. Mi fa piacere che Dio impedisca che mi succedano cose brutte. Non so cosa succede, ma sono grata che Lui lo faccia. A volte impedisce che ci succeda qualcosa e in questo siamo più che vincitori.

A volte Dio interviene. Si presenta in mezzo alla battaglia, in mezzo alla difficoltà o alla prova, e cambia le cose. Interviene e apre il Mar Rosso, o chiude la bocca dei leoni, o è presente in mezzo al fuoco. L’intervento è quando entra in una brutta situazione e la cambia. Così c’è la prevenzione, c’è l’intervento e poi alla fine, a volte è questione di redenzione. Dio prende una cosa che ci succede e poi, che si tratti di qualcosa che in futuro si risolverà per il nostro bene o per quello del regno di Dio, o di qualcosa che non capiremo mai di qua dall’eternità, prende questa situazione brutta e la usa per qualche forma di redenzione nella nostra vita.

Quando i babilonesi saccheggiarono la Giudea e ne mandarono in esilio gli abitanti, quella generazione non vide mai la propria redenzione, che arrivò solo più tardi. Giuseppe fu venduto come schiavo. Perfino a Maria tredicenne venne annunciata la sua gravidanza e per trentatré anni nessuno la ritenne una cosa buona. Il modo in cui la gente la guardava non era una bella cosa, tuttavia ci fu una redenzione. A volte Dio agisce in modo preventivo, a volte interviene e a volte redime. E al momento non sappiamo mai cosa succederà. Ma possiamo essere certi che siamo in Cristo e che grazie a Lui siamo più che vincitori. Non siamo più che vincitori perché non ci succede mai niente di male; e nemmeno perché vediamo sempre in che modo Dio cambia una serie di avvenimenti; nemmeno perché sappiamo che ogni volta vedremo Dio intervenire e capiremo esattamente come mai succedono certe cose. No! Siamo più che vincitori perché Dio è per noi! E perché Dio è con noi!

Non siamo più che vincitori in base alle nostre capacità. Lo siamo perché siamo in Cristo. Chi ottiene la vittoria lo fa grazie alle sua capacità e alla sua forza, ma i più che vincitori la ottengono per grazia e per la loro associazione con Cristo.

Se tornate al versetto 34, Paolo chiede chi ci condanna. Nessuno, perché Gesù Cristo che è morto, anzi, ancora meglio, che è risorto, è alla destra del Padre e intercede per noi. È un’idea incredibile! Gesù è morto, sconfiggendo il peccato, ma non è rimasto lì. È risorto per grazia, sconfiggendo la morte, e adesso è seduto alla destra del Padre. E noi siamo in Lui. Ha vinto il peccato e la morte, quindi, qualsiasi cosa dobbiamo affrontare, si faccia pure avanti! Questo è il Dio che serviamo.

In Giovanni 16,33, Gesù disse ai suoi discepoli: “Nel mondo avrete tribolazione, ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo”.

Più che vincitori in Cristo, perché Lui ha già vinto e ha già trionfato. Dobbiamo solo impossessarci del paese.

Poi nel versetto 38 dice: “Infatti io sono persuaso”. Tutt’a un tratto Paolo comincia a usare la prima persona. Sono persuaso. Paolo ha risposto a tutte quelle domande indicando la sua stesa vita. Non dice: sono dell’opinione. Dice: sono convinto. Poiché Dio era intervenuto nella sua storia in un certo modo, lui sapeva qualcosa su Dio e sul suo carattere che non avrebbe potuto convincerlo del contrario. Sono persuaso. L’ho vissuto. Alla chiesa di Filippi aveva detto: “Ho avuto momenti di povertà e momenti di abbondanza. Mi sono trovato in situazioni in cui ero completamente sazio e altre in cui non avevo cibo. Tuttavia, in tutte queste cose so di poter fare ogni cosa in Cristo che mi fortifica. Posso vivere in entrambi i modi, in povertà o in abbondanza, posso avere fame o essere ben nutrito. Posso fare tutto in Cristo che mi dà forza.

Usavo sempre quel versetto quando giocavo a baseball e prendevo il posto del battitore. Posso fare ogni cosa in Cristo che mi dà forza. Posso colpire la palla più forte e mandarla più lontano perché sono nella squadra di Gesù. Ma non è quello di cui parla Paolo. Lui dice che in qualsiasi situazione ci troviamo nella vita, possiamo farcela. Possiamo sopportare anche le situazioni difficili, perché è Cristo che ci fortifica. Qui lui parla per esperienza personale. Dice che Dio ha riempito la sua vita in maniera tale da convincerlo del suo carattere.

Rivedendo la storia della vostra vita, che cosa ha fatto Dio per convincervi di qualche aspetto del suo carattere? Quale parte della vostra vita vi convince del suo amore?

[…]

Il Pastore Mark dice spesso che tutti noi vogliamo vedere un miracolo. Ci piacerebbe vederlo, ma pochi sono disposti a trovarsi in una situazione tale da averne veramente bisogno. Penso che lo stesso valga per l’essere più che vincitori. Vogliamo tutti essere più che vincitori, vogliamo sentirci più che vincitori, ma pochissimi di noi sono disposti a infilarsi in una situazione che ci dia l’opportunità di essere più che vincitori.

[…]

C’è un altro posto nelle Scritture in cui si parla di essere più che vincitori. Apocalisse 12,11 dice che vinceremo il nemico per mezzo del sangue dell’Agnello e della parola della nostra testimonianza. Il sangue dell’Agnello: sconfiggiamo il nemico perché siamo in Cristo, il sangue dell’Agnello; e per mezzo della parola della nostra testimonianza, la storia unica che Dio sta scrivendo in noi e tramite noi, che ci convince della grandezza del suo carattere.

In che modo la vostra storia riflette qualcosa della bontà e della grandezza divina? Di che cosa siete persuasi perché lo avete visto attraverso il modo in cui Lui si è manifestato?

Sono persuasa perché l’ho sperimentato. Penso che quando nella nostra vita succedono queste cose dobbiamo fare tre cose. Quando Dio si manifesta nella nostra vita e ci persuade di qualche lato del suo carattere, dobbiamo segnarlo, dobbiamo scriverlo. Dobbiamo, in qualche modo, catturare quel momento così da non dimenticarcene. Dobbiamo esserne grati. Dobbiamo inginocchiarci e ringraziare Dio per come interviene, per come redime, per come si manifesta. E dobbiamo festeggiare quel momento. […]

Siete persuasi?

Poi Paolo continua a parlare di ciò di cui è persuaso:

Che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore. (NR)

Sono tutte cose che Paolo ha scritto in altri posti. Dice: per me vivere è Cristo, morire è un guadagno. Dovunque mi trovi, ho sempre con me l’amore divino. Alla chiesa dei Corinzi dice che tutte le cose sono nostre in Cristo, nel presente o nel futuro. Agli Efesini dice che non possiamo nemmeno cominciare a comprendere l’altezza e la profondità dell’amore che Dio ha per noi. Va agli estremi e dice che nessuna di queste cose può separarci dall’amore di Dio. L’amore di Dio è più grande e più forte delle vostre debolezze, dei vostri dubbi, delle vostre manchevolezze, delle vostre schiavitù, dei vostri peccati e delle vostre cattive abitudini. È più grande e più forte di tutte quelle cose; non possono separarvi dall’amore di Dio.

Sentite che cosa ci dicono le Scritture sull’amore di Dio. L’amore perfetto, l’amore divino, scaccia ogni paura. Gettate su di Lui ogni vostra preoccupazione, perché Egli ha cura di voi. Il tuo amore per me è grande. Mi hai salvato dagli abissi, dal mondo dei morti. L’Eterno è buono e il suo amore dura in eterno. La sua fedeltà continua per ogni generazione. Lode all’Eterno che ha salvato la tua vita dalla fossa e t’incorona di amore e compassione, poiché come i cieli son alti sulla terra, così è grande il suo amore verso quelli che lo temono.

Tre volte nei Salmi dice che grande è il suo amore, più alto dei cieli, la tua fedeltà giunge fino al cielo. Quaranta volte le Scritture ci dicono che il suo amore dura in eterno. È più grande e più forte di qualsiasi cosa che minacci di strapparvi a Lui. E Paolo ne è persuaso per come ha visto Dio manifestarsi nella sua vita.

Il suo amore è più grande e più forte di qualsiasi cosa dobbiate mai affrontare. Qualsiasi cosa sia con voi nella fossa adesso, il suo amore è più grande e più forte di quello. E se siete in Lui, siete più che vincitori. Siete già nelle condizioni di essere più che vincitori.

Giovanni Crisostomo fu uno dei più grandi predicatori della chiesa. Visse nel quarto secolo dopo Cristo e fu arrestato e portato davanti all’imperatore, che minacciò di esiliarlo se non avesse rinnegato il cristianesimo. Giovanni sapeva che il pericolo era una cosa quotidiana per un credente, ma credeva anche di essere più che vincitore in Cristo. Così, davanti alla minaccia dell’esilio disse: “Non puoi esiliarmi, perché questo mondo è la casa di mio Padre”. E l’imperatore: “Ti ucciderò”. “Non puoi farlo, perché la mia vita è nascosta con Cristo in Dio”. “Ti priverò dei tuoi tesori”. “Non puoi, perché il mio tesoro è in cielo e là è il mio cuore”. “Ti scaccerò lontano da tutti e non ti rimarrà più un amico”. E lui replicò: “Non puoi farlo, perché in cielo ho un amico da cui non puoi separarmi. Ti sfido, perché non puoi far niente per ferirmi”.

Alcuni di noi oggi devono arrivare a un momento di sfida. Vedete, Giovanni Crisostomo capì ciò che Paolo stava cerando di far capire ai cristiani romani che siete più che vincitori, perché in Cristo non c’è condanna e siete liberi di vivere nella potenza dello Spirito. Siete figlie e figli adottivi del Re. E ciò non significa che abbiamo semplicemente un biglietto famiglia per entrare nel regno, ma che siamo più che vincitori. Crisostomo vinse il conquistatore perché sapeva di essere in Cristo; sapeva che qualsiasi cosa gli capitasse, qualsiasi cosa gli facessero, poiché era in Cristo era più che vincitore.

Ci vuole un coraggio santo e una fiducia umile. E credo che molti di noi, qui oggi, debbano arrivare a un momento di sfida. Per molti di voi questo è solo per ricordarvi che siete in Cristo e quindi siete più che vincitori; per ricordarvi che, in qualsiasi situazione vi troviate, poiché siete in Cristo, alla fine della giornata, che Lui intervenga o che vi redima, siete più che vincitori e niente può separarvi dal suo amore, perché è più grande e più forte di qualsiasi cosa possiate affrontare.

Alcuni di voi che sono qui oggi non sono in Cristo, così questo messaggio non vi dà molte buone notizie. Non posso promettere che tutto andrà bene; ma la buona notizia per voi è che potete venire a Cristo oggi. Ha già pagato il prezzo della vostra salvezza. Sta già aspettando a braccia aperte che arriviate a Lui. Così, se oggi vi trovate in questa situazione, v’incoraggiamo a venire a Cristo. Qualsiasi cosa dobbiate affrontare, niente può separarvi dall’amore di Dio. Non importa cosa sia. Non importa cosa vi sia successo o cosa abbiate fatto, niente può separarvi dall’amore di Dio. È più grande e più forte. Venite a Cristo, perché in Cristo non c’è condanna. In Cristo siete liberi di fare una vita nuova. In Cristo, siete figlie e figli del Re. In Cristo, siete coeredi del regno. E in Cristo, siete più che vincitori e non potete essere separati dall’amore di Dio.

Sfidate qualcosa oggi. Riconoscete di essere più che vincitori, non a causa delle vostre capacità, ma perché siete in Cristo e Lui ha sconfitto la morte e il peccato.

Dio, ti ringrazio oggi perché hai vinto il peccato, perché hai vinto la morte. Dio, prego che in qualche modo riusciamo a ficcarci in testa questo: che non si tratta di noi e di quel che possiamo fare, ma di Te e di quello che hai già fatto; che quando affrontiamo le battaglie, non lo facciamo da soli; che niente può strapparci alle tue mani; che niente può separarci dal tuo amore. Dio, prego per ognuno di noi qui, oggi, che ti manifesti nella nostra vita in maniera inequivocabile, così che possiamo convincerci del tuo carattere a causa di quello che ti abbiamo visto operare in passato nella nostra vita. Dio, se c’è qualcuno qui, oggi, che non ti conosce, che non è in Cristo, prego che il tuo Spirito Santo lo afferri, che Tu faccia qualcosa, che Tu dica loro qualcosa per dimostrargli com’è grande, forte, vasto e meraviglioso il tuo amore e che non c’è assolutamente niente che possa separarlo da Te. Dio, grazie per quello che sei e per quello che hai fatto. Ti lodiamo, ti magnifichiamo e ti adoriamo. Dio, fa’ che possiamo vivere come persone che credono veramente nelle cose in cui dicono di credere. Nel nome di Gesù. Amen.


1 Romani 8,37.


Titolo originale: More Than Conquerors
Brani tratti dalla trascrizione originale del sermone
tenuto il 12 agosto 2012 presso la National Community Church, Washington, DC, USA. Pubblicato originariamente sull'Ancora in Inglese il 15 Marzo 2013.

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