Compilazione
Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. —Giovanni 13:34
Nella nostra società individualista, molti di noi si sentono spesso soli. A volte siamo effettivamente soli, altre volte ci sentiamo semplicemente soli. Alcuni di noi, condizionati dalla nostra cultura, credono di stare meglio da soli e pensano di non aver bisogno dell’aiuto degli altri. Tuttavia, il Vangelo — e tutta la Scrittura, se è per questo — rafforza la verità che siamo stati creati per una vita comunitaria. Dio non ci ha creati per essere esseri isolati, ma piuttosto persone che vivono la vita con gli altri. Il modo principale in cui noi cristiani viviamo in comunità è l’appartenenza alla sua Chiesa.
Quando la nostra cultura pensa alla comunità, spesso pensa a un club sociale o a un’organizzazione formata intorno a un interesse o a una causa specifica. Ma la Chiesa è qualcosa di molto più grande. È il “corpo” di Cristo (Colossesi 1:24). E la natura delle nostre relazioni con gli altri cristiani è descritta nel Nuovo Testamento come koinonia, una parola greca spesso tradotta come “comunione”. Significa che noi cristiani siamo in comunione gli uni con gli altri e partecipiamo alla vita insieme. Non solo, ma siamo anche in comunione con Cristo e partecipiamo alla sua vita e alla sua missione. Siamo membra del suo corpo.
La fratellanza nella Chiesa si esprime concretamente nella diversità. Dio vuole trasformarci da persone che preferiscono stare con chi è simile a noi in persone che amano chi è diverso da noi e da quelli con cui tipicamente socializziamo. [...
Uno dei motivi per cui Dio ha istituito la Chiesa è che possiamo sperimentare concretamente l’amore di Cristo. Tuttavia, questo amore non è mai stato pensato per essere limitato alla comunità della chiesa. Piuttosto, dovrebbe traboccare generosamente su tutte le nostre comunità, compresi i nostri luoghi di lavoro. L’amore di Cristo cambia il modo in cui vediamo la nostra comunità lavorativa.
I nostri colleghi non sono solo persone che ci aiutano a portare a termine il nostro lavoro o che ci aiutano a progredire professionalmente. No, Dio li ha messi nella nostra vita perché possiamo amarli e servirli, anche se sono radicalmente diversi da noi. Siamo chiamati ad amarli [...] affinché possano non solo prosperare, ma anche sperimentare l’amore e la misericordia di Dio. —NIV Faith & Work Bible1
Creare un senso di comunità
Il cristianesimo non è fatto per essere vissuto nel vuoto, ma per essere condiviso in comunione amorevole e in unità con gli altri e diffondersi tra le persone all’esterno della nostra comunità della fede. Il nostro carattere cresce e matura vivendo in una comunità sociale.
Il nostro carattere cresce e matura vivendo in una comunità sociale. Per loro stessa natura, l’appartenere a una comunità, il collaborare con personalità che possono essere molto diverse e l’essere costretti a spingerci al limite e dedicarci agli altri, ci costringe a esercitare il tipo di qualità che Gesù vuole affinare in noi. Senza quelle interazioni è più difficile maturare spiritualmente in maniera completa. Quelle sfide sono anche un momento di preparazione per la crescita interiore; ci aiutano a essere più simili a Gesù e ci preparano a raggiungere meglio gli altri ed essere canali dell’amore di Dio.
Come ha scritto John Ortber in La persona che voglio essere:
Dio usa le persone per formare altre persone. Per questo ciò che succede tra voi e un’altra persona non è mai soltanto un’interazione tra esseri umani: lo Spirito brama essere all’opera in ogni incontro, in tutta la sua potenza. […] Spiritualmente, come disse [l’apostolo] Giovanni, “chi non ama, rimane nella morte”. Quando viviamo in isolamento, cadiamo più facilmente vittime della tentazione o dello scoraggiamento. Siamo più portati all’egocentrismo. Spendiamo più facilmente il denaro in maniera egoista. E non siamo solo noi a soffrire, quando viviamo separati dagli altri; anche le persone che Dio ci ha messo vicino vengono private dell’amore che Dio voleva dessimo loro.
Far parte di una comunità cristiana è simile a far parte di una famiglia. Di solito c’è un senso di appartenenza alla propria famiglia; siamo sicuri che i nostri genitori, nonni o fratelli e sorelle ci amano e che saranno pronti ad aiutarci se ne avremo bisogno. Sentiamo che si preoccupano per noi.
È quello stesso senso di appartenenza, di attenzione e di amore che dobbiamo sforzarci di formare con i nostri fratelli e sorelle nel Signore. Noi credenti facciamo parte della famiglia di Dio. «E, distesa la mano verso i suoi discepoli, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli. Poiché chiunque fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, mi è fratello, sorella e madre”» (Matteo 12:49-50).
Come cristiani, abbiamo il privilegio e la responsabilità di manifestare l’amore del Signore alle persone bisognose della nostra comunità. Dobbiamo mostrare amore a tutta l’umanità ma specialmente a quelli all’interno della nostra comunità della fede. La Bibbia dice: “Portate i pesi gli uni degli altri, e così adempirete la legge di Cristo” (Galati 6:2).
Nel suo blog, Arthur Stewart ha spiegato così il bisogno di prendersi cura gli uni degli altri all’interno di una comunità:
Abbiamo bisogno di persone che camminino costantemente con noi — che condividano gli alti e i bassi e tutti i momenti ordinari che stanno nel mezzo. Vogliamo gente che rida con noi, che pianga con noi; altre persone che si preoccupino dei nostri figli e diano una mano con loro; amici e amiche con cui pregare e che possiamo chiamare quando la batteria dell’auto è scarica e abbiamo bisogno d’aiuto. Vogliamo una comunità piena di Gesù. […]
Vivendo in questo modo, siamo la chiesa. Amate Dio, amate gli altri, amatevi a vicenda. Aiutate gli altri a fare lo stesso. Cercate il regno di Dio. Fate il vostro percorso insieme, svolgete la missione insieme, siate quello che dovete essere insieme.
Oltre ai modi pratici con cui possiamo aiutare gli altri e portare i pesi a vicenda, possiamo aiutare le persone incoraggiandole, come fa notare John Ortberg:
Ogni giorno, tutte le persone che conoscete affrontano la vita con la prospettiva dell’eternità; e la vita ha un modo tutto suo di scoraggiare la gente. Per questo ogni vita ha bisogno di un gruppo di tifosi. Ogni vita ha bisogno di una spalla cui appoggiarsi di tanto in tanto. Ogni vita ha bisogno di chi la presenti a Dio in preghiera. Ogni vita ha bisogno di chi l’abbracci e la stringa a sé ogni tanto. Ogni vita ha bisogno di sentire una voce che dice: “Non arrenderti”.
Non siamo isole. Dipendiamo dagli altri. Solo Dio sa quante volte le grandi opere realizzate da uomini e donne di Dio nel corso dei secoli sono state possibili grazie a un altro credente che aveva il ministero dell’incoraggiamento e della preghiera.
Dio vuole che amiamo tutta l’umanità e che siamo esempi delle sue qualità davanti alle persone che incontriamo e con cui interagiamo quotidianamente. Gesù ha detto: “Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo” (Galati 6:2).
L’amore è la cosa più importante. Gesù vuole che noi, i suoi seguaci, siamo conosciuti per il nostro amore. Così, mentre cerchiamo di formare una comunità e di promuovere un senso di appartenenza, fratellanza e cameratismo, lo facciamo per e con l’amore di Cristo che ci costringe (2 Corinzi 5:14). —Peter Amsterdam
Il piano divino
L’individualismo e il vivere da soli non fanno parte del disegno di Dio. Dopo tutto, Dio è una comunità in sé. Esistendo per tutta l’eternità passata, Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo hanno goduto dell’amore e della comunione della loro perfetta comunità trinitaria. Creando l’umanità, Dio ha voluto che partecipassimo a quella comunità e conoscessimo l’amore perfetto e gioioso che la Divinità condivide.
Ma Dio non si è fermato qui. Non ha creato l’uomo perché sia in comunità esclusivamente con Lui. Dopo aver creato il mondo e Adamo, Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo; gli farò un aiuto che sia adatto a lui” (Genesi 2:18). Dio ha creato l’uomo e la donna perché costituiscano una comunità, per creare famiglie e vivere insieme, portando l’immagine del Dio trino e rispecchiandolo.
Le Scritture parlano di comunità. Dio scelse gli Israeliti come suo popolo. “Io camminerò in mezzo a voi, sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo” (Levitico 26:12). Essi vivevano e lo adoravano insieme, in comunità. Dopo la morte, la risurrezione e l’ascensione di Cristo, Dio ha istituito la Chiesa, il Corpo di Cristo, come comunità di credenti. “Ora voi siete il corpo di Cristo e sue membra” (1 Corinzi 12:27).
Nel suo libro Più bianco della neve: Meditazioni su peccato e misericordia, Paul Tripp dice: “Non siamo stati creati per essere indipendenti, autonomi o autosufficienti. Siamo stati creati per vivere in un’umile, adorante e amorevole dipendenza da Dio e in un’amorevole e umile interdipendenza con gli altri. Le nostre vite sono state concepite come progetti comunitari. Eppure, la stoltezza del peccato ci dice che abbiamo dentro di noi tutto ciò di cui abbiamo bisogno”. […]
La verità è che abbiamo bisogno gli uni degli altri. Abbiamo bisogno di fidarci, di affidarci e di dipendere da altri credenti. Dio ci ha dato l’un l’altro perché camminassimo fianco a fianco, ci incoraggiassimo e ci spronassimo a vicenda nella fede. […] Sebbene la società ci dica che possiamo vivere da soli, la parola di Dio ci dice che semplicemente non possiamo funzionare senza gli altri (1 Corinzi 12:12-31). Abbiamo bisogno gli uni degli altri e della comunità. —Christina Fox2
Pubblicato originariamente sull’Ancora in inglese il 4 febbraio 2025.