Sviluppare una mentalità grata

Ottobre 27, 2023

Peter Amsterdam

[Developing a Gratitude Mindset]

Diventare più simili a Gesù vuol dire diventare Cristiani migliori grazie a un’applicazione più sollecita degli insegnamenti delle Scritture, unita alla guida e alla grazia dello Spirito Santo. Questa applicazione delle Scritture funziona in due modi: primo, richiede di rinunciare all’empietà, di credere che ciò che la Bibbia definisce peccato è davvero un peccato e deve essere opposto e sconfitto il più possibile. Secondo, richiede di rivestirsi di Cristo (Romani 13:14), di abbracciare le virtù divine di cui parlano le Scritture, i frutti dello Spirito, e vivere in modo da rafforzare queste virtù nella nostra vita.

Crescere in santità è un’attività che dura tutta la vita. Richiede la volontà di cambiare, l’impegno e la disponibilità a fare regolarmente lo sforzo di alterare in maniera positiva azioni, pensieri, desideri e mentalità. È una trasformazione spirituale, un rinnovamento della mente, la trasformazione in una nuova creatura e la determinazione di “spogliarvi dell’uomo vecchio […] per essere rinnovati nello spirito della vostra mente e per essere rivestiti dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e santità della verità” (Efesini 4:22-24).

Nel suo libro Cultivating Christian Character [Coltivare un carattere cristiano], Michael Zigarelli, dopo aver condotto un sondaggio tra cinquemila Cristiani, ha trovato degli indicatori sulle virtù che sembrano più utili nello sviluppo della somiglianza a Cristo: la gratitudine, la gioia di vivere­ e la centralità di Dio.1

Vediamo questa combinazione di gratitudine, gioia e centralità di Dio nelle parole dell’apostolo Paolo: “Siate sempre allegri. Non cessate mai di pregare. In ogni cosa rendete grazie, perché tale è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1 Tessalonicesi 5:16-18).

Nelle Scritture, la gratitudine si esprime come ringraziamento o rendimento di grazie. Si basa sul concetto che in ogni luogo e in ogni situazione il popolo di Dio dovrebbe continuare a ringraziare colui che l’ha creato e riscattato. Nel Vecchio Testamento il ringraziamento è indicato dalla parola ebraica todah, che viene tradotta con grazie, gratitudine, rendere grazie e a volte lodare. È lo stesso termine usato per dire grazie in ebraico moderno. La parola todah si trova più spesso nel libro dei Salmi, che contiene molte lodi e ringraziamenti a Dio.2

Anche il Nuovo Testamento è pieno di esempi di ringraziamento a Dio oltre a istruzioni su come farlo. Leggiamo dell’esempio di Gesù che ringrazia e dei credenti che rendono grazie a Cristo (Matteo 11:25; 26:27). Anzi, ci viene detto di rendere grazie a Dio per ogni cosa e continuamente (Efesini 5:20. La gratitudine dovrebbe essere uno stile di vita. Anche se esprimiamo gratitudine nei confronti di altre persone, la nostra gratitudine assoluta va a Dio, che ci ha donato la vita.

Quando prestiamo attenzione a coltivare la gratitudine, tutto il nostro modo di vedere la vita cambia, perché con il tempo si produce un contesto o una lente nuova con cui esaminiamo le circostanze. Cominciamo a vedere le nostre esperienze e tutto quello che abbiamo alla luce dell’amore di Dio; di conseguenza possiamo essere grati. Questo cambia la nostra prospettiva, perché riconosciamo che qualsiasi situazione potrebbe essere peggio di quel che è – ma non lo è. Ciò non significa che non facciamo il possibile per migliorare la situazione, soltanto che la vediamo con gratitudine, grati per quello che abbiamo, perché siamo vivi, perché, anche se non viviamo nell’abbondanza o non abbiamo quello che hanno gli altri, tuttavia abbiamo a sufficienza.

In un certo senso la gratitudine è una mentalità, un modo di vedere il mondo. In qualsiasi circostanza scegliamo di vedere le cose alla luce della gratitudine a Dio per il suo amore, le sue cure e la sua provvidenza. Invece di paragonarci agli altri o di lamentarci per le nostre condizioni di vita, ringraziamo Dio per quello che abbiamo. Per farlo, dobbiamo pensare in maniera nuova, concentrando i nostri pensieri sulle benedizioni invece che sulle cose che ci mancano nella vita, o di avere l’atteggiamento che le cose potrebbero essere molto migliori “se solo…”. La gratitudine ci rende contenti dello stato in cui ci troviamo e ci fa ringraziare regolarmente il Signore per le nostre benedizioni, esigue o abbondanti che siano.

Sviluppare un atteggiamento di gratitudine richiede un condizionamento della nostra mente a rifiutare i pensieri che ci rendono scontenti delle circostanze. Più ci paragoniamo agli altri, desiderando ciò che hanno, meno siamo soddisfatti della nostra situazione, il che ci rende ciechi di fronte all’amore e alle premure di Dio nei nostri confronti, rendendoci ingrati di ciò che ha fatto e continua a fare nella nostra vita. Se non ci liberiamo dei nostri pensieri scontenti e invidiosi, resteremo intrappolati in una mentalità tale da privarci della gioia e della felicità che vengono dalla consapevolezza della presenza e delle benedizioni di Dio.

Dal suo sondaggio, Zigarelli scoprì che i Cristiani con un maggior livello di gratitudine erano quelli che imparavano a essere contenti e che raramente desideravano quello che avevano gli altri. Costantemente, durante la giornata, si ricordavano di come Dio li aveva benedetti. È interessante notare che le persone che secondo il sondaggio erano più grate avevano in genere un livello finanziario più basso; quindi, non erano i beni materiali a causare o sostenere la gratitudine nel loro cuore.

Sviluppare una mentalità grata dipende dalla nostra fiducia nell’inesauribile amore di Dio. Spesso è difficile sentirsi grati quando affrontiamo delle difficoltà, quando sembra che la vita non abbia senso e quando le nostre preghiere rimangano inesaudite. Un atteggiamento grato, però, non dipende dagli avvenimenti intorno a noi, è ancorato nella fede che Dio ci ama e che ascolta le nostre preghiere; e nel sapere che, anche se le circostanze non cambiano, ci sono sempre cose di cui essere grati anche nella peggiore delle situazioni.

Un modo per coltivare la gratitudine è tenere traccia di ciò di cui si è grati. Tenere un diario della gratitudine aiuta a tenere traccia delle proprie benedizioni e ricordarle. Ognuno di noi ha molte cose di cui essere grato nella vita di tutti i giorni, ma raramente ci prendiamo il tempo di rendercene conto. Dato che non le riconosciamo, non le registriamo consciamente nella mente come benedizioni e cose di cui essere grati.

Nella vita ci sono molte cose, grandi e piccole, che possiamo identificare come benedizioni di Dio: i nostri doni e talenti, gli obiettivi che raggiungiamo, le opportunità che incontriamo, la nostra salute e molte altre. Alcune cose sono più terra-terra, come aggiustare l’auto, avere cibo in tavola, l’acqua che esce dai rubinetti e un water da poter usare. Poi ci sono parenti e amici che ci vogliono bene, oltre alle persone che ci hanno aiutato in qualche modo. Le cose di cui essere grati sono innumerevoli, tuttavia spesso non ci prendiamo il tempo di riconoscerle. Tenere un diario ci aiuta a farlo; facendolo, cominciamo ad addestrare la mente a riconoscerle e alla fine la nostra mentalità può cambiare in maniera tale che la gratitudine diventa parte di noi, mettendoci sulla strada che porta a essere più simili a Cristo.

C’è un collegamento anche tra la confessione dei peccati e una maggior gratitudine. Quando esponiamo regolarmente i nostri peccati davanti al Signore, ci ricordiamo delle nostre imperfezioni e della sua misericordia. Sapere che siamo stati perdonati e che abbiamo ricevuto il dono della sua misericordia genera in noi sentimenti di gratitudine. Confessare al Signore i nostri peccati fa parte del processo di spogliarci del vecchio io e indossare la persona nuova,“che si va rinnovando in conoscenza a immagine di colui che l’ha creato” (Colossesi 3:9-10).

Anche ricordare i poveri nelle nostre preghiere può aumentare la nostra gratitudine. Quando preghiamo per chi ha meno di noi, ci ricordiamo di come la vita è difficile per alcuni e diventiamo grati per come viviamo noi. Quando preghiamo per i profughi che sono stati costretti ad abbandonare tutto e rischiare la vita per arrivare in un posto sicuro, possiamo vedere la nostra situazione dalla prospettiva giusta. Zigarelli ha scritto:

Il nostro quadro di riferimento diventa la vedova impoverita, il bambino affamato, il padre senza lavoro, il neonato ammalato, il profugo scacciato dalla guerra, l’abitante del terzo mondo privo di elettricità o acqua corrente. Pregare ogni giorno per queste persone è una pratica che illumina la nostra esistenza con la luce brillante della provvidenza divina; di conseguenza si può provare una serie stupefacente di capovolgimenti. L’invidia lascia il posto alla soddisfazione. Il risentimento lascia il posto ala contentezza. La lamentela lascia il posto alla lode. In tutto questo il catalizzatore è la gratitudine, originata da una prospettiva più chiara che a sua volta è generata da una riflessione sui poveri.3  

Come Cristiani, possediamo la benedizione suprema: la salvezza, la consapevolezza che vivremo in eterno con Dio. Abbiamo un rapporto con il Creatore e sostentatore di tutte le cose. Il nostro Dio è anche il nostro Padre che sa di cosa abbiamo bisogno e promette di prendersi cura di noi. In qualsiasi circostanza, siamo alla sua presenza. La nostra dovrebbe essere una vita piena di gratitudine e di ringraziamenti a Dio, “ringraziando continuamente per ogni cosa Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo” (Efesini 5:20).

Pubblicato originariamente nel gennaio 2017.
Adattato e ripubblicato sull’Ancora in inglese il 14 agosto 2023.


1 Michael Zigarelli, Cultivating Christian Character (Colorado Springs: Purposeful Design Publications, 2005).

2 E. E. Carpenter and P. W. Comfort, in Holman Treasury of Key Bible Words: 200 Greek and 200 Hebrew Words Defined and Explained (Nashville: Broadman & Holman, 2000), 188.

3 Zigarelli, Cultivating Christian Character, 36.

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