Peter Amsterdam
Quando Gesù insegnò ai suoi discepoli il Padre Nostro, disse: “Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male” (Matteo 6:19-13).
La parola utilizzata da Gesù per rivolgersi al Padre è il termine aramaico Abba, che significa proprio Padre. È comprensibile che Gesù, come Figlio unigenito di Dio, chiamasse suo Padre Abba, ma la cosa notevole è che insegnò anche a chi credeva in Lui di chiamare Dio Abba.
Nei suoi insegnamenti durante il Sermone sul Monte, Gesù pose l’accento su “vostro Padre”, usando la frase undici volte. Dal Sermone in poi, spesso Gesù parlò di Dio anche come di suo Padre in un modo che sembrava escludere gli altri da quel rapporto speciale. Come Figlio unigenito di Dio, il rapporto di Gesù con il Padre era diverso dal nostro.
Lo abbiamo visto precedentemente nel Vangelo di Matteo, al momento del battesimo di Gesù, quando Dio disse: “Questi è il mio amato Figlio, nel quale mi sono compiaciuto” (Matteo 3:17). Viene espresso più chiaramente nella prima preghiera di Gesù riportata nel Vangelo di Matteo: “Ogni cosa mi è stata data in mano dal Padre mio, e nessuno conosce il Figlio, se non il Padre; e nessuno conosce il Padre, se non il Figlio e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo” (Matteo 11:27).
Anche se Gesù è il Figlio unigenito di Dio, pure noi siamo diventati figli di Dio mediante la nostra fede in Lui. La prima chiesa aveva compreso che, grazie alla morte e risurrezione di Gesù, i credenti erano membri della famiglia di Dio e quindi potevano chiamare Dio loro Padre, Abba.
“Quando è venuto il compimento del tempo, Dio ha mandato suo Figlio, nato da donna, sottoposto alla legge, perché riscattasse quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione. Ora perché voi siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei vostri cuori che grida: ‘Abba, Padre’” (Galati 4:4-6).
Pregare “Padre nostro” implica un senso d’intimità; implica che ci stiamo rivolgendo a una persona che ci ama e si cura di noi. La preghiera non deve essere un modo complicato e formale di rivolgersi a una entità imprevedibile, ma una comunicazione proveniente dal cuore. La preghiera insegnata da Gesù era breve e senza pretese, una semplice comunicazione da parte di chi sa di dipendere da suo Padre per le proprie necessità quotidiane, e di aver bisogno di perdono per i propri peccati, della sua protezione e delle sue attenzioni.
Iniziando la preghiera con “Padre nostro che sei nei cieli”, Gesù ci ricorda anche che la persona che chiamiamo Padre è sommamente grande, perché Lui è in cielo e noi no. C’è equilibrio in questo, perché mentre ci rivolgiamo intimamente a Dio, siamo anche consapevoli della sua potenza e della sua infinita grandezza. È Dio Onnipotente, il sommo Creatore di tutto ciò che esiste. È anche il nostro “Abba” amorevole e noi siamo i suoi figli che in Lui confidano e da Lui dipendono.
Chi crede in Gesù e lo riceve può chiamare Dio suo Padre. Ma a tutti coloro che lo hanno ricevuto, egli ha dato l’autorità di diventare figli di Dio (Giovanni 1:12). Ovviamente, Dio è il Creatore di tutte le cose e di tutti gli esseri umani, ha dato vita a tutti e in quel contesto tutti fanno parte della “progenie di Dio” (Atti 17:28-29) ma non è in questo senso che gli scrittori del Nuovo Testamento usano l’illustrazione di padre e figlio nei confronti di Dio e dei suoi figli. Il rapporto con Dio come Padre è riservato a chi crede in Gesù. È un dono di Dio ed è un grande privilegio rivolgersi a Lui chiamandolo “Padre nostro”.
All’introduzione, Padre nostro che sei nei cieli, seguono sei richieste. Le prime tre riguardano direttamente Dio – il suo nome, il suo regno e la sua volontà. Sono seguite da altre tre, che hanno a che fare direttamente con noi – le nostre necessità fisiche, i nostri peccati e le nostre tentazioni.
In quanto a modello per le nostre preghiere, dall’introduzione della Preghiera del Signore impariamo a incentrare la nostra attenzione su nostro Padre che è nei cieli, che è un Essere personale con cui abbiamo un rapporto. Entriamo alla sua presenza, lo lodiamo e lo adoriamo. Ci presentiamo a Lui con l’intendimento che il nostro rapporto con Lui è quello di un bambino con un genitore amorevole. Lui ci ama, conosce i nostri bisogni, vuole prendersi cura di noi e vuole ciò che è meglio per noi. A causa del rapporto con nostro Padre che è nei cieli, confidiamo in Lui, contiamo su di Lui e sappiamo che gli stanno a cuore i nostri migliori interessi. Questa è una visione fondamentale della preghiera cristiana.
Dopo la frase introduttiva della Preghiera del Signore, Gesù continuò con tre frasi che hanno a che fare con l’onore dovuto a Dio, il suo regno e il suo proposito, facendole seguire da altre tre che trattano dei nostri bisogni. Le prime tre frasi che si riferiscono a Dio sono: “Sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra”. Qui ci sono tre richieste: sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà. Esse esprimono la nostra preghiera per la gloria di Dio in relazione al suo nome, al suo regno e alla sua volontà.
La parola santificare significa onorare, santificare, distinguere, trattare con il massimo rispetto. Quando preghiamo sia santificato il tuo nome, onoriamo Dio e gli chiediamo di aiutarci a rendergli l’onore che gli è dovuto; gli chiediamo anche di agire nel nostro mondo in modo da far sì che chi non lo onora cambi e a sua volta dia gloria al suo nome.
Quando preghiamo il Padre Nostro, chiediamo al Signore di fare in modo che il suo nome sia glorificato completamente e dappertutto. Chiedendogli di rendere santo il suo nome, gli chiediamo di agire nel mondo fisico, specialmente attraverso di noi, il suo popolo, in modo che tutta l’umanità lo onori come Dio.
Nel leggere i Vangeli, vediamo che Gesù si preoccupava sempre di glorificare suo Padre. Le sue azioni motivavano altri a glorificare Dio. Nella sua preghiera in Giovanni 17, affermò: “Io ti ho glorificato sulla terra, avendo compiuta l’opera che tu mi hai dato da fare. […] Io ho manifestato il tuo nome agli uomini (Giovanni 17:4-6).Anche noi possiamo manifestare il suo nome agli altri; possiamo motivare gli altri a glorificare Dio mediante le nostre parole, la nostra vita e rispecchiando la grandezza e la gloria di Dio. Ci viene anche ricordato che Lui, sebbene sia Abba, il nostro padre amorevole, è anche Dio Onnipotente, e che dovremmo rispettarlo e riverirlo.
La seconda richiesta, venga il tuo regno, è simile alla prima perché è la richiesta che Dio porti il suo regno nel nostro mondo. Preghiamo che Dio instauri il suo regno, la sua potenza e la sua autorità su tutta la terra. Il regno fu inaugurato con l’entrata di Gesù nel mondo. Anche se il regno non era materiale, era tuttavia presente in Lui mentre era sulla terra e continua a essere presente oggi. Ne parlò anche in termini futuri. Il regno dinamico di Dio è allo stesso tempo una realtà presente, introdotta dalla vita e dal ministero di Gesù, e una manifestazione futura che sarà completata solo al suo ritorno.
Quando preghiamo venga il tuo regno, chiediamo a Dio di muoversi in modo che il vangelo venga predicato in tutto il mondo, così che le persone possano ricevere il messaggio ed entrare nel regno grazie alla fede in Gesù. Preghiamo che chi giungerà a conoscere il Signore gli permetterà di regnare nella sua vita sempre di più. Allo stesso tempo, preghiamo che Gesù ritorni e instauri completamente il regno di Dio. Aspettiamo con ansia il momento in cui il peccato e tutto ciò che si è opposto a Dio saranno eliminati. Preghiamo, come nelle parole che chiudono il libro dell’Apocalisse: Vieni, Signore Gesù! (Apocalisse 22:20).
La terza richiesta, Sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra, si basa sulla seconda. Quando Dio regna, la sua volontà è fatta. Qui preghiamo per il pieno adempimento di ciò che il regno comporta.
In cielo, il regno e la volontà di Dio sono già riconosciuti e realizzati, ma sulla terra non lo sono ancora pienamente. Il regno è già parzialmente presente nel cuore e nella vita dei credenti, ma non “come in cielo”. La volontà di Dio si fa già in cielo; il suo nome è già santificato, Lui è già Re e non esiste niente in cielo che possa impedire che la sua volontà sia fatta.
Pregando il Padre Nostro, chiediamo a nostro Padre di operare nel mondo per cambiare i cuori dell’umanità; e, come parte di ciò, gli chiediamo di aiutarci a collaborare per rendere possibile quel cambiamento nel cuore degli altri.In questo momento, il nostro mondo non fa la volontà di Dio come in cielo; in qualche momento del futuro, però, la volontà di Dio sarà fatta come in cielo, così in terra.
Quando chiediamo al nostro Padre che sta nei cieli che sia santificato il suo nome, che il suo regno venga e la sua volontà sia fatta in cielo come in terra, diamo la giusta priorità alle cose, mettendo prima Dio. Pregando che il nome di Dio sia santificato, ci impegniamo a onorarlo, amarlo, adorarlo e lodarlo, perché Lui solo è santo.
Quando preghiamo che venga il suo regno, riconosciamo che oltre a chiedergli di instaurare il suo regno in questo mondo, gli chiediamo anche di regnare nella nostra vita. Chiedergli che la sua volontà sia fatta come in cielo così in terra è richiedere che il suo regno, la sua potenza e il suo regno abbiano la priorità su di noi; e che la sua volontà preceda la nostra.
Pubblicato originariamente nel luglio 2016.
Adattato e ripubblicato sull’Ancora in inglese il 1° maggio 2023.