Compilazione
Allora Gesù li fece venire avanti e disse: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà».
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In Luca 18 un giovane ricco va da Gesù e gli chiede cose deve fare per ereditare la vita eterna. Vuole essere al centro dell’attenzione. Non è una coincidenza che Luca affianchi il passo di Gesù con i bambini a quello del giovane aristocratico che viene subito dopo. I bambini fanno contrasto con il giovane ricco semplicemente perché non c’è modo che abbiano già potuto meritarsi qualcosa. Ciò che Gesù vuole indicare è che nessuno di noi può fare niente per ereditare il regno. Dobbiamo semplicemente riceverlo come i bambini. E i bambini non hanno ancora fatto nulla.
Il mondo del Nuovo Testamento non era molto sentimentale nei confronti dei bambini e non aveva illusioni che possedessero una presunta bontà innata. Gesù non suggerisce che il cielo sia un immenso parco giochi per bambini. I bambini sono un modello per noi perché non hanno alcuna rivendicazione sul cielo. Se sono vicini a Dio è perché sono incompetenti, non perché sono innocenti. Se ricevano qualcosa, può essere solo in regalo.
In Efesini Paolo scrive: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti”.1—Brennan Manning2
Rivelato ai bambini
L’idea che Dio possa usare i bambini per insegnare a noi, che abbiamo l’opportunità di ottenere insegnamenti spirituali dalle persone che dobbiamo allevare e istruire, viene dallo stesso Signore che a questo proposito era piuttosto rivoluzionario.
Nel primo secolo, i bambini godevano di poca stima e praticamente di nessun rispetto. Anche se le famiglie erano contente dei loro bambini, questi erano a malapena tollerati dalla socieetà. Lo stesso linguaggio di quei giorni rivela questo pregiudizio. Uno dei termini greci per “bambino” (pais o paidion) può significare anche “servo” o “schiavo”. Un altro (nepios) presenta sfumature di inesperienza, sciocchezza e inettitudine. I filosofi greci normalmente riprendevano un uomo sciocco o stupido chiamandolo “nepios”. In effetti perfino gli scrittori biblici ammonivano i cristiani a “smettere di pensare come bambini paidia”.3
Immaginate, allora, lo stupore della gente quando Gesù prende un bambino fastidioso e rumoroso e lo piazza di fronte alla folla.4 Con la mano sulla spalla del bambino, Gesù ha l’audacia di suggerire che quel piccoletto fornisce un esempio da seguire.
Il bambino stesso deve essere rimasto molto sorpreso! I bambini non vedevano l’ora di diventare adulti. Aspettavano con ansia il momento di liberarsi della loro umile posizione. Gesù invece disse: “No, voi non capite proprio niente. Se non diventate umili come uno di questi, non entrerete mai nel regno di Dio”. Quel che intende dire è: “Guardateli adesso, imparate da loro adesso, aspirate a diventare come loro”.
Parlando alla folla in Galilea, Gesù dichiarò: “Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così ti è piaciuto”.5
Troviamo lo stato geniale dei bambini, spiritualmente parlando, nel loro stato inetto. La Bibbia, come il mondo spirituale cristiano, si è costantemente inorgoglita del più grande fallimento spirituale conosciuto dall’umanità. Il messaggio del vangelo scandalizza i superbi: insiste che ammettiamo di essere imperfetti, inetti e bisognosi di qualcuno che possa pagare il prezzo al nostro posto, per poi riempirci di una potenza estranea così che potremo condurre la nostra vita come doveva essere vissuta. —Gary L. Thomas6
Ricatturare il nostro senso di stupore
In un passo di Matteo, Gesù avverte i suoi ascoltatori: “Se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”, nella vita redenta disponibile a quelli che amano Dio e desiderano la pace e l’integrazione spirituale offerte da quel rapporto.
Poi dice loro che devono cambiare il loro modo di vivere. Chiamato a sé uno dei bambini del villaggio, dice: “Chi si umilia come questo bambino sarà il più grande nel Regno dei Cieli”7 – chi scopre la dinamica del rapporto con Dio: una dipendenza simile a quella di un bambino che dipende da un genitore per protezione, nutrimento e guida.
Gesù non parlava di puerilità, un comportamento e un modo di vivere fin troppo comune in molti adulti che cercano sempre i riflettori e si comportano come se tutto nella vita girasse intorno a loro. Il loro narcisismo è idolatria e li pone molto lontani dallo stato ideale di perfezione che Gesù chiama il Regno dei Cieli. Il segreto è l’umiltà, un’umiltà basata sulla dipendenza da Dio.
Quando Gesù dice: “Chi riceve uno di questi bambini riceve me”, non parla letteralmente di bambini, ma di uomini e donne che sono riusciti a tornare a questo rapporto originale con Dio come quello di un bambino con un genitore. Per trovare la nostra strada per la vita spirituale che Gesù ci offre, dobbiamo riconoscere di avere bisogno di Dio. Usando i bambini nel suo messaggio, però, forse Gesù voleva dare un insegnamento molto più profondo. Secondo me voleva anche dire di osservare i bambini e il loro approccio alla vita per ricatturare un mondo spirituale di stupore che abbiamo perso.
Ricatturare questo senso di stupore dei bambini ci aprirà la porta alla gioia, alla grazia, all’amore, all’apprezzamento appassionato del mondo che ci circonda e a quella vita incentrata su Dio che è il Regno dei Cieli. —Eldridge Pendleton8
Un figlio di Dio
Lo stesso Gesù disse che per entrare nel regno di Dio bisogna prima diventare come un bambino. “In verità vi dico: se non vi convertite e non diventate come piccoli fanciulli, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli”.9 Disse perfino: “Se uno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio”.10
Ciò che Gesù intendeva con questo era semplicemente che non possiamo salvarci mediante le nostre opere, la nostra bontà, i nostri tentativi di osservare le sue leggi e di amarlo; nemmeno i nostri sforzi di scoprire e seguire la sua verità.11 La salvezza è un dono di Dio che avviene con una trasformazione miracolosa della nostra vita quando accettiamo la sua verità nell’amore di suo Figlio Gesù, per opera dello Spirito Santo.
Tutto quello che dobbiamo fare è riceverlo. “Ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome”.12 Ed “è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti”.13 Non si può essere abbastanza buoni, non si può essere tanto perfetti da guadagnarsi un premio e meritarsi la sua santa salvezza.
Molte persone sono troppo orgogliose per accettare un regalo – vogliono lavorare per tutto quello che ricevono. Gesù, il dono d’amore che Dio ci ha fatto, è esattamente quello – un dono – e dobbiamo solo riceverlo con umiltà, come bambini, sapendo che non possiamo assolutamente pagare abbastanza per comprarci l’ingresso nel suo regno celeste o fare abbastanza per guadagnarci la vita eterna.
“Perché siete tutti figli di Dio per la fede in Cristo Gesù”.14—David Brandt Berg
Pubblicato sull’Ancora in inglese il 1° dicembre 2020.
1 Efesini 2,8–9.
2 Brennan Manning, The Ragamuffin Gospel (Multnomah, 1990).
3 1 Corinzi 14,20.
4 Matteo 18,1–9.
5 Matteo 11,25–26 NR.
6 Gary L. Thomas, Sacred Parenting (Zondervan, 2004).
7 Matteo 18,4.
8 https://www.ssje.org/2005/08/08/unless-we-become-like-children.
9 Matteo 18,3.
10 Giovanni 3,3.
11 Tito 3,5.
12 Giovanni 1,12 NR.
13 Efesini 2,8–9 NR.
14 Galati 3,26 NR.