Ammetti la tua debolezza

Novembre 11, 2022

William B. McGrath

[Own Your Weakness]

“Non è un disonore perdere la gara. È un disonore solo non correre perché hai paura di perdere”.1

Le culture di questo mondo tendono a dare troppa enfasi all’importanza di vincere, di essere il migliore nel proprio sport, hobby o lavoro. C’è un vecchio detto che può sembrare trito, ma è pur sempre vero: “Non è importante vincere o perdere, ma come si gioca”. Quando uno ricerca obiettivi divini e verità eterne, potrebbe non ottenere un posto importante sotto i riflettori di questo mondo o schierarsi con i vincitori di trofei o guadagnare il plauso tra le personalità celebri. Seguire Dio può essere un sentiero solitario, tuttavia è colmo di benedizioni.

Nella Bibbia, la maggior parte, se non la totalità, dei suoi personaggi principali sembra subire sconfitte, umiliazioni o ritardi nel corso della vita, pur mantenendosi fedeli ai loro obiettivi divini. Sembrano tutti manifestare qualche forma di debolezza umana. Quando siamo deboli o incapaci, ci accorgiamo che la forza di Dio può operare più facilmente attraverso di noi.

 Nelle Scritture è l’apostolo Paolo a insegnare questo principio di ammettere le proprie debolezze. Aveva certamente molti punti forti, ma evidentemente il Signore gli aveva dato una “spina nella carne”. Anche se pregava tre volte al giorno che il Signore lo guarisse o gliela togliesse, Dio gli disse: “La mia grazia ti basta, perché la mia potenza è portata a compimento nella debolezza”. Poi dichiara: “Perciò molto volentieri mi glorierò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me”.2 Paolo non ci dice esattamente cosa fosse la sua spina nella carne, e probabilmente non ne parlava molto né andava in giro ad umiliarsi davanti agli altri, ma certamente la ammise davanti al Signore e da Lui imparò la grande importanza di questa umiltà nella debolezza.

Nella storia di Giuseppe, che troviamo nei capitoli dal 37 al 50 della Genesi, lui sognò di avere una posizione predominante tra i suoi fratelli. Probabilmente ciò incoraggiò le sue aspirazioni a una vita piena di significato. Forse lo spinse anche a essere un po’ orgoglioso. Fu a quel punto che ebbe inizio il suo addestramento nelle realtà della vita, che cominciò con un tracollo enorme, una sconfitta apparentemente completa. Come Giuseppe, anche noi potremmo sentire il sapore dell’insuccesso e passare per varie delusioni, con sogni irrealizzati anche se ci sforziamo di rispettare nobili aspirazioni. “La strada di Dio per andare in alto è verso il basso”, come fa il vecchio detto.

Un altro esempio è quello di Re Davide. I suoi gravi errori e le sue lotte prolungate nella vita servirono a rinforzare il suo rapporto con il Signore e lo spinsero a scrivere alcune delle canzoni e delle preghiere più belle che siano state scritte. Indubbiamente i suoi guai raffinarono anche il suo carattere. Alla fine governò da re molto saggio e timorato di Dio.

La Bibbia menziona spesso la debolezza umana. Nel capitolo 11 di Ebrei leggiamo che quei coraggiosi uomini di fede “trassero forza dalla debolezza”. Come dice Tim Keller: “Dio spesso usa i nostri guai per salvarci dai nostri difetti e renderci grandi”.3

È noto che Dio usa uomini e donne considerati deboli, fragili o in qualche modo inadeguati. Può trarre gioia e bellezza dalle ceneri dei loro sogni infranti. Se nella nostra vita ci sono aree in cui siamo deboli, dove abbiamo commesso errori o in qualche modo fallito, possiamo ammettere debolezze, fallimenti e difetti; allo stesso tempo possiamo riconoscere che Lui ce li ha perdonati. Invece di sforzarci di nascondere o mascherare le nostre debolezze, possiamo gloriarci in esse, come fece Paolo, perché sappiamo che Dio le ha permesse, le ha perdonate e ne ricaverà qualcosa di buono. Mentre viviamo in Lui, sottomessi e onesti, possiamo confidare che ci benedirà e ci userà secondo il suo piano.4

La vita e le parole di Joni Eareckson Tada, che rimase paralizzata all’età di diciassette anni a causa di un incidente subito durante un tuffo, parlano chiaramente di come un cristiano deve affrontare la sofferenza, la debolezza e l’afflizione. Racconta così:

[Altre persone] non hanno un collo rotto; alcune di loro hanno un cuore rotto o hanno una famiglia rotta. […] Una persona pensa alle volte in cui la sofferenza ha distrutto la sua sanità, lasciandola insensibile e sanguinante, e a sua volta si chiede: “O Dio, può essere tua volontà, questo?”

Steve Estes mi ha detto una cosa molto saggia: “Guarda, Joni, pensa a Gesù Cristo; vedrai l’uomo più abbandonato da Dio che sia mai vissuto. Forse il diavolo ha pensato: ‘Fermerò completamente il Figlio di Dio! Basta con queste chiacchiere ridicole di una redenzione’. Ma la mossa di Dio doveva far abortire quello schema diabolico e spalancare le porte del cielo, così che chiunque volesse potesse entrarci! Dio fa sempre abortire gli schemi diabolici, per servire i suoi fini e realizzare i suoi propositi. […] Dio permette ciò che odia, per ottenere ciò che ama. E paradiso e inferno possono finire per partecipare esattamente alla stessa cosa, ma per motivi diversi. ‘Dio opera tutte le cose secondo il consiglio della sua volontà’.”5

E credo che sia stata Dorothy Sayers a dire: “[Dio] strappa al male un bene positivo per noi e la gloria per Se stesso”. In altre parole, lo redime. […] Il Dio della vita è l’unico che poteva sconfiggere la morte, accettandola; così né la morte né la sofferenza hanno più la vittoria. Cristo le ha dato un significato, non solo per la nostra salvezza, ma anche per la nostra santificazione. […] Non mi trovo in mezzo a una specie di incidente cosmico divino. No, la mia sofferenza può essere redenta! Non la vivo da sola […] serve tutto alla mia salvezza e alla mia santificazione. […] Dio permetterà che il collo rotto, il cuore rotto, la famiglia spezzata facciano da cane pastore per spingerci verso Gesù, da cui forse altrimenti non saremmo andati. Così possiamo ammettere la nostra debolezza, sapendo che la potenza di Dio si rivelerà sempre meglio nella nostra debolezza. […] Dio condivide la sua gioia e la sua intimità con noi, secondo i suoi termini.

Primo Corinzi 12,22 ci dice che le membra più deboli del corpo di Cristo sono indispensabili. […] E 1 Pietro 2,21 dice: “A questo infatti siete stati chiamati, perché Cristo ha sofferto per noi, lasciandoci un esempio, affinché seguitate le sue orme”.6

Pubblicato sull’Ancora in inglese il 14 aprile 2021.


1 Dal film Attraverso i miei occhi (The Art of Racing in the Rain).

2 2 Corinzi 12,9.

3 Timothy Keller, The Songs of Jesus: A Year of Daily Devotions in the Psalms, Sept. 24 (New York: Penguin, 2015).

4 1 Corinzi 1,26–31; Isaia 57,15.61,3.

5 Efesini 1,11.

6 Brani dal discorso sulla “Teologia della sofferenza”, di Joni Eareckson Tada (contenente citazioni di Steve Estes e Dorothy Sayers).

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