Coraggioso come un Gurkha

Agosto 5, 2022

Nina Kole

[Brave Like a Gurkha]

I Gurkha sono un popolo indigeno che abita in gran parte nel Nepal centro-orientale. Facevano parte di formazioni militari degli eserciti nepalese, indiano e britannico ed erano noti per il loro assoluto coraggio. Il mio esempio preferito della loro intrepidezza è preso dal libro di Tim Bowden One Crowed Hour (Un’ora affollata). Durante il conflitto malese e indonesiano in Borneo, nel 1964, un reggimento gurkha dell’esercito britannico combatteva contro gli indonesiani. Fu chiesto loro se si sarebbero lanciati sul campo di battaglia dagli aerei di trasporto, se quella si fosse rivelata l’opzione migliore.

Avrebbero potuto rifiutare, dato che nessuno di loro aveva ricevuto un addestramento da paracadutisti, ma in genere i Gurkha non dicevano mai di no a qualsiasi cosa gli potessero chiedere. Comunque questa volta dissero che dovevano parlarne tra di loro.

Il giorno dopo ritornarono dagli ufficiali inglesi e dissero che, dopo averne discusso, avevano deciso che avrebbero potuto farlo, ma ad alcune specifiche condizioni. Come prima cosa i Gurkha richiesero di essere lanciati su un terreno paludoso o relativamente soffice, perché non avevano esperienza nel cadere. Dato che il teatro delle operazioni era vicino alla giungla, si aspettavano che fosse possibile trovare il posto adatto.

Poi, “Se possibile”, continuarono i Gurkha, “vorremmo che l’aereo volasse il più lentamente possibile e a non più di 30 metri dal terreno quando salteremo”. L’ufficiale inglese disse che volavano sempre lentamente quando lanciavano le truppe, ma che 30 m era troppo vicino al terreno e i paracadute non avrebbero avuto il tempo di aprirsi.

“In qual caso potete lanciarci da dove volete”, dissero i Gurkha. “Non avevate menzionato i paracadute”.

Ecco quello è coraggio! Un ex capo di stato maggiore dell’esercito indiano, il feldmaresciallo Sam Manekshaw, disse famosamente: “Se un uomo dice di non avere paura della morte, o mente o è un Gurkha”.

La prima storia biblica che mi viene in mente quando penso a coraggio e audacia è quella di Daniele e dei suoi tre migliori amici. Tutti loro erano di fronte alla scelta tra il prendere posizione per la loro fede e affrontare la morte (in una fornace ardente o tra leoni affamati), o prendere la via d’uscita più facile, rinnegare la propria fede e unirsi alla folla.

Daniele, Shadrak e Abed-Nego avevano posizioni d’alto rango nel governo. Non andavano in giro inimicandosi la gente o facendo sempre risaltare le differenze religiose; vivevano la loro fede in modo semplice. Comunque, quando il re (o i suoi consiglieri invidiosi) mise troppa pressione su di loro, non esitarono né scesero a compromessi con la loro fede e Dio li aiutò in maniera portentosa. Mi piace il fatto che il re, dopo aver scoperto che i suoi consiglieri lo avevano spinto con un trucco a far gettare Daniele nella fossa dei leoni, gli disse: “Il tuo Dio, che tu servi con perseveranza, sarà lui a liberarti”.1 Tutti erano ben consapevoli della fede di Daniele e di chi avesse il primo posto nella sua vita.

Shadrak, Meshak e Abed-nego non sapevano che Dio li avrebbe soccorsi, quando rifiutarono di inchinarsi davanti all’idolo di Nebucadnetsar. Dichiararono con coraggio che anche se Dio non li avesse salvati, non si sarebbero inchinati lo stesso.

Dopo aver visto che Dio li aveva salvati dalla fornace ardente, senza nemmeno l’odore del fumo, Nebucadnetsar gridò: “Benedetto sia il Dio di Shadrak, Meshak e Abed-nego, che ha mandato il suo angelo e ha liberato i suoi servi, che hanno confidato in lui; hanno trasgredito l’ordine del re e hanno esposto i loro corpi alla morte, piuttosto che servire e adorare altro dio all’infuori del loro”.2

Dopo di che il re dichiarò illegale il dire qualsiasi cosa contro il loro Dio e, per rendere tutto più allettante, diede a tutti una promozione. Immagina se avessero deciso che in realtà la cosa più furba sarebbe stata inchinarsi, almeno quella volta. Avrebbero perso l’occasione di essere una testimonianza della loro fede davanti a tutto il regno, per non dire che non sarebbero diventati l’esempio di coraggio e di fede per tutti noi che leggiamo la Bibbia oggi.

Forse non ti senti la persona più coraggiosa, e in realtà può essere difficile parlare apertamente quando ce n’è bisogno, ma con il Signore dietro di te, quando verrà il momento potrai farlo. È una cosa che Re Davide sapeva bene quando disse: “L’Eterno è la mia luce e la mia salvezza; di chi temerò? L’Eterno è la roccaforte della mia vita; di chi avrò paura?”3

Paolo disse ai Corinzi: “Vegliate, state fermi nella fede, comportatevi virilmente, siate forti”.4

Sulle orme di Gesù abbiamo imparato a essere tolleranti e comprensivi, a porgere l’altra guancia e a perdonare chi ci ha fatto del male. Tutto ciò è importante ed è una gran fetta dell’essere cristiani; comunque, Gesù parlò anche contro le azioni cattive. Disse molte cose dure da digerire anche quando sapeva che ad alcuni non sarebbero piaciute, perché erano la verità. Non diceva le cose tanto per essere popolare o andare d’accordo con quella che poteva essere la tendenza corrente al momento. Diceva solo la verità.

Parlare agli altri della volontà di suo Padre e a volte dire verità impopolari non voleva dire che Gesù andasse in giro a criticare gli altri per essere diversi da Lui e sgridasse la gente, dicendo che erano tutti dei peccatori e sarebbero andati all’inferno. Quando vivevo in Uganda, avevo notato che c’erano alcuni predicatori che pensavano che il Grande Mandato significasse andare in giro per le strade fuori dai pub e gridare con voci roche e piene d’ira ammonimenti sui giudizi di Dio e la dannazione eterna. Penso che quel tipo di prediche allontani la gente dal voler conoscere qualcosa di più su Dio e il suo messaggio di amore e perdono.

Gesù parlava con tutti e dava il suo messaggio anche a chi era improbabile l’accettasse e insegnò ai suoi discepoli a fare lo stesso. Insegnò loro a essere saggi e a essere un esempio della loro fede con la loro gentilezza e le loro azioni. Allo stesso tempo, quando arrivò la crisi, seppero quando era il momento di prendere posizione per la loro fede — una fede che spesso ispirò la gente a causa della loro forza di carattere e della loro intrepidezza. Rabindranath Tagore disse: “Preghiamo, non di essere protetti dai pericoli, ma di essere coraggiosi quando li affronteremo”.5

Ci vuole coraggio per essere un testimone della nostra fede di fronte a rifiuti o opposizione, ma come Gesù disse ai suoi primi discepoli: “Nel mondo avrete tribolazione, ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo”.6,7

Pubblicato sull’Ancora in inglese il 22 settembre 2021.


1 Daniele 6,16 NR.

2 Daniele 3,28.

3 Salmi 27,1.

4 1 Corinzi 16,13.

5 Rabindranath Tagore (May 7, 1861–August 7, 1941) era un Bengalese eclettico che rinnovò la letteratura e la musica del suo paese.

6 Giovanni 16,33.

7 Adattato da un podcast di Just1Thing.

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