Vulnerabilità umana

Luglio 4, 2022

Gabriel García V.

[Human Vulnerability]

Hanno chiesto a un giornalista se ultimamente qualcuna delle sue precedenti convinzioni si fosse rivelata falsa. Lui ha risposto: “In mezzo a questa pandemia sono arrivato a rendermi conto che ci sono parecchie cose che sfuggono al mio controllo”.1 Non è la prima persona a commentare che la pandemia di coronavirus ci ha insegnato che non abbiamo controllo sulle situazioni; che né noi esseri umani né la scienza abbiamo tutte le risposte. In altre parole, stiamo scoprendo la nostra vulnerabilità.

Esperti in diversi campi hanno esplorato il tema della vulnerabilità umana. Maria de la Luz Casa Martínez, del Centro Interdisciplinare per la Bioetica dell’Università Panamericana di Città del Messico ha scritto:

La pandemia causata dal nuovo virus Covid-19 ha scosso l’umanità per le sue gravi ripercussioni in molti settori, non solo per la salute, ma anche a livello economico, politico e sociale. Da una prospettiva etica le crisi portano sempre a una riflessione; in questo caso si è reso evidente il nuovo incontro con un aspetto della condizione umana: la vulnerabilità. La società odierna, estremamente edonistica e autonoma, ha cercato di dimenticare questo aspetto che è scomodo ma non può essere ignorato in mezzo a questa terribile crisi.

La pandemia ci ha rammentato la nostra insicurezza e la nostra vulnerabilità, la nostra impotenza di fronte a grandi disastri e fino a che punto dipendiamo da Dio. È come se l’Altissimo ci stia ricordando: “Fermatevi e riconoscete che io sono Dio; io sarò esaltato fra le nazioni, sarò esaltato sulla terra”.2

Il profeta Isaia scrisse che quando Dio ci osserva dall’alto sul globo della terra, noi siamo come formiche, o semplici cavallette.3 Sotto molti aspetti la saggezza umana è stata abbassata, infranta. Se non basiamo la nostra conoscenza su Dio, le nostre conclusioni sono vane.

Questa vulnerabilità sottolinea i limiti della nostra autosufficienza quando si tratta di sconvolgimenti, cataclismi e catastrofi. Impariamo anche che siamo fallibili. Il coronavirus ha smascherato le debolezze dei nostri sistemi sanitari.

D’altro canto, la realizzazione della nostra fragilità ha il suo lato positivo. Ci ha spinto a essere più comprensivi e premurosi nei confronti degli altri. Stiamo imparando a empatizzare con chi soffre e grazie a questo ci sentiamo più vicini. Mia moglie, mia sorella e io, insieme ad altri nella cerchia dei nostri amici, ci siamo sentiti più vulnerabili che mai. Adesso ci rendiamo conto di quanto fossimo più sereni prima del Covid. Davamo per scontata la vita nella nostra esistenza quotidiana, quando improvvisamente abbiamo scoperto che intorno a noi c’era la morte.

È stato il caso del nostro amico Patricio, che è rimasto collegato a un respiratore per due settimane. È uscito dall’ospedale un uomo nuovo, umile e dipendente da Dio. Ed Erik, un giovane padre che raramente riconosceva Dio, nella sua condizione disperata ha sentito la carezza amorevole del suo Creatore, che gli ha ridato la salute, sia fisica che spirituale.

Provare questa vulnerabilità è stata una delle cose migliori che potessero accadere per minare questa falsa idea che abbiamo tutto sotto controllo. È la sindrome della torre di Babele: questa idea che siamo invincibili e possiamo raggiungere il cielo.4 È una lezione che Dio ha dovuto insegnare a ogni generazione. Quando c’insuperbiamo, il Signore ci rammenta che “siamo polvere”5 e ci riporta all’umile consapevolezza che dipendiamo da Lui. Con questa crisi, Dio ci ha rimesso in ginocchio ed è un bene che sia così. Ammettere la nostra vulnerabilità ci avvicina a Dio e ci prepara meglio per le vicissitudini della vita.

Nei momenti di fragilità e impotenza, se cominciamo a rivolgerci a Dio, prenderemo decisioni migliori, saremo più buoni con gli altri ed eviteremo le mille trappole della superbia.

Come dice quella canzone gospel:

Pensavo d’essere senz’altro il numero uno
pensavo di poter essere quel che volevo
pensavo di poter costruire su sabbia instabile
ma non posso nemmeno camminare se non mi tieni per mano

Pensavo di poter fare molto da solo
pensavo di riuscire a farcela tutto il giorno
pensavo di essere un uomo grande e forte
ma, Signore, non posso nemmeno camminare se non mi tieni per mano

Signore, non posso nemmeno camminare se non mi tieni per mano
la montagna è troppo alta e la valle troppo vasta
è stando in ginocchio che ho imparato a stare in piedi
Signore, non posso nemmeno camminare se non mi tieni per mano.6

Pubblicato sull’Ancora in inglese il 5 gennaio 2022.


1 Gonzalo Ramírez, El Sábado Magazine, 2021.

2 Salmi 46,10.

3 Vedi Isaia 40,22.

4 Vedi Genesi 11,1–9.

5 Salmi 103,14.

6 “I Can’t Even Walk (Without You Holding My Hand)” di Colbert Croft e Joyce Croft.

Copyright © 2024 The Family International