Indifesi ma non privi di speranza

Agosto 24, 2021

Lenka Schmidt

[Helpless but Not Hopeless]

A volte non ci rendiamo pienamente conto di quanto amiamo una persona finché quasi non la perdiamo.

Per la nostra famiglia, all’inizio il coronavirus sembrava una malattia distante, lontano da qualche altra parte. Poi improvvisamente è arrivata sui nostri scalini. Il primo caso grave è stato quello della mia zia ottantenne in una casa per anziani, che grazie a Dio l’ha superato. Poi l’ha preso la mia carissima zia Iva, che purtroppo non è sopravvissuta. A questo è seguito il contagio dell’intera famiglia di mio fratello e in seguito dei miei genitori. La battaglia si è intensificata. Quanto abbiamo pregato!

Mio fratello e la sua famiglia hanno gradualmente superato la malattia, ma è andata peggio ai miei genitori. Mio padre è stato ricoverato all’ospedale perché non riusciva più a respirare bene. Soffriva di una polmonite ai primi stadi. Aveva ancora un buon aspetto, mangiava da solo, camminava un po’ e ogni tanto aveva bisogno di ossigeno. Poi le cose sono cambiate all’improvviso ed è stato ricoverato in cura intensiva. Dopo alcuni giorni è finito in coma indotto, con un respiratore. Le sue condizioni sono peggiorate sempre di più e i medici non ci davano più speranze. Per fortuna mia madre, anche se è dovuta andare in ospedale, è stata presto dimessa ed è tornata a casa. Da allora le sue condizioni sono molto migliorate.

Sono stati giorni molto difficili per noi. Penso di esser passata per ogni fase del dolore: diniego, rabbia, trattative, depressione e accettazione. A volte provo una stretta al cuore. Ho contrattato con Dio. Ero furiosa con l’intera stupida situazione del COVID ed ero triste per non poter stare personalmente accanto ai miei genitori. Per giunta, neanch’io mi sentivo bene e avevo difficoltà a respirare. Quando le notizie dall’ospedale non indicavano miglioramenti, ho cominciato a disperare. Ero arrivata al punto di accettare che probabilmente avrei dovuto dire addio a mio padre qui sulla terra.

Nonostante tutto, però, sentivo personalmente la presenza, l’amore e la consolazione di Dio. Anche se, devo ammettere, a volte gliene dicevo quattro. Comunque so che per Lui va bene, che sa cosa c’è nel mio cuore, capisce come mi sento e preferisce che io sia onesta piuttosto che finga di essere santa. Ho tenuto molte conversazioni con Lui, specialmente di notte, quando non riuscivo a dormire. Mi ha sempre consolato. Una volta ho sentito che mi stava spiegando che era all’ospedale con mio padre e si prendeva cura di lui. Quando sembrava che non ci fossero più speranze, mi ha detto che papà si sarebbe ripreso, ma la guarigione avrebbe richiesto molto tempo. Il giorno dopo sono arrivate altre cattive notizie dall’ospedale e io ho creduto più a loro che a Dio.

In quel periodo un’amica mi ha mandato queste parole: “Credo che la preghiera offra molta forza e molto conforto. Non è un mezzo per ‘smuovere’ Dio, ma una possibilità, un invito a essere più vicini a Lui e condurre altri a Lui. In qualche modo ci cambia, quando pensiamo agli altri più che a noi stessi”.

Una verità davvero profonda. Situazioni difficili come queste approfondiscono il nostro rapporto con Dio. Ci ridanno la fiducia che Lui è con noi anche nelle situazioni peggiori e che, anche se noi non siamo in controllo delle cose, Lui lo è e ci vuole molto bene, qualsiasi cosa succeda. È una sincera esperienza dell’amore e delle premure di Dio.

Dato che mio padre non era stato il primo ad ammalarsi nella nostra famiglia, eravamo un po’ più preparati e abbiamo mandato più richieste di preghiera di quanto avevamo fatto prima per mia zia e gli altri. Alcuni dei nostri amici più vicini hanno perfino passato le richieste ad altri. Persone di tutto il mondo hanno pregato per lui, finché Dio ha fatto un miracolo!

Il giorno dopo, dall’ospedale ci hanno detto che avevano staccato papà dal sistema di supporto vitale e che adesso respirava da solo. La lotta continuerà, ma non ci arrenderemo. Gesù è sempre lo stesso. Proprio come fece miracoli per le persone nella Bibbia, può farli anche per noi. “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno”. Gli siamo molto grati, come lo siamo ai medici e agli infermieri che si sono presi buona cura di mio padre e a tutti quelli che hanno continuato a lottare insieme a noi. Dio li benedica tutti!

Che cos’altro abbiamo fatto, oltre a pregare costantemente? Abbiamo imparato a memoria versetti biblici sul tema della guarigione e li abbiamo “ricordati” a Dio. Specialmente questi due: “Gesù Cristo ti guarisce” ed “Egli dà forza allo stanco e accresce il vigore allo spossato”.1 (Li abbiamo perfino scritti sulle mattonelle in bagno, insieme alle nostre richieste di preghiera.)

Abbiamo anche rafforzato la nostra fede leggendo pubblicazioni cristiane e ascoltando vari sermoni. A volte abbiamo digiunato. Mio marito ha saltato dei pasti; io non ho mangiato dolci per un po’ e ho smesso di guardare i miei programmi televisivi preferiti. Una volta alcuni discepoli di Gesù gli chiesero: “Perché non abbiamo potuto guarire il ragazzo?” E Gesù rispose loro: “A causa della vostra incredulità.. Questo caso richiede preghiera e digiuno”.2

A un certo punto ho sentito che avrei dovuto ringraziare Dio in anticipo per aver già guarito mio padre, anche se non avevamo ancora in mano una prova fisica della sua guarigione. Crediamo che anche questo sia servito.

Un’altra cosa cruciale, che è anche un principio di come Dio opera, è stato il “rinunciare”, nel senso di mettere l’intera situazione nelle sue mani, comunque si sarebbe risolta. Ogni volta che mettiamo nelle sue mani una cosa che vogliamo sul serio, Lui ci spalanca le sue braccia. Ciò non significa necessariamente che avremo quello che vogliamo — per questo ci vuole molto coraggio e a volte lo facciamo con il fiato sospeso — ma Lui ha sempre le mani libere di fare ciò che è meglio per noi. Col tempo, poi, se siamo onesti con noi stessi, ammetteremo che Lui ne sa più di noi, anche se a volte ci vuole molto tempo per scoprire che nella situazione c’è qualcosa di buono.

Quella che ha sempre avuto più fede probabilmente è stata nostra figlia Alissa. Per me è stata una grande lezione vedere la fede dei bambini. Nella sua mente, la cosa era semplice: “O Dio guarisce il nonno, oppure se lo porta in cielo. In ogni caso lui sarà contento!” Penso che non si rendesse nemmeno conto delle nostre preoccupazioni. Una volta ha detto: “Forse Dio non l’ha ancora guarito perché se le cose vanno peggio, poi quando guarirà sarà un vero miracolo!”

Parecchi giorni dopo che mio padre era uscito dal coma indotto e ha cominciato a stare un po’ meglio, il medico curante mi ha detto per telefono che solo pochi giorni prima aveva pensato che mio padre sarebbe morto. Gli ho detto che molte persone stavano pregando e che per questo aveva funzionato.

L’unico che può fare miracoli è Dio e a Lui vanno i nostri ringraziamenti più grandi. Ci spiace per le persone i cui cari non si sono ancora ripresi dalla malattia. Non sappiamo perché alcuni guariscono e altri no, ma possiamo sapere con certezza che Dio è accanto a chi è malato e accanto a noi quando siamo pieni di dolore. È molto vicino a noi e ci tiene sempre tra le braccia.

Ogni Pasqua ricordiamo la risurrezione di Gesù, ma non dimentichiamo che la sua potenza di guarire e operare miracoli è valida anche per noi oggi.

(ULTIME NOTIZIE: Mio padre è uscito dall’ospedale dopo poco più di due mesi. Gli ci è voluto un po’ per reimparare a camminare e i suoi polmoni non sono ancora guariti completamente, ma di recente è salito sui mezzi pubblici, è andato a fare visite, a fare compere ed è tornato guidando la sua auto. Lode a Dio!)

Pubblicato originariamente sull’Ancora in inglese il 7 luglio 2021.


1 Atti 9,34; Isaia 40,29.

2 Matteo 17,19–21.

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