Peter Amsterdam
Nel sesto capitolo di Giovanni leggiamo che Gesù sfamò cinquemila persone con pane e pesci. Dopo di ciò si ritirò da solo su una montagna, mentre i suoi discepoli salirono su una barca e si diressero verso Capernaum. Dopo che ebbero remato sei o sette chilometri si fece buio e sul lago scese una burrasca che rese difficile proseguire. Poi i discepoli videro Gesù avvicinarsi alla barca camminando sull’acqua. Lo fecero salire e immediatamente toccarono terra.
Il giorno dopo, quando alcune delle persone che avevano mangiato i pani e i pesci videro che Gesù non era più lì, la folla […] salì anch’essa su quelle barche e venne a Capernaum, alla ricerca di Gesù. Avendolo trovato di là dal mare, gli dissero: «Maestro, quando sei venuto qui?». Gesù rispose loro e disse: «In verità, in verità vi dico che voi mi cercate non perché avete visto segni, ma perché avete mangiato dei pani e siete stati saziati».1
Considerando che, dopo aver mangiato il pane fornito da Gesù, la folla avrebbe voluto farlo re, non c’è da stupirsi che lo cercassero il giorno successivo. Gesù non rispose alla loro domanda, ma smascherò le loro vere intenzioni. Non erano interessati al significato del miracolo che aveva compiuto o a chi Lui fosse; la loro attenzione era tutta sul fatto che aveva dato loro il pane. È simile al modo in cui la popolazione rispondeva agli imperatori romani ai tempi di Gesù. Gli imperatori romani e altri uomini politici tenevano a bada il popolo romano fornendo cibo gratis. Come i clientes romani, la folla si unì all’“entourage” di Gesù solo per una distribuzione gratuita di cibo.2
Gesù continuò: Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna, che il Figlio dell’uomo vi darà, perché su di lui il Padre, cioè Dio, ha posto il suo sigillo. 3Nell’antichità i sigilli erano adoperati in vario modo e a volte i governanti davano un sigillo a chi era incaricato di agire per conto loro. Questo passo sembra trasmettere l’idea che il Padre aveva verificato Gesù grazie ai segni e ai miracoli da Lui fatti. Per un’interpretazione alternativa, alcune Bibbie traducono questa frase con: “su di lui Dio Padre ha posto il suo sigillo d’approvazione”.
Allora gli chiesero: «Che cosa dobbiamo fare per piacere a Dio?» Gesù disse loro: «Una sola cosa vuole Dio da voi: che crediate in colui che ha mandato».4 Poiché Gesù aveva detto loro di adoperarsi – darsi da fare o lavorare – per il cibo che dura per la vita eterna, volevano sapere la sua definizione di lavoro. La tradizione giudaica non isolava il lavoro dalla fede, perché la fede spesso era solo un “lavoro” – un’opera – fra i tanti. Qui, invece, Gesù definì la fede diversamente: affermò che il lavoro necessario per la vita eterna era credere in Lui. Gli chiesero che cosa dovevano fare e la risposta di Gesù fu che dovevano fare una cosa sola: credere in Lui.
Allora essi gli dissero: «Quale segno fai tu dunque, affinché lo vediamo e ti crediamo? Che opera compi? I nostri padri mangiarono la manna nel deserto, come è scritto: “Egli diede loro da mangiare del pane venuto dal cielo”».5
Sembra un po’ strano che si riferissero al segno della manna che Dio aveva dato agli Ebrei nel deserto, quando appena il giorno prima Gesù aveva moltiplicato cinque pani per sfamare cinquemila persone. Il fatto che chiedessero un segno per credere indicava che in realtà non volevano vedere per credere, ma erano interessati solo a ricevere altro cibo gratis.
Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo ».6 Gesù ricordò loro che la manna nel deserto non era fornita da Mosè, ma da Dio. La manna non era “il vero pane” che viene dal cielo, ma solo un simbolo terreno e materiale di quel pane. Aveva dato vita al popolo di Dio per quarant’anni ed era servito anche per presagire il “pane di Dio” che “dà vita al mondo”.
Essi allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». E Gesù disse loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà mai più fame e chi crede in me non avrà mai più sete».7
I suoi ascoltatori capirono che il pane era una metafora per qualche specie di dono divino. Cominciarono a riconoscere che in qualche modo Gesù stava offrendo loro la “vita”, perfino una vita eterna, perché in precedenza aveva detto loro di non lavorare per il cibo che perisce ma per il cibo che dura in vita eterna. Avendo detto loro in precedenza che dovevano darsi da fare per il cibo che dura per la vita eterna, ora afferma di essere Lui stesso la via per avere quella vita. È Lui quel pane, è Lui che dà quella vita. In un certo senso questo sposta l’attenzione da ciò che Gesù fa a ciò che Gesù è.
Comunque, quando Gesù disse che il pane del cielo era Lui, alcuni chiaramente non credettero.8 La gente aveva chiesto un segno e Gesù rispose dicendo di essere quel segno. Affermò esplicitamente di essere sceso dal cielo e che il suo scopo era fare la volontà di suo Padre.
I Giudei dunque mormoravano di lui, perché aveva detto: «Io sono il pane che è disceso dal cielo», e dicevano: «Non è costui Gesù, il figlio di Giuseppe, di cui conosciamo il padre e la madre? Come può egli dire: "Io sono disceso dal cielo"?»9
I presenti cominciarono a mormorare, probabilmente confusi e/o in disaccordo tra loro sul significato delle sue parole. Sapendo chi erano i suoi genitori, era difficile per loro accettare il concetto che Lui era sceso dal cielo.
Allora Gesù rispose e disse loro: «Non mormorate fra di voi. Nessuno può venire a me, se il Padre che mi ha mandato non lo attira, e io lo risusciterò nell'ultimo giorno».10
In precedenza aveva detto: Tutti quelli che il Padre mi dà verranno a me11 e qui indica la stessa cosa in maniera più forte: nessuno può venire senza che il Padre l’attiri. Una persona è “attirata” a Gesù quando viene ammaestrata, istruita da Dio, ascoltando la chiamata di Dio e rispondendo ad essa.
In verità, in verità vi dico: Chi crede in me ha vita eterna. Io sono il pane della vita. 12 Questa è la terza affermazione “in verità, in verità” in questo capitolo. Con questo fa un voto solenne che chiunque crede ha la vita eterna perché Lui è il pane della vita.
I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il pane che discende dal cielo, affinché uno ne mangi e non muoia. Io sono il pane vivente che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; or il pane che darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo.13
In precedenza la folla aveva parlato della manna, indicando che avrebbero voluto vedere un miracolo simile. Per questo Gesù aveva detto “Io sono il pane della vita”. Dopo aver detto questo, parlò dei limiti della manna. Anche se era un cibo donato da Dio, doveva essere mangiato lo stesso giorno in cui era stato raccolto; ogni avanzo sarebbe marcito il giorno successivo. Dava sostentamento alle persone, ma queste morivano lo stesso quando arrivava la loro ora. Chi però mangia il pane di cui parlava Gesù non sarebbe morto. Il tempo usato nel verbo greco per mangiare nella frase affinché uno ne mangi e non muoia, indica un’azione fatta una volta per tutte, così che basta mangiare questo pane una volta per non morire mai.
Dato che non è un cibo normale, come lo si mangia? Ovviamente la risposta è credendo, come Gesù aveva appena detto: In verità, in verità vi dico: Chi crede in me ha vita eterna. Il concetto di credere, o di avere fede, espresso con “mangiare”, ci aiuta a capire che cosa vuol dire credere. Assumiamo e assorbiamo ciò che crediamo in maniera simile a come mangiamo il cibo, così che diventa parte di chi siamo. Chi accoglie Gesù non morirà mai.
La definizione che Gesù dà del pane come la sua carne, il suo corpo, era già un’affermazione strabiliante, ma lo divenne ancora di più quando affermò che avrebbe dato Se stesso, il proprio corpo, la propria carne, “per la vita del mondo”. Chi ascoltava Gesù non sapeva quello che noi sappiamo adesso, che Gesù parlava della sua morte per la salvezza del mondo.
Questo è il pane che è disceso dal cielo; non è come la manna che mangiarono i vostri padri e morirono; chi si ciba di questo pane vivrà in eterno.14
Il “pane della vita” che “discende dal cielo” è diverso da qualsiasi tipo di pane terreno. Chi mangia questo pane, chi accoglie Gesù nella propria vita, pur passando per la morte fisica non proverà la morte spirituale. Come Gesù aveva già detto:
È questa la volontà del Padre che mi ha mandato: che io non perda niente di tutto quello che egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno. Questa infatti è la volontà di colui che mi ha mandato: che chiunque viene alla conoscenza del Figlio e crede in lui, abbia vita eterna, e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.15
Possano tutti quelli di noi che hanno mangiato il pane della vita eterna essere fedeli a condividere questo pane con gli altri.
Pubblicato originariamente nel gennaio 2018.
Adattato e ripubblicato sull’Ancora il 3 dicembre 2020.
1 Giovanni 6,24–26.
2 Craig Keener, The Gospel of John, A Commentary, Volume 1 (Grand Rapids: Baker Academic, 2003), 676.
3 Giovanni 6,27.
4 Giovanni 6,28–29 NIV.
5 Giovanni 6,30–31.
6 Giovanni 6,32–33.
7 Giovanni 6,34–35.
8 Giovanni 6,36–40.
9 Giovanni 6,41–42.
10 Giovanni 6,43–44.
11 Giovanni 6,37.
12 Giovanni 6,47–48.
13 Giovanni 6,49–51.
14 Giovanni 6,58.
15 Giovanni 6,39–40.