Due storie di Natale
Era il 3 dicembre 1993. Per me, madre single che frequentava l’università e doveva mantenere i figli completamente da sola, il Natale aveva un aspetto cupo. Mi sono guardata intorno nella mia piccola casa e con un dolore graduale e acuto mi sono resa conto di una cosa: eravamo poveri.
La nostra casa era piccola, con due camere da letto che davano direttamente sul soggiorno. Erano così piccole che la culla della mia bimba entrava a stento in una e il letto e il comò di mio figlio erano infilati nell’altra. Non c’era modo che potessero stare nella stessa cameretta, così tutte le sere preparavo il mio letto sul pavimento del soggiorno.
Condividevamo tutti e tre l’unico armadio della casa. Ci stavamo stretti, sempre a pochi passi gli uni dagli altri, giorno e notte. Le stanze dei bambini non avevano porte, così potevo vederli e sentirli in ogni momento. Li faceva sentire sicuri e io mi sentivo vicina a loro, una benedizione che in altre circostanze non avrei avuto.
Era verso le otto di sera. La neve cadeva soffice e silenziosa ed entrambi i miei bambini dormivano. Io ero seduta vicino alla finestra, avvolta in una coperta, e osservavo i fiocchi che scendevano nella luce sempre più fioca, quando un battito forte ha scosso la porta d’ingresso.
Preoccupata, mi sono chiesta chi potesse arrivare senza preavviso in una notte simile, con tutta quella neve. Ho aperto la porta e ho visto un gruppo di estranei con sorrisi che andavano da orecchio a orecchio e con le braccia cariche di scatole e borse.
Confusa ma contagiata dal loro spirito allegro, ho risposto con un sorriso.
“Sei tu Susan?” — e un uomo ha fatto un passo avanti, porgendomi una scatola.
Ho annuito un po’ stupidamente, senza trovare la voce — e sono sicura che devono avermi giudicata un po’ deficiente.
“Queste sono per te”. Una donna mi ha dato un’altra scatola con un enorme sorriso radioso. La luce della veranda e la neve dietro di lei gettavano un alone luminoso attorno ai suoi capelli neri, dandole un aspetto angelico.
Ho guardato nella scatola. Era piena di cibi deliziosi, un tacchino bello grasso e tutti gli ingredienti per una tradizionale cena di Natale. Quando mi sono resa conto del motivo per cui erano lì gli occhi mi si sono riempiti di lacrime.
Finalmente sono tornata in me, ho ritrovato la voce e li ho invitati a entrare. Dietro al marito c’erano due bambini, barcollanti sotto il peso dei loro pacchetti. La famiglia si è presentata e mi hanno detto che i pacchetti erano regali che venivano da loro. In qualche modo, questa splendida, meravigliosa famiglia completamente sconosciuta sapeva di cosa avevamo bisogno. Avevano portato regali per ognuno di noi, tutto l’occorrente per il pranzo di Natale e molti extra che non mi sarei mai potuta permettere. Visioni di uno splendido Natale “normale” mi danzavano per la testa. In qualche modo il mio desiderio segreto di Natale si stava materializzando davanti a miei occhi. Le preghiere disperate di una mamma single erano state ascoltate e in quel momento ho saputo che Dio mi aveva mandato degli angeli.
I miei angeli misteriosi mi hanno consegnato una busta bianca, mi hanno rivolto un altro giro di sorrisi e mi hanno abbracciato a turno. Mi hanno augurato un buon Natale e sono scomparsi nella notte, improvvisamente come erano venuti.
Sorpresa e profondamene commossa, mi sono guardata intorno, osservando le scatole e i regali sparsi ai miei piedi, e ho sentito il dolore della depressione trasformarsi improvvisamente in una gioia infantile. Ho cominciato a piangere. Ho pianto molto, singhiozzando e versando lacrime d’immensa gratitudine. Mi sono sentita riempire da un grade senso di pace. La consapevolezza che l’amore di Dio si era spinto nel mio piccolo angolo di mondo mi ha avvolto come una coperta calda. Il mio cuore era colmo di gioia. Sono caduta in ginocchio in mezzo a tutte le scatole e ho offerto una sentita preghiera di gratitudine.
Mi sono rialzata, mi sono riavvolta nella mia coperta e mi sono riseduta a guardare la neve che cadeva dolcemente fuori dalla finestra. Improvvisamente mi sono ricordata della busta. Come una bambina l’ho aperta e ho sussultato per la sorpresa. Delle banconote sono svolazzate sul pavimento. Le ho raccolte e ho cominciato a contare quei biglietti da cinque, dieci e venti dollari. Con la vista annebbiata dalle lacrime ho contato i soldi, poi li ho ricontati per assicurarmi di averli contati giusti. Singhiozzando ho detto ad alta voce: “Cento dollari!”
Ho guardato i miei bambini che dormivano profondamente e tra una lacrima e l’altra ho fatto il mio primo sorriso felice e senza preoccupazioni da molto tempo. Poi il sorriso si è allargato pensando al giorno dopo: la vigilia di Natale. La visita di alcuni perfetti sconosciuti aveva magicamente trasformato una giornata dolorosa in un giorno speciale che ci saremmo sempre ricordati con felicità.
Sono passati diversi anni dalla visita dei nostri angeli di Natale. Mi sono risposata e la nostra famiglia è felice e piena di benedizioni. Ogni anno, da quel Natale del 1993, abbiamo scelto una famiglia meno benedetta di noi. Portiamo loro dei regali scelti con cura, cibo, dolci e tutti i soldi che ci avanzano. È il nostro modo di passare ad altri quello che abbiamo ricevuto. È l’effetto domino in movimento. Speriamo che il ciclo continui e che un giorno le famiglie che aiutiamo possano anche loro passarlo ad altri. —Susan Fahncke1
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Il Natale è il periodo dell’anno che preferisco. Tutto mi piace: gli odori, le viste e i suoni. Qualcosa si muove dentro di me quando penso al Natale. Ho sempre provato una sensazione magica. Dopotutto Natale è il compleanno di Cristo! È possibile che abbia letto troppi libri e visto troppi film sul Natale? Ammetto che “La vita è meravigliosa” è uno dei miei preferiti e credo che la maggior parte delle volte la vita sia davvero meravigliosa.
Mio marito aveva accontentato il mio entusiasmo e aveva contribuito molto all’amore che provavo per il Natale. L’anno scorso la mia bolla felice è scoppiata e ho provato una tristezza quasi troppo difficile da sopportare. Non pensavo più che la vita fosse meravigliosa. Mio marito se n’era andato a stare con il Signore e io ero da sola a Natale. Ero tormentata dai ricordi e dovunque guardassi ogni cosa mi ricordava la nostra vita insieme. Le nostre tradizioni, che prima per me erano speciali, erano completamente sconvolte. Come potevo passare senza di lui il mio momento preferito dell’anno? Solo Dio lo sapeva. Ho deciso che con l’aiuto di Dio ci sarei riuscita.
Non avrei permesso al dolore e al lutto di privare la mia famiglia del Natale. Mettere in pratica il mio piano è stato molto più difficile. Non era necessario festeggiare il Natale nello stesso modo. Alcune tradizioni dovevano cambiare, mentre altre sapevo che dovevano continuare, altrimenti il significato del Natale sarebbe andato perso.
Mi piaceva il servizio religioso della Vigilia a luce di candela. La nostra famiglia era sempre andata al servizio delle 23, aveva acceso le candele e cantato “Astro del ciel” insieme. Mio marito ed io l’avevamo fatto da quando avevamo cominciato a uscire insieme trentasette anni prima. Volevo andare in chiesa; era uno dei miei momenti preferiti, mi piaceva ascoltare la storia della nascita di Gesù (Luca 2). Gli angeli, i pastori, Maria, Giuseppe e i re magi che erano andati a trovarlo erano tutti importanti per me. Anch’io volevo vedere Gesù, ma niente avrebbe potuto prepararmi per quella sera.
Nessuno dei miei figli poteva andare in chiesa con me, così ci sono andata da sola. Quando sono arrivata in chiesa, il cuore mi è balzato in gola. Tutti erano lì con qualcuno: madri, padri, figli, zii e zie, La famiglia è molto importante in momenti simili. Ho raccolto tutto il coraggio che Dio mi ha dato e sono riuscita a entrare. Grazie al cielo in quel momento ho visto una famiglia che conoscevo e sono riuscita a chiedere se potevo sedermi con loro. “Certo”, mi hanno risposto. Sono riuscita a malapena a sedermi senza scoppiare a piangere. Ho pianto, però, e le lacrime hanno cominciato a rigarmi le guance. La situazione stava diventando quasi incontrollabile e ho pregato: “O Dio, ti prego, aiutami. Voglio stare qui. Ho bisogno di ascoltare un’altra volta perché abbiamo bisogno del Natale”.
Avevo appena sussurrato la mia preghiera quando è successa una cosa meravigliosa. La bambina seduta di fianco a me mi ha preso una mano e l’ha stretta. È stato come se Dio mi avesse dato l’amore di cui avevo disperatamente bisogno. In quel momento mi sono resa conto che gli angeli che cantarono quella notte di tanti anni fa per la nascita del Salvatore vengono ancora ad aiutarci oggi: Dio mi ha fatto sapere, con quella piccola stretta, che era lì per me e che mi amava! —Kathy Schultz2
Pubblicato sull’Ancora in inglese l’8 dicembre 2020.