Peter Amsterdam
Un uomo aveva due figli. Il più giovane di loro disse al padre: “Padre, dammi la parte dei beni che mi spetta”. E il padre divise fra loro i beni. Pochi giorni dopo il figlio più giovane, raccolta ogni cosa, se ne andò in un paese lontano.1
Questa richiesta fuori dall’ordinario del figlio più giovane avrebbe sorpreso e scandalizzato gli ascoltatori originali. Il figlio chiedeva di ricevere la parte dell’eredità che normalmente avrebbe ricevuto alla morte del padre, mentre questi era ancora vivo e in buona salute. Così facendo, stava essenzialmente tagliando ogni legame con lui. Gli ascoltatori probabilmente si sarebbero aspettati che subito dopo Gesù avrebbe detto che il padre aveva avuto un’esplosione di rabbia e aveva punito suo figlio.
Invece il padre acconsentì e divise la proprietà tra i due figli. Il figlio minore voleva vendere la sua eredità per avere contanti e così facendo dimostrava di non preoccuparsi assolutamente del futuro del padre e lo privava di una parte dei prodotti della terra che gli spettava per la sua vecchiaia.
Il fratello maggiore, che aveva ricevuto anche lui la sua parte d’eredità allo stesso tempo, ricevette il resto della terra ma non il suo controllo. Proseguendo con la storia, è chiaro che il padre era ancora il capofamiglia e controllava la fattoria, perché in seguito nella parabola dice al figlio più vecchio: Ogni cosa mia è tua — dato che avrebbe posseduto e controllato tutto alla sua morte.
Le disavventure del figlio più giovane
Gesù poi racconta quello che successe al figlio più giovane: Pochi giorni dopo il figlio più giovane, raccolta ogni cosa, se ne andò in un paese lontano e là dissipò le sue sostanze vivendo dissolutamente. Ma quando ebbe speso tutto, in quel paese sopraggiunse una grave carestia, ed egli cominciò a essere nel bisogno.2
Lasciata la casa del padre, il figlio giovane andò a fare una vita che si può descrivere solo come pazza e burrascosa, che gli causò la perdita di tutto ciò che possedeva. Dopo aver speso tutti i suoi soldi, venne una carestia. In momenti del genere probabilmente c’era poca disponibilità di lavoro.
Allora andò a mettersi con uno degli abitanti di quel paese, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Ed egli desiderava riempire il ventre con le carrube che i porci mangiavano, ma nessuno gliene dava.3
Quel lavoro di porcaro avrebbe fatto capire al pubblico originale fino a che punto era caduto in basso. I maiali erano considerati impuri secondo la legge mosaica e opere ebraiche successive affermavano che un allevatore di maiali era maledetto. A peggiorare le cose, lui aveva fame e invidiava il cibo dato alle bestie. Fu a quel punto che “rientrò in sé”.
Rientrato in sé, disse: “Quanti lavoratori salariati di mio padre hanno pane in abbondanza, io invece muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre, e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi lavoratori salariati”.4
Il figlio riacquistò il buon senso e decise di tornare da suo padre e confessare di aver sbagliato e di aver peccato. Ricordando che i “lavoratori salariati” di suo padre avevano cibo in abbondanza, pensò di chiedere a suo padre di trattarlo come uno dei suoi operai. Di conseguenza la sua posizione non sarebbe più stata quella di un figlio. Il discorso che il figlio progettava di fare al padre includeva la confessione della propria colpa: “ho peccato”; l’ammissione di aver distrutto il rapporto con lui: “non sono più degno di esser chiamato tuo figlio”; e il suggerimento di una soluzione: “trattami come uno dei tuoi lavoratori salariati”.
Il ritorno a casa
Egli dunque si levò e andò da suo padre. Ma mentre era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione; corse, gli si gettò al collo e lo baciò. E il figlio gli disse: “Padre, ho peccato contro il cielo e davanti a te e non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”.5
Il figlio aveva disonorato il padre davanti all’intero villaggio. Sarebbe stato semplicemente giusto e corretto se il padre avesse lasciato che il figlio si presentasse a lui, attraversando il villaggio sotto gli sguardi pieni di disapprovazione dell’intera comunità. Invece no. Il padre, pieno di compassione, gli corre incontro, cosa che un vecchio dignitoso non avrebbe mai fatto in pubblico. Per farlo, avrebbe dovuto alzare i lembi della veste ed esporre le gambe, cosa ritenuta vergognosa nella cultura di quei tempi. Il primo gesto del padre è di abbracciare e baciare suo figlio, prima ancora di sentire che cos’ha da dire.
E il figlio gli disse: “Padre, ho peccato contro il cielo e davanti a te e non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai suoi servi: “Portate qui la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei sandali ai piedi”.6
Il figlio inizia il discorso che aveva preparato, ma il padre non lo lascia terminare. Sentendo il figlio dichiararsi indegno di essere chiamato suo figlio, non ha bisogno di ascoltare altro. Ordina ai servitori di rivestirlo degli abiti migliori, di dargli un anello e dei sandali. Con queste azioni il padre trasmette il messaggio che si è riconciliato con il figlio.
Oltre a trasmettere un messaggio ai servi e alla comunità, ne diede uno molto chiaro anche a suo figlio. Quel messaggio era il perdono. Il benvenuto del padre era un gesto di grazia immeritata. Era il perdono. Niente di ciò che il figlio avrebbe potuto fare avrebbe compensato il passato. Il padre non voleva il denaro perso; voleva suo figlio.
“Portate fuori il vitello ingrassato e ammazzatelo; mangiamo e rallegriamoci”.7La preparazione di un animale così grosso suggerisce che gran parte del villaggio, se non tutto, sarebbe stata invitata al banchetto. E il padre indicò il felice motivo di quel banchetto: “Perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E si misero a fare grande festa.8
Il figlio maggiore
Or il suo figlio maggiore era nei campi; e come ritornava e giunse vicino a casa, udì la musica e le danze. Chiamato allora un servo, gli domandò cosa fosse tutto ciò. E quello gli disse: “È tornato tuo fratello e tuo padre ha ammazzato il vitello ingrassato, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Udito ciò, egli si adirò e non volle entrare.9
Alla fine della giornata, il figlio più grande ritornò dai campi quando la festa era già cominciata. Scoprendo il motivo del banchetto e che suo padre aveva riaccolto in casa il fratello più piccolo, s’infuriò. In un banchetto, secondo le usanze, il fratello maggiore si sarebbe aggirato fra gli invitati, come parte delle sue responsabilità di anfitrione insieme al padre. Il fratello maggiore invece rompe il protocollo e rifiuta pubblicamente di entrare in casa e partecipare alla festa; poi, come vedremo, discute con suo padre in pubblico.
Allora suo padre uscì e lo pregava di entrare. Ma egli, rispose al padre e disse: “Ecco, son già tanti anni che io ti servo e non ho mai trasgredito alcun tuo comandamento, eppure non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma quando è tornato questo tuo figlio, che ha divorato i tuoi beni con le meretrici, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato”.10
Rischiando l’umiliazione e la vergogna agli occhi degli ospiti, il padre lascia la festa per implorare suo figlio di unirsi agli altri. La risposta del figlio è piena d’irriverenza, risentimento e rancore, e indica come lui vede veramente il rapporto con suo padre.
Come reagisce il padre? Esattamente come aveva fatto con l’altro figlio perduto: con amore, gentilezza e misericordia. Dice:
“Figlio, tu sei sempre con me, e ogni cosa mia è tua”.11
Il figlio maggiore, proprio come il minore, ha un rapporto deteriorato con suo padre e questi desidera ricomporlo. Entrambi i figli hanno bisogno di riconciliarsi con il padre. Entrambi ricevono da lui lo stesso amore, dato con umiltà.
L’ultima affermazione del padre esprime la sua gioia che il figlio più giovane che era perduto sia stato ritrovato. “Ma si doveva fare festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Rimane all’ascoltatore immaginare se il fratello maggiore, anche lui perduto, fu ritrovato e riconciliato con il padre, perché non ci viene indicata la sua reazione.
Questa parabola ci dice una cosa bellissima su Dio, nostro Padre. È pieno di compassione, grazia, amore e misericordia. Come il padre nella storia, ci lascia prendere le nostre decisioni e, qualunque esse siano e dovunque ci portino, Lui ci ama. Vuole che ognuno di noi che si è sviato, che è perduto, che ha un rapporto deteriorato con Lui, possa tornare a casa. Lo aspetta e lo accoglie con grande gioia e con grandi feste.
Questo è l’atteggiamento che Dio ha con tutti. Ama profondamente ognuno di noi e desidera un rapporto continuo con noi. Cerca chi è perduto e si rallegra moltissimo quando ritorna a casa. Lo accoglie a braccia aperte, non importa chi sia o cosa abbia fatto. Perdona, ama, accoglie. Con le parole del vecchio inno: “Tornate a casa, tornate a casa, voi che siete stanchi, tornate a casa”.
Ogni singola persona è profondamente amata dal Padre. Gesù ha dato la vita per ognuno di no e noi siamo chiamati a dare questa notizia a tutti. Per farlo, come Gesù, dobbiamo cercarli, fare lo sforzo di raggiungerli, condividere il messaggio che Dio li ama e che vuole avere un rapporto con loro. Dio è pieno di grazia, di amore e misericordia. Ama ogni persona e ha chiesto a noi, come suoi rappresentanti, di fare ciò che fece Gesù: dimostrare un amore incondizionato, amare le persone sgradevoli e cercare quelle perdute, aiutarle a riconciliarsi e reagire con gioia e grandi feste quando ciò che era perduto viene ritrovato.
Pubblicato originariamente nel gennaio 2015.
Adattato e ripubblicato sull’Ancora in inglese il 20 gennaio 2020.
1 Luca 15,11–13. Tutte le citazioni bibliche sono tratte da: Nuova Riveduta, Copyright © 2006 Società Biblica di Ginevra. Tutti i diritti riservati.
2 Luca 15,13–14.
3 Luca 15,15–16.
4 Luca 15,17–19.
5 Luca 15,20–21.
6 Luca 15,21–22.
7 Luca 15,23.
8 Luca 15,24.
9 Luca 15,25–28.
10 Luca 15,28–30.
11 Luca 15,31.