Chris Mizrany
Mio papà ha un piccolo detto che tira fuori nei momenti difficili e che ci fa sempre ridere anche se non ne abbiamo voglia: “Posso avere pazienza, sì, ma fino a quando?” Anche se ridacchio e scuoto la testa, dentro di me so che spesso mi sento esattamente così. Non sono esattamente un esempio di fiducia silenziosa e costante, di pacifica anticipazione e nemmeno di semplice attesa.
Quando c’è un problema, faccio fatica a seguire il mantra religioso del “gettare su di Lui ogni nostra preoccupazione, perché Lui ha cura di noi”. Dentro di me so che è vero, ma preferisco fare qualcosa, qualsiasi cosa, per potermi sentire utile. Mi piace quella specie di esaurimento mentale che deriva da giornate particolarmente impegnate e dal lavorare fino a tarda notte, perché è il segno del raggiungimento di obiettivi. Ma è davvero così? La mia famiglia e i miei amici spesso devono sopportare l’impatto dei miei sforzi autoimposti, completi di inutili “ricerche di soluzioni” e consigli gratuiti e non richiesti.
La verità, per dolorosa che possa essere, è che a volte aspettare è la cosa giusta da fare. Sappiamo tutti che molti personaggi biblici dovettero aspettare, aspettare e aspettare, prima di realizzare i loro piani, i loro sogni o il loro destino. Noè, Mosè, Davide, Daniele e Gesù ebbero tutti dei lunghi periodi di attesa prima di realizzare fino in fondo i loro scopi. Penso che ci sia ancora qualcosa di più. A volte essere pazienti non è solo aspettare per un certo periodo senza lamentarsi, finché “le stelle saranno nella posizione giusta”; a volte significa tener duro quando le cose peggiorano nonostante i nostri sforzi. Forse la pazienza è accettare onestamente che non sappiamo tutto ed essere disposti a sgobbare un giorno alla volta, in mezzo a difficoltà, per tutto il tempo necessario, finché Dio ci rivelerà il quadro completo.
Giovanni Calvino, una figura importante della riforma protestante, disse saggiamente: “Non vi è posto per la fede, se ci aspettiamo che Dio adempia immediatamente ciò che ha promesso”. Indubbiamente Dio fa miracoli e la sua potenza si manifesta in maniera visibile e perfino immediata in tutto il mondo, in molte situazioni. Tuttavia la maggior parte del suo lavoro è svolta attraverso la silenziosa costanza di discepoli fedeli che vivono la loro vita seguendo le sue indicazioni e credendo nelle sue promesse, ma che in fondo sanno che non sono la loro coscienza spirituale, le loro conoscenze o la loro potenza, ma Cristo, a ottenere i risultati al momento giusto. “Non per potenza né per forza, ma per il mio Spirito, dice l’Eterno”.1
La pazienza non è inattività. Avere pazienza significa fare quello che possiamo, ma non nella nostra saggezza, con le nostre forze e nei nostri programmi confusi. Avere pazienza vuol dire sapere in chi crediamo ed essere assolutamente sicuri che, se ubbidiamo, seguiamo e gli affidiamo la nostra vita, Lui manterrà noi e il nostro destino al sicuro contro ogni probabilità e nei giorni più bui. “So in chi ho creduto, e sono persuaso che egli è capace di custodire il mio deposito”.2
Anche la pazienza di Gesù fu messa alla prova. La sua non fu un’esistenza protetta, ma una vita piena di avversità e difficoltà, fino al rifiuto. Il suo amore, tuttavia, non venne mai meno. Non si stancò di fare il bene. Aveva la promessa che ne sarebbe valsa la pena, e anche noi l’abbiamo.
Ci sforziamo di far risplendere la nostra luce in questo mondo buio, manifestando pace e pazienza quando intorno a noi tutto è stress e confusione. Così, in quei giorni in cui mi viene voglia di gridare al cielo: “Fino a quando, Signore?” – seguirò il suo esempio e quello di tanti altri che lo hanno seguito. E mi ricorderò che in ogni caso non si tratta di una pazienza nata da me. La Bibbia dichiara che l’amore è paziente3 e che Dio è amore.4 Tutto viene da Lui e con la sua grazia posso aspettare un po’ più a lungo, manifestando il suo amore, la sua grazia e la sua pazienza a tutti quelli che mi stanno intorno.
“Che il Signore vi dia una conoscenza sempre più profonda dell’amore di Dio e vi dia quella pazienza che è un dono di Cristo”. —2 Tessalonicesi 355
Pubblicato sull’Ancora in inglese l’8 maggio 2019.