Peter Amsterdam
“Alleluia. Lodate l’Eterno dai cieli, lodatelo nei luoghi altissimi. Lodatelo, voi tutti suoi angeli, lodatelo, voi tutti suoi eserciti. Lodatelo, sole e luna, lodatelo, voi tutte stelle lucenti. Lodatelo, voi cieli dei cieli, e voi acque al di sopra dei cieli. Tutte queste cose lodino il nome dell’Eterno, perché egli comandò, ed esse furono create. Lodino il nome dell’Eterno, perché solo il suo nome è esaltato. La sua gloria è al di sopra della terra e dei cieli”. —Salmi 148,1-5.13
La lode è un aspetto essenziale del culto, perché riconosciamo verbalmente il valore di Dio. Quando lodiamo Dio, lo adoriamo per ciò che Egli è.
Anche rendere grazie fa parte integrale del nostro culto. Ringraziamo Dio per tutto ciò che ha fatto e continua a fare, in particolar modo per la nostra salvezza. “Narrerò tutte le tue meraviglie. Gioirò e mi rallegrerò in te; canterò le lodi al tuo nome, o Altissimo”.1
Quando veniamo alla presenza di Dio, adorandolo per ciò che Egli è e per ciò che ha fatto, spesso diventiamo più acutamente consapevoli della nostra “umanità”, specialmente dei nostri limiti, delle nostre debolezze e mancanze, e dei nostri peccati. Questo ci dona un atteggiamento di umiltà e contrizione.
Quando il profeta Isaia vide l’Eterno seduto sul suo trono, con i lembi del suo mantello che riempivano il tempio e gli angeli attorno a Lui che gridavano: “Santo, santo, santo è l’Eterno degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria”, e il tempio di riempì di fumo, ebbe una reazione di umiltà e contrizione. Disse: “Ahimé! Io sono perduto, perché sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure; eppure i miei occhi hanno visto il Re, l’Eterno degli eserciti!” 2
La santità e la perfezione di Dio provocarono in Isaia un profondo senso d’impurità e di peccato. Era umile e contrito. Allo stesso modo, anche noi dovremmo presentarci al Signore adorandolo con un simile senso d’indegnità, insieme a una profonda gratitudine per la nostra salvezza che ci permette di arrivare alla sua presenza come figli.
Continuando a leggere l’esperienza di Isaia, scopriamo che dopo aver visto il Signore e aver ricevuto l’espiazione dei suoi peccati,udì la chiamata a servirlo: “Chi manderò e chi andrà per noi?” Al che rispose: “Eccomi, manda me!” 3 Essere alla presenza del Signore porta con sé il desiderio di servirlo.
L’apostolo Paolo si riferì al nostro servizio per il Signore come a una forma di culto, quando scrisse: “Vi esorto dunque, fratelli, per le compassioni di Dio, a presentare i vostri corpi, il che è il vostro ragionevole servizio, quale sacrificio vivente, santo e accettevole a Dio”. 4 La motivazione a fare la volontà di Dio, a rispondere alla sua chiamata e a servirlo, costituisce una parte della nostra adorazione e ne è allo stesso tempo il risultato.
Quando entriamo nelle sue porte con ringraziamento e nei suoi cortili con lode; quando lo ringraziamo e benediciamo il suo nome e tutto ciò che Egli è; quando esprimiamo il nostro profondo amore per Lui; quando lo riveriamo e onoriamo, esaltando la sua eccellenza; e quando veniamo di fronte a Lui con umiltà e contrizione, adoriamo Dio come Lui desidera, in spirito e verità.
Come credenti siamo chiamati ad adorare sia privatamente, sia pubblicamente o collettivamente. A volte siamo tenuti ad adorare insieme ad altri cristiani. Quando ci raduniamo per lodare il Signore e pregare insieme, ci sono elementi che non sono presenti quando adoriamo o preghiamo da soli. Nel libro dell’Apocalisse vediamo i credenti adorare insieme in cielo:
Quindi vidi e udii la voce di molti angeli intorno al trono, agli esseri viventi e agli anziani; il loro numero era di miriadi di miriadi e di migliaia di migliaia, che dicevano a gran voce: «Degno è l’Agnello, che è stato ucciso, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l’onore, la gloria e la benedizione».5
L’adorazione collettiva, comunque, non è sufficiente; dobbiamo adorarlo anche individualmente. Nei Vangeli leggiamo che Gesù frequentava la sinagoga oltre alle varie feste religiose nel tempio di Gerusalemme, che a quei tempi era il luogo appropriato per il culto. “Entra nella tua cameretta, chiudi la tua porta e prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà pubblicamente”.6
Ogni rapporto che deve avere successo richiede un investimento e uno sforzo per restare saldo; e il nostro rapporto con il Signore non è diverso. Essere intimamente uniti con Dio esige che stiamo in comunione con Lui in adorazione e preghiera; che gli rispondiamo con amore, onore e venerazione; che lo lodiamo e lo ringraziamo; che ci dilettiamo in Lui.7
L’adorazione e il culto richiedono uno sforzo da parte nostra — in particolar modo quello di dedicare regolarmente del tempo ad adorare il Signore. Ci vogliono determinazione e impegno per entrare puntualmente alla presenza del Signore in spirito e verità. L’adorazione è qualcosa di più di una trafila fissa di preghiera, lode e canti: è entrare alla presenza di Dio, è collegare il nostro spirito al suo. Come ha scritto Donald Whitney, “le acque dell’adorazione non dovrebbero mai smettere di fluire dal nostro cuore, poiché Dio è sempre Dio ed è sempre degno di adorazione”.
L’adorazione dovrebbe far parte della nostra conversazione con Dio durante tutta la nostra giornata. Quando osserviamo la creazione divina, una madre con suo figlio, le stelle nel cielo, o quando pensiamo al Signore, possiamo rendergli onore, lode e ringraziamento per le sue opere meravigliose, per ciò che ha fatto e per ciò che Egli è. Quando meditiamo sulla sua Parola, quando pensiamo alle benedizioni che ci ha elargito, alla misericordia che ci ha mostrato e alla grazia che ci ha concesso, quando preghiamo e lo cerchiamo, sono tutti momenti in cui possiamo adorarlo.
Più esprimiamo a parole chi Dio è e che cosa ha fatto, più Egli diventa presente in ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Quando riconosciamo regolarmente il suo amore, la sua compassione, la sua misericordia, la sua bontà e la sua giustizia, adottiamo anche noi queste virtù e ci diventa più facile emularle nei nostri rapporti con gli altri. Quando lo lodiamo per la sua potenza, la sua presenza e la sua onniscienza, rammentiamo a noi stessi che Egli è sempre lì, che sa tutto di noi, che ci ha creato e che conosce i pensieri e le intenzioni del nostro cuore. Ricordarsi di questo può rafforzare la nostra risoluzione di fare del nostro meglio per vivere secondo la sua Parola, di trattare gli altri con amore e di fare agli altri quello che vogliamo che essi facciano a noi.
Adorare in spirito e verità dovrebbe essere al centro del nostro rapporto con Dio, il nostro Creatore.
Venite, adoriamo e inchiniamoci; inginocchiamoci davanti all’Eterno che ci ha fatti. Date all’Eterno la gloria dovuta al suo nome; adorate l’Eterno nello splendore della sua santità”. —Salmi 95,6; 29,2
Pubblicato originariamente in inglese nel maggio 2014. Adattato e ripubblicato il 19 luglio 2018.