Diffondere la luce del Vangelo nelle tenebre

Ottobre 1, 2018

Compilazione

[Shining the Light of the Gospel in Darkness]

Quando leggo i titoli dei giornali o vedo alcuni dei modi in cui queste realtà sono rappresentate nel cinema, nella televisione, nei romanzi e in altri media artistici, mi chiedo […] come fare la differenza in un tipo di mondo in cui la maggior parte delle persone sarebbe terrorizzata di entrare. C’è qualche speranza di redenzione, trasformazione e giustizia che vada oltre la semplice punizione? Come cristiano, mi chiedo che differenza possa fare la buona novella di Gesù in un mondo di signori della droga, trafficanti e violenza.

Davanti a domande di questo tipo, ho sentito parlare del lavoro dell’artista Pedro Reyes. Il suo progetto musicale intitolato “Disarmo” ha trasformato in strumenti musicali 6.700 pistole che erano state consegnate all’esercito e alla polizia o da loro sequestrate. I fucili provenivano da Ciudad Juarez, una città di circa un milione e trecentomila abitanti, con una media di circa dieci omicidi al giorno al culmine della violenza causata della droga. Nel 2010, Ciudad Juarez ha avuto un tasso di circa 230 omicidi ogni 100.000 abitanti.

Parlando delle pistole che ha usato, Reyes ha commentato che questa è “solo la punta dell’iceberg di tutte le armi che vengono sequestrate ogni giorno e che l’esercito deve distruggere”. Ma invece di soccombere alla disperazione, Reyes ha preso gli stessi strumenti utilizzati per la violenza e ne ha creato strumenti musicali.

Reyes era già noto per un progetto del 2008 chiamato “Palas por pistolas”, o “Pistole in cambio di pale”, in cui ha fuso 1.527 armi per fare lo stesso numero di pale per un numero equivalente di alberi. Reyes sottolinea che il suo lavoro “non è solo una protesta, ma una proposta”. La sua proposta è di prendere oggetti di distruzione e trasformarli in oggetti di creazione. Non è un caso che l’opera creativa di Reyes si riallacci all’antica visione del profeta Isaia quando, nel grande giorno del Signore, “forgeranno le loro spade in vomeri”. […] Così, invece di oggetti di distruzione, diventano oggetti di creazione. L’arte, per Reyes, è trasformazione, luce che risplende nelle tenebre.

Può Dio prendere il caos e la distruzione che spesso vediamo nel nostro mondo e trasformarlo grazie ai nostri gesti di impegno creativo, così ingannevolmente semplici e apparentemente piccoli? Per chi segue Gesù, questo tipo d’impegno con le forze distruttive del mondo dà testimonianza della realtà di Gesù Cristo, il Creatore della vita, della luce, della bontà e dell’amore. Perché la luce risplende nelle tenebre e le tenebre non possono vincerla. —Margaret Manning Shull

Rimanere focalizzati verso l’esterno

Ogni volta che visito un college o un’università per fare una presentazione, faccio uno sforzo per parlare con gli studenti dei gruppi cristiani locali attivi nel campus. Questi studenti discutono spesso dell’apatia che sembra permeare la cultura cristiana nelle università americane. Non fraintendetemi, ci sono molti club e organizzazioni cristiane eccellenti nei campus americani, ma è chiaro, parlando con gli studenti che incontro, che pochi cristiani sembrano essere disposti a raggiungere i non cristiani nel campus e condividere con loro ciò in cui credono. Alcuni gruppi cristiani sono impegnati al loro interno, non verso l’esterno. La maggior parte dei giovani cristiani preferisce frequentare altri cristiani in un ambiente sicuro, piuttosto che evangelizzare attivamente il campus per Cristo. […]

Perché esitiamo a condividere il Vangelo con i non credenti? Penso sia perché trattiamo il Vangelo come un biscotto invece che come una cura.

A volte chiedo agli studenti cristiani se sarebbero disposti a seguirmi per le strade della città più vicina per cercare di convincere la gente che i biscotti al cioccolato sono i migliori al mondo. Non sorprende che gli studenti di solito non siano entusiasti di farlo. Alla domanda, ammettono rapidamente che sembra inutile cercare di convincere le persone di qualcosa di soggettivo come un’opinione personale sui biscotti. Riconoscono che le preferenze nel campo dei biscotti sono questione di opinione soggettiva piuttosto che di verità oggettiva, e in genere nessuno di loro è disposto a fare degli sforzi per sostenere un’opinione.

Poi chiedo agli studenti se sarebbero disposti a seguirmi in una parte della città che soffre di un’epidemia di tubercolosi per convincere i malati che ne sono affetti a prendere l’unica cura nota, l’isoniazide. Tutti gli studenti cui lo chiedo ritengono che sia uno sforzo degno di nota; sono disposti ad aiutare per una causa come questa. Riconoscono la differenza tra il biscotto e la cura. […] Quando siamo oggettivamente convinti che un particolare trattamento è l’unica cura per ciò che ci sta affliggendo, ignoriamo le nostre preferenze e agiamo rapidamente per salvarci e condividere la verità con gli altri.

C’è una relazione tra il modo in cui vediamo le asserzioni cristiane e il nostro desiderio di condividerle con il mondo che ci circonda. Alcuni di noi esitano a condividere il Vangelo perché (che ci piaccia ammetterlo o no) abbiamo cominciato a vedere la verità religiosa come una questione di opinione soggettiva piuttosto che verità oggettiva. Trattiamo il Vangelo più come un biscotto che come una cura. Ecco perché penso che sia importante aiutare […] i cristiani a capire che le prove confermano le affermazioni degli autori del Nuovo Testamento. Man mano che la loro fiducia aumenta, la loro visione del cristianesimo si sposta sottilmente dall’opinione pubblica alla convinzione oggettiva. Quando ciò accade, è molto più probabile che essi condividano il Vangelo con gli altri, difendano coraggiosamente ciò che credono e rappresentino coraggiosamente Cristo nella nostra cultura. —J. Warner Wallace [1]

La chiamata

Gesù ha detto molto chiaramente che tutti i cristiani sono ordinati per predicare il Vangelo quando disse in Giovanni 15,16: “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”.

Quindi, non è solo una bella cosa da fare quando ci va o quando possiamo trovarne il tempo, ma è un compito affidatoci da Dio, una responsabilità di tutti i suoi figli, come ha indicato Paolo: “Infatti, se io predico l’evangelo, non ho nulla da gloriarmi, poiché è una necessità che mi è imposta; e guai a me se non predico l’evangelo”.[2]

Indipendentemente da nazionalità, paese, colore o credo, il cuore dell’uomo è lo stesso in tutto il mondo, e i suoi dolori, i suoi peccati, le sue sofferenze e le sue paure della morte sono gli stessi per tutti. I suoi desideri, i suoi amori e la sua fame di Dio e della sua verità, di gioia, felicità e serenità, sono creati da Dio e sono gli stessi negli uomini di tutto il mondo. Non ci sono mai abbastanza appartenenti al popolo di Dio che siano disposti a mostrare loro il suo amore. Come disse Gesù stesso: “La messe è veramente grande, ma gli operai sono pochi”. Perciò “ Pregate dunque”, comandò, “il Signore della messe che spinga degli operai nella sua messe”.[3] — la sua vasta messe fatta di moltitudini di persone fredde e affamate, che vagano nelle tenebre senza Dio. —David Brandt Berg

Pubblicato sull’Ancora in inglese il 24 aprile 2018.


[1] http://coldcasechristianity.com/2016/treating-the-gospel-like-a-cookie-rather-than-a-cure.

[2] 1 Corinzi 9,16.

[3] Matteo 9,37–38.

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