Compilazione
Un alberello coperto di neve
Quando siamo arrivati al cimitero, ci siamo commossi davanti a ciò che abbiamo visto.
Il nostro terzo figlio, Bay, il primo maschietto, era nato alcuni giorni prima di Natale. Quella sera, quando salutai mia moglie, esausta ma piena di gioia, e uscii dall’ospedale, il calore e la gioia che avevano accompagnato la nascita di mio figlio riuscirono a superare il freddo di quella notte di dicembre.
Il dicembre successivo celebrammo il primo compleanno del nostro bambino dagli occhi neri e dai capelli scuri. Il giorno di Santo Stefano, in una serata passata a fare giochi a casa dei miei suoceri, il nostro divertimento fu improvvisamente interrotto da un terribile urlo di mia suocera: “Non respira più!” Era andata a controllare Bay, che dormiva sul suo letto, e aveva scoperto il suo corpo freddo e privo di vita. Portato mio figlio all’ospedale di corsa, cercando di praticargli la CPR per la via. Giunti là apprendemmo con dolore che non era possibile salvargli la vita. Era la sindrome della morte improvvisa infantile.
Da allora il Natale ha acquistato un significato molto più profondo per la nostra famiglia. Ogni anno, quando alla Vigilia togliamo dalla mensola del caminetto le calze degli altri figli per riempirle, rimane appesa una calza vuota. Per il resto delle feste quella calza serve a ricordarci Bay.
Ogni anno, intorno all’anniversario della nascita di Bay, mia moglie ed io andiamo al cimitero dov’è sepolto. A ogni visita scopriamo che qualcuno è arrivato prima di noi e ha messo qualcosa sulla tomba di nostro figlio: un anno c’erano dei piccoli fiori delicati; l’anno successivo un orsetto di peluche; l’anno dopo un alberello di Natale coperto di minuscole decorazioni. Non avevamo idea di chi fosse a farlo. I regali, che ci commuovevano sempre profondamente, non erano mai accompagnati da biglietti.
Quando ho accennato a mia suocera che conoscevo il suo segreto, lei ha negato di esserne responsabile. L’anno dopo, mentre i miei suoceri erano in missione all’estero, abbiamo nuovamente scoperto che qualcuno aveva posto un regalo sulla tomba di nostro figlio. Non siamo riusciti a risolvere il mistero nemmeno chiedendo ad altri membri della famiglia e agli amici.
Dieci anni dopo la morte di nostro figlio, una serie di bufere di neve ci hanno impedito di muoverci anche su brevi distanze. Di conseguenza la visita annuale alla tomba di nostro figlio è stata rimandata a diversi giorni dopo Natale. Quando finalmente ce l’abbiamo fatta, abbiamo visto un piccolo albero di Natale tutto decorato e mezzo sepolto dalla neve, vicino alla lapide della piccola tomba di Bay. Lo sforzo che qualcuno doveva aver fatto per arrivare al cimitero in mezzo alla bufera ci ha sopraffatto d’emozione. Ci sono scese le lacrime al pensiero che qualcuno continuasse a condividere il nostro lutto e il nostro dolore.
Da quel momento siamo stati più decisi che mai a scoprire l’identità del nostro benefattore e a ringraziarlo, uomo o donna che fosse, per dimostrare una tale compassione per noi. Riflettendoci ulteriormente, però, ci siamo resi conto che chiunque compisse quei gesti di bontà non voleva essere identificato. Abbiamo deciso di lasciare che il nostro amico restasse anonimo. Abbiamo sostituito il bisogno di ringraziarlo con il desiderio di condurre, noi personalmente, una vita migliore.
Adesso per noi è più difficile parlare male o criticare uno qualunque dei nostri amici o dei nostri parenti, perché chiunque di loro potrebbe esse il nostro anonimo amico.
Spesso, quando serviamo il Signore, mia moglie ed io ci fermiamo a esaminare i nostri cuori: facciamo opere di bene per essere visti dagli altri o per il puro amore di Cristo e del nostro prossimo?
Per noi la carità — umile e che non cerca il proprio interesse — è simboleggiata da un alberello di Natale decorato artisticamente, mezzo sepolto nella neve, adagiato in un cimitero silenzioso. —Darrell Smart[1]
Il mio primo Natale in cielo
(Questa poesia è stata scritta da un bambino di 13 anni morto il 14 dicembre 1997, dopo aver combattuto per anni un tumore al cervello. Lo diede a sua madre prima di morire.)
Ho visto tanti alberi di Natale
intorno al mondo, laggiù,
con luci piccole come stelle
riflesse sulla neve.
È un vero spettacolo,
asciuga le tue lacrime,
perché che quest’anno
passo il Natale con Gesù.
Sento tanti canti di Natale
che piacciono alla gente
ma il suono della musica
non è pari al coro di quassù.
Non ho parole per dirti
la gioia offerta dalle loro voci
perché il canto di questi angeli
supera ogni descrizione.
So quanto ti manco,
vedo il dolore nel tuo cuore;
ma non sono lontano,
non credere che siamo separati.
Siate lieti per me, miei cari,
voi sapete che mi state a cuore.
Siate lieti, perché quest’anno
passo il Natale con Gesù
Vi mando un dono speciale
dalla mia casa celeste quassù.
A ognuno mando il ricordo
del mio amore che non morrà mai.
Dopotutto, è un dono più prezioso
di molto oro purissimo.
Era la cosa più importante
nelle storie dette da Gesù.
Amatevi e aiutatevi a vicenda,
come mio Padre disse di fare;
perché ha per voi benedizioni
che non posso contare.
Vi auguro un Buon Natale,
asciugate quella lacrima.
Ricordate che quest’anno
passo il Natale con Gesù. —Ben[2]
Una rosa di Natale
Sono entrato in fretta nel grande magazzino per comprare qualche regalo dell’ultimo minuto per Natale. Ho dato un’occhiata in tutta la gente e ho brontolato dentro di me. Sarei rimasto lì dentro un’eternità e avevo troppe cose da fare. Il Natale cominciava a essere un fastidio. Avrei quasi voluto passare il Natale dormendo. Invece mi sono buttato il più in fretta possibile in mezzo a tutta la gente del reparto giocattoli. Ho brontolato nuovamente per i loro prezzi; e mi sono chiesto se poi i miei nipotini ci avrebbero giocato davvero.
Mi sono ritrovato nella corsia delle bambole. Con un angolo dell’occhio ho visto un bambino sui cinque anni con in mano una splendida bambola. Continuava ad accarezzarle i capelli e la reggeva con tenerezza. Non ho potuto farne a meno; ho continuato a guardare il bambino e mi sono chiesto per chi fosse la bambola. L’ho visto rivolgersi a una donna chiamandola zia e chiedendo: “Sei sicura che non ho abbastanza soldi?” Lei ha replicato con un po’ d’impazienza: “Lo sai già che non hai abbastanza soldi per comprarla”. Poi la zia ha detto al bambino di non muoversi di lì, perché doveva andare a prendere delle altre cose e sarebbe tornata dopo qualche minuto. Poi si è allontanata dalla corsia. Il bambino ha continuato a reggere la bambola.
Dopo un po’ gli ho chiesto per chi fosse e lui ha risposto: “È la bambola che mia sorella voleva tanto tanto per Natale. Era sicura che Babbo Natale gliel’avrebbe portata”. Gli ho detto che forse non l’avrebbe portata, ma lui ha replicato: “No, Babbo Natale può andare lì dove sta mia sorella… Devo dare la bambola a mia mamma per portargliela”. Gli ho chiesto dove si trovasse sua sorella.
Mi ha guardato con occhi tristi e ha detto: “È andata a stare con Gesù. Papà dice che la mamma andrà a stare con lei”. Il mio cuore ha quasi smesso di battere. Poi il bambino mi ha guardato di nuovo e ha detto: “Ho detto al papà di dire alla mamma di non andare via ancora. Gli ho detto di dirle di aspettare che io ritorni dal negozio”. Poi mi ha chiesto se volevo vedere la sua foto. Ho risposto che mi sarebbe davvero piaciuto. Ha tirato fuori alcune foto di sé davanti al negozio e ha detto: “Voglio che la mamma la porti con sé così che non si dimenticherà di me. Le voglio tanto bene e non voglio che se ne vada, ma papà dice che deve andare a stare con mia sorella”.
Il bambino ha abbassato la testa ed è rimasto in silenzio. Mentre non guardava, ho infilato una mano nella borsa e ne ho tolto una manciata di banconote. Gli ho chiesto: “Proviamo a ricontare i soldi?” Si è acceso d’entusiasmo e ha risposto: “Sì, sono sicuro che sono abbastanza”. Ho infilato i miei soldi in mezzo ai suoi e abbiamo cominciato a contarli.
Naturalmente erano più che sufficienti per la bambola. Sussurrando, lui ha detto: “Grazie, Gesù, per avermi dato abbastanza soldi”. Poi si è rivolto a me: “Avevo chiesto a Gesù di darmi abbastanza soldi per comprare questa bambola, così che la mamma potrà portarla con sé e darla a mia sorella. E Lui ha sentito la mia preghiera. Volevo chiedergliene abbastanza per comprare anche una rosa bianca per la mamma, ma non l’ho fatto; però adesso ne ho abbastanza per comprare la bambola e una rosa per mia mamma. Le piacciono moltissimo le rose bianche”.
Dopo qualche minuto è tornata la zia ed io mi sono allontanato con il mio carrello. Non potevo fare a meno di pensare al bambino mentre finivo le mie compere con uno spirito completamente diverso da quello con cui ero arrivato. E continuava a venirmi in mente una storia che avevo letto sul giornale alcuni giorni prima, a proposito di un autista ubriaco che aveva investito un’auto e ucciso una bambina, lasciando la madre in condizioni gravi. La famiglia stava decidendo se staccare il respiratore. Quel bambino non poteva avere a che fare con quella storia.
Due giorni dopo ho letto sul giornale che la famiglia aveva fatto staccare il respiratore e la giovane donna era morta. Non potevo dimenticare il bambino e continuavo a chiedermi se le cose fossero in qualche modo connesse. Più tardi, quello stesso giorno, non ho più potuto trattenermi e sono andato a comprare alcune rose bianche. Le ho portate alla casa funeraria dove giaceva la giovane donna. Ed eccola lì, con in mano una bella rosa bianca, con la bella bambola e la foto del bambino davanti al negozio.
Sono uscito di là in lacrime, la mia vita cambiata per sempre. —John London[3]
Pubblicato sull’Ancora in inglese il 19 dicembre 2017.
[1] https://www.lds.org/ensign/2008/12/three-christmas-stories?lang=eng.
[2] http://christmas.spike-jamie.com/inspirational.html.
[3] http://www.annien.com/Holidays/Christmas/ChristmasStories/christmas_a_touching_christmas_story.html.