Iris Richard
Ero bloccata in uno dei temibili ingorghi stradali nella nostra congestionata città africana. La fila interminabile di auto, camion e autobus andava a passo d’uomo. Solo i pedoni, le biciclette e le moto riuscivano a fare qualche progresso, zigzagando tra le corsie intasate da veicoli che procedevano quasi incollati l’uno all’altro. Mentre passavo l’area più povera della città, seduta nella mia auto, non avevo altra scelta che respirare l’aria inquinata, densa di fumi di scarico.
Mi veniva la nausea e mi sentivo spazientita. All’improvviso il mio sguardo è caduto sul marciapiede pieno di pozzanghere e di fango per la pioggia della notte precedente. Tra i venditori che esponevano oggetti di seconda mano, frutta e verdura su dei teloni stesi per terra, ho visto un bambino di non più di sette anni. Guardandolo da più vicino ho notato che aveva le gambe storpie e si muoveva trascinandosi sul sedere,.
Nella cacofonia dei claxon, dei motori e delle persone che affollavano il marciapiede sterrato, il piccolo zoppo tendeva la mano, sorridendo nello sforzo di attirare l’attenzione di chiunque fosse disposto a notarlo e fermarsi. Nella fila di traffico di fianco a me e più vicina al marciapiede, ho notato un uomo che indossava pantaloni consunti, una maglietta strappata e scarpe infangate e piene di buchi. Con il volto arrossato dallo sforzo e i muscoli tesi stava trascinando in mezzo al traffico un carretto pesante, carico di sacchi di patate. Il sudore gli colava sul volto, per lo sforzo di tirare quel carico enorme.
Gli sguardi del piccolo zoppo e dell’uomo s’incrociarono e lui fermò il carretto, si mise una mano in tasca e ne trasse una moneta, che piazzò nella mano sporca che il bambino gli tendeva. La faccia del bambino si aprì in un bel sorriso e il piccolo lanciò un allegro “Dio ti benedica” all’uomo, che era chiaramente lui stesso povero e faceva uno dei lavori più umili.
Diverse persone stavano osservando la scena dai finestrini dei loro SUV lussuosi e oserei dire che alcune di loro si ricordarono dell’esempio che Gesù ci aveva dato quando si spinse ad aiutare gli oppressi, i deboli e i ciechi. Con questo esempio di amore in mezzo al caos e alla povertà, l’amore di Gesù illuminò per un attimo quel marciapiede cupo, lasciando un ricordo della sua presenza con un piccolo gesto di bontà.
Fu come un lampo di luce che mi colpì, spingendomi a essere più pronta a fare da strumento dell’amore di Dio; come aveva fatto quell’uomo, con il suo gesto semplice ma profondo, nonostante fosse lui stesso povero e vestito di stracci ma abbastanza amorevole da mostrare l’amore di Dio per quel bambino.
Quella sera pregai di riuscire a mettermi in sintonia quando Dio mi chiede di essere le sue mani per chi ha bisogno e i suoi piedi per camminare nelle scarpe di un’anima povera; in altre parole di insistere a tempo e fuor di tempo quando il suo Spirito me lo suggerisce. Ho meditato anche su come l’avere un rapporto stretto con Gesù, mediante la sua Parola e dei regolari momenti di comunione con Lui, mi motiverà e mi aiuterà a riconoscere quando condividere il suo amore anche nelle circostanze più inaspettate.
Poco tempo dopo questa preghiera ho avuto l’opportunità di mettere in pratica questi pensieri, quando mia figlia era nel reparto maternità in attesa di avere il suo terzo figlio. Dopo la nascita del suo sano maschietto e mentre riposava nella stanza, la donna nel letto accanto, separato da una tenda, stava avendo delle doglie molto intense. Era una straniera, ma mi sono sentita spinta a chiederle se potevo aiutarla. Poiché sono stata assistente al parto in molte occasioni, mi sono offerta di aiutarla a trovare un metodo di respirazione che le alleviasse la tensione. Seguendo un semplice schema, si è aggrappata a me e in poco tempo ha trovato il ritmo giusto, riuscendo perfino a rilassarsi tra una contrazione e l’altra. “Lei è un angelo”, mi ha detto, ansimando tra un’ondata di dolore e l’altra.
“Non sono un angelo”, le ho detto, “ma cerco di seguire quello che Dio mi mostra”. Ho aggiunto: “Gesù ti ama”. Poi suo marito, che aveva assistito a tutto, prese il mio posto per aiutarla con la respirazione.
Nel cammino della vita ci sono innumerevoli occasioni in cui un semplice gesto gentile può diffondere l’amore di Dio nei luoghi più insoliti, come dice questa semplice poesia:
Pronto ad andare,
pronto a restare,
pronto al servizio, umile o grande,
pronto a fare la sua volontà!
“Io sono la vite, voi siete i tralci; chi dimora in me e io in lui, porta molto frutto”. —Giovanni 15,5
Pubblicato sull’Ancora in inglese il 16 agosto 2017.