Dalla serie Roadmap
E Gesù gli disse: «“Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua e con tutta la tua mente”. Questo è il primo e il gran comandamento. E il secondo, simile a questo, è: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti». —Matteo 22,37-40[1]
Esiste una forma di amore per gli altri che è importante ma facilmente ignorata; si nota nelle piccole cose della vita. Nel mondo tanto frenetico di oggi, la maggior parte di noi conduce una vita molto affaccendata. Se troviamo difficile rallentare abbastanza da fermarci e manifestare l’amore di Dio agli altri in maniera apparentemente importante, quanto più difficile è trovare tempo per le cose che sembrano insignificanti. Ogni giorno dobbiamo affrontare molte volte delle piccole scelte – in breve, scelte tra l’amare gli altri o ignorare l’opportunità di amare e continuare semplicemente con quello che stiamo facendo. Potrebbe trattarsi di opportunità come aiutare una persona che ha bisogno, preferire qualcun altro a noi stessi, dimostrare compressione quando una persona è stressata o preoccupata, offrire un abbraccio o una preghiera, oppure ascoltare con attenzione e compassione.
Alla fine, la persona che è dentro ognuno di noi è la somma di tutte le nostre scelte – scelte che facciamo su base giornaliera. Quando scegliamo di prenderci il tempo di aiutare qualcuno che ha bisogno, quando dimostriamo amore e premura a qualcuno che sta male, quando diamo alcune delle cose che abbiamo, diventiamo costantemente più amorevoli. Scegliamo di lasciarci alle spalle un retaggio d’amore nel nostro viaggio nella vita.
Se invece scegliamo di dare la precedenza esclusivamente ai nostri obiettivi, alle nostre responsabilità e ai nostri interessi, ignorando le persone che ci stanno vicino, diventiamo più egocentrici e soli e possiamo finire per vagare senza scopo nel nostro universo.
Oggi consideriamo un filantropo la persona che dona grandi somme di denaro, tuttavia la parola deriva da due parole greche, philos (amico) e anthropos (uomo): amico dell’uomo. Siamo tutti in grado di essere amici dell’uomo. Tutti possiamo donarci agli altri. —Edward Lindsey
Una cosa affascinante della nostra vita su questa terra è che abbiamo opportunità illimitate di fare scelte basate sull’amore per gli altri, sul desiderio di aiutare l’umanità. Ogni giorno possiamo fare gesti amorevoli a beneficio degli altri. Spesso è la cosa a cui pensiamo di più all’origine di una carriera o di un progetto – vogliamo aiutare gli altri. Quel che succede, però, è che restiamo avviluppati da un tornado di lavoro, stirati fino al limite del tempo disponibile, sbatacchiati da circostanze mutevoli e responsabilità in contrasto tra di loro, ostacolati dagli imprevisti della vita, finché ci dimentichiamo del motivo principale per cui ci eravamo inoltrati su quella strada.
Com’è triste che nel nostro gran daffare possiamo trascurare perfino le persone che amiamo di più: figli, famiglia, persone care.
Ecco una lettera scritta da un padre a suo figlio, che illustra molto bene questo punto:
Ascolta, figlio mio, ti dico queste cose mentre dormi, con la guancia appoggiata a una mano e i tuoi riccioli biondi appiccicati alla fronte sudata. Sono entrato furtivamente nella tua cameretta. Solo qualche minuto fa, mentre ero seduto a leggere il giornale in biblioteca, sono stato sommerso da un’ondata soffocante di rimorso. Mi sono avvicinato al tuo letto sentendomi in colpa.
Ecco a cosa stavo pensando: mi ero arrabbiato con te. Ti ho sgridato mentre ti preparavi per andare a scuola perché ti sei limitato a sfregarti la faccia con un asciugamano. Ti ho rimproverato per non aver spazzolato le scarpe. Ti ho richiamato con rabbia quando hai buttato per terra alcune delle tue cose.
Anche a colazione ho trovato qualcosa per cui rimproverarti. Hai rovesciato qualcosa. Hai mandato giù in fretta il cibo. Hai messo i gomiti sul tavolo. Hai spalmato troppo burro sul pane. Quando sei uscito per giocare e io sono andato a prendere il treno, ti sei voltato, mi hai salutato con la mano e hai gridato: “Ciao, papà!” Ho aggrottato la fronte e ti ho risposto: “Raddrizza le spalle!”
Poi è ricominciato tutto nel tardo pomeriggio. […]
Ti ricordi, un po’ più tardi, quando leggevo in libreria e sei entrato timidamente, con uno sguardo un po’ ferito? Quando ho dato un’occhiata da dietro il giornale, spazientito per la tua interruzione, hai esitato sulla soglia. “Cosa vuoi?” ho detto con asprezza.
Non hai detto niente, ma ti sei precipitato di corsa, mi hai abbracciato e baciato; le tue piccole braccia mi hanno stretto con un affetto che Dio aveva fatto sbocciare nel tuo cuore e che nemmeno la mia trascuratezza aveva fatto appassire. Poi te ne sei andato e ho sentito i tuoi passi su per le scale.
Be’, figlio mio, un momento dopo mi è scivolato dalle mani il giornale e ho provato un senso di paura orribile e nauseante. In che cosa mi ha trasformato l’abitudine? Quell’abitudine di cercare colpe, di sgridare – era il mio modo di ricompensarti per essere soltanto un bambino. Non è che non ti voglia bene; è che mi aspettavo troppo dalla gioventù. Ti stavo misurando con il metro dei miei anni.
C’è così tanto di buono, bello e sincero nel tuo carattere. Il tuo piccolo cuore è grande come l’alba che sorge dietro le colline. Lo hai dimostrato con il tuo impulso spontaneo di entrare di corsa per augurarmi la buonanotte. Questa sera non c’è niente di più importante. Mi sono avvicinato al tuo letto nel buio e mi sono inginocchiato qui, pieno di vergogna!
È un tipo di redenzione debole; so che non capiresti queste cose se te le dicessi mentre sei sveglio. Domani però sarò un vero papà! Sarò tuo amico, soffrirò quando soffrirai e riderò quando riderai. Quando dalla mia bocca staranno per uscire parole impazienti, mi morderò la lingua. Continuerò a dire, come in un rituale: “È solo un ragazzo – un bambino!”
Come ti vedo adesso, figlio mio, stanco e accucciato nel tuo lettino, ti vedo ancora come quando eri piccolo. Solo ieri stavi in braccio a tua madre, con il capo appoggiato sulla sua spalla. Ti ho chiesto troppo, troppo. —W. Livingston Larned
Metterci nei panni degli altri e dedicare del tempo a pensare al motivo per cui le persone fanno quel che fanno, è molto più costruttivo delle critiche; genera comprensione, tolleranza e gentilezza.
Come disse una volta un saggio: “Dio stesso non si propone di giudicare l’uomo fino alla fine dei suoi giorni, quindi perché dovremmo farlo noi?”
Com’è che perdiamo contatto con i bisogni degli altri? Risale tutto alle nostre scelte quotidiane; dobbiamo per prima cosa passare del tempo in comunione con Gesù per essere rinfrescati dal suo Spirito, poi possiamo prenderci il tempo di rallentare abbastanza da dimostrare agli altri il suo amore, le sue premure e la sua considerazione.
L’amore di Gesù è abbastanza forte e puro da sopportare le nostre colpe, i nostri peccati e i nostri pasticci umani, che sono molti. Chiedete al Signore di darvi quel tipo di amore: un amore che s’interessa agli altri indipendentemente dalla simpatia naturale che si prova per loro, da che abbiate il tempo di farlo e da che li riteniate degni o meritevoli del vostro tempo. Un amore che ama, anche se qualcuno invade il vostro spazio personale o interrompe i vostri piani. Un amore che apprezza la gente per che quel che è: persone che Gesù ama e ha messo sul vostro cammino o nella vostra vita, e che vuole amare attraverso di voi. Un amore che ama, anche se quella persona è in ritardo o è egoista, rude, trasandata, disorganizzata, o ha semplicemente torto.
L’amore deve essere la nostra motivazione principale. Deve essere l’amore a spingerci. E l’amore è anche quello che mantiene in equilibrio le cose. L’amore è quello che ci dirà di smettere quello che stiamo facendo e aiutare qualcun altro perché ha bisogno. L’amore ci aiuterà a vedere gli altri con gli occhi del Signore e a essere disposti a mostrare loro il suo amore. —Maria Fontaine
Ci sono molti modi di dimostrare amore e starà a ognuno di noi trovare il tempo di riflettere su come possiamo farlo personalmente. Come possiamo aiutare di più gli altri? Come possiamo dare più significato alla nostra vita? È una questione da valutare personalmente. Possiamo metterci in silenzio da qualche parte con un quaderno o un diario e riflettere su come spendiamo il nostro tempo, su cosa facciamo per Dio e per gli altri e su come possiamo amare gli altri di più.
Potremmo annotare i modi in cui vogliamo migliorare. Possiamo stabilirci degli obiettivi raggiungibili. È un passo semplice da fare e non ci vorrà molto tempo, ma potrebbe cambiare la vita delle persone che vogliamo raggiungere. E già che ci siamo, potrebbe perfino cambiare la nostra vita.
Ecco alcuni punti su cui riflettere:
- Dedica alcuni minuti a valutare quanto amore e altruismo dimostri quotidianamente. Ti fermi davvero a dimostrare amore a chi ne ha bisogno?
- Se Dio ti chiedesse di fare un sacrificio, grande o piccolo, per semplice amore ed altruismo, sapendo che ne ricaverai poco o niente, lo faresti?
- Quando non te la senti di impegnarti di più per amare qualcuno, quando pensi che dovrebbe essere l’altro ad aiutare te, sei disposto a fare il primo passo per dimostrare amore, a prescindere dalle circostanze?
- Sei disposto a fermarti ad ascoltare e dimostrare attenzione agli altri?
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T’impegneresti adesso a fare uno sforzo sincero per amare gli altri come Gesù ha amato te, per amarli perché “l’amore di Cristo ti costringe”,[2] per far risplendere Gesù attraverso di te, per dimostrare ai tuoi cari la compassione, la premura e la comprensione di cui hanno così disperatamente bisogno?
T’impegneresti a pregare ogni giorno: “Gesù, aiutami, ti prego, ad avere amore oggi per le persone con cui lavoro, per quelle a cui insegno, per quelle con cui parlo. Se non dovessi realizzare nient’altro oggi, fa’ che possa aver dimostrato amore a ogni persona che ho incontrato – un abbraccio e una carezza per chi ha bisogno d’affetto; compassione per chi deve sapere che la capisco; saggezza davanti a chi ha bisogno di aprire il suo cuore ma non sa come farlo; tolleranza per chi sembra non sforzarsi abbastanza; una preghiera per chi si sente oppresso; premura e comprensione per chi è malato; un aiuto per chi sta faticando a fare qualcosa”.
Un’altra cosa: se non riesci a capire il problema di qualcuno e hai la tentazione di criticarlo o giudicarlo aspramente per i suoi problemi fisici, emotivi o mentali – o qualsiasi altro tipo di problema – non appoggiarti al tuo discernimento. Cerca di avere il punto di vista misericordioso del Signore e la sua comprensione del problema.
Amatevi gli uni gli altri come Gesù ha amato voi.[3] Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri[4] – non amore per un’ora o per un giorno, ma sempre. Un amore che non si ferma mai, un amore che non molla mai, un amore che tiene stretti. Un amore che aiuta gli altri a farcela, che porta fino in fondo, che guarda oltre. Un amore che sopporta, che sostiene, che guarisce. Un amore che non finisce mai, che non conosce limiti.
T’impegnerai a pregare ogni giorno che Gesù ti riempia del suo amore così da poter versare il suo balsamo guaritore sulle persone che incontri e fare agli altri come vorresti che fosse fatto a te? —Maria Fontaine
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Un Cristiano dimostra vera umiltà lasciando vedere la dolcezza di Cristo, essendo sempre pronto ad aiutare gli altri, dicendo parole gentili e facendo gesti d’altruismo, che elevano e nobilitano il messaggio più sacro che sia mai pervenuto al nostro mondo. —Ellen G. White
Più dolce del profumo delle rose è la reputazione di una natura gentile, caritatevole e altruista; di una disponibilità a fare agli altri qualsiasi cosa sia in vostro potere.—Orison Swett Marden
Roadmap era una serie di video creata da LFI per giovani adulti. Pubblicato originariamente in inglese nel 2010. Adattato e ripubblicato il 25 gennaio 2017.