Tommy Paluchowski, in Zambia
Drin drin drin… la suoneria del cellulare mi ha interrotto mentre navigavo su internet.
“Signore, abbiamo trovato il problema della sua auto. Può venire a prendere il pezzo rotto, come campione per trovare il ricambio”, mi ha informato la voce allegra dall’altra parte.
“Di già?”
“Sì, e se viene qui adesso, potremo finire il lavoro oggi stesso”.
“Arrivo subito”, ho detto, cercando di sembrare contento.
In realtà ero infastidito per questa interruzione dei miei piani. Mi ero svegliato presto per battere il traffico mattutino, avevo guidato da un’estremità della città fino alla zona industriale dal lato opposto. Poi avevo camminato fino al centro commerciale più vicino, dove avevo fatto in fretta un po’ di spesa. Finalmente avevo ordinato la colazione e mi aspettavo di rilassarmi e godermi il servizio internet gratuito per i clienti del caffè.
La cosa più importante, però, era che speravo di prendermela calma. Ho il morbo di Parkinson e il tremore era già cominciato. Il modo migliore per farlo smettere è fare delle brevi pause durante la giornata. Sembrava che in quel momento non ci fosse tempo di farlo.
Cercando di restare calmo ho pagato il conto e ho raccolto le mie cose.
“Taxi?” ha gridato un uomo dalla sua auto, quando mi ha visto uscire.
Era parcheggiato in un punto strategico, il più vicino possibile all’ingresso principale. Sono rimasto un po’ sorpreso nel vedere che si era limitato a sporgere la testa dal finestrino, senza uscire dal veicolo. E poi, quello non era un posto riservato ai disabili?
Abbiamo negoziato un prezzo che sembrasse giusto a entrambi.
Quando ho aperto la portiera posteriore ho visto una stampella sul sedile. Ho depositato lì la mia spesa e mi sono seduto davanti.
L’autista ha avviato il motore e immediatamente ha preso una seconda stampella adagiata di fianco a lui. Con la mano destra ha appoggiato abilmente la stampella sull’acceleratore e l’ha spinto. L’auto è uscita dal parcheggio e ci siamo avviati.
Sorpreso, ho guardato più attentamente le gambe dell’autista. La destra arrivava solo al ginocchio.
Un autista con una gamba sola! — mi sono detto. Ma non è stata l’unica sorpresa.
Ci stavamo avvicinando a un semaforo rosso. Per fermare l’auto, l’autista ha sollevato la gamba sinistra con la mano sinistra e l’ha messa rapidamente sul pedale del freno. Poi è scattato il verde e il tassista, con la sinistra ha tolto la gamba dal freno e allo stesso tempo ha premuto l’acceleratore con la stampella tenuta dalla mano destra. I suoi movimenti erano ben coordinati e l’auto si è mossa senza problemi nel traffico.
Mentre cercavo di digerire quello che avevo visto, ho sentito: «Scusi, signore. Posso farle una domanda?»
«Certo, dica pure».
«Lei frequenta la chiesa?»
«Sono salvo. Grazie per avermelo chiesto». Ho provato ammirazione per lui, per come cercava di essere un testimone della fede quando ne aveva l’opportunità. «Posso fare io una domanda a lei?»
«Sì» — ha risposto cordialmente.
«Da quanto tempo fa il tassista?»
«Tre anni».
Poi, rendendosi conto di cosa volevo veramente sapere, ha continuato: «Non volevo finire a mendicare per strada, perché lì non c’è futuro e io ho una famiglia da mantenere. E poi, un uomo deve avere un po’ di rispetto per se stesso, o non può sopravvivere».
In quel momento mi sono visto. Mi stavo lamentando per i piccoli tremori dovuti alla mia malattia e per le interruzioni al mio programma per la giornata, ed ecco qui un uomo che non aveva permesso alla sua sfortuna di rovinargli la vita. Improvvisamente mi sono reso conto delle mie benedizioni. Potevo camminare senza problemi. Avevo appena terminato una buona colazione. Potevo permettermi di prendere il taxi. Il meccanico stava lavorando sulla mia auto e probabilmente me l’avrebbe restituita in giornata. Mi andava tutto bene.
In quel momento il breve tragitto è terminato e siamo arrivati al garage. «Grazie. Dio la benedica! E continui così!» — ho detto al tassista.
La vita è meravigliosa! — ha cantato il mio cuore.
Ero triste perché non avevo le scarpe,
finché per strada ho incontrato
un uomo che non aveva i piedi.
—Attribuito a Denis Waitley
Pubblicato sull’Ancora in inglese il 22 gennaio 2014.