Non c’è spazio per gloriarsi

Agosto 5, 2016

Compilazione

[No Room for Boasting]

“Possiamo vantarci, allora, di aver fatto qualcosa per essere accettati da Dio? No, perché la nostra assoluzione non è dovuta alla nostra obbedienza alla legge, ma alla nostra fede”. —Romani 3,27[1]

Ciò di cui ti vanti è quello che ti dà la fiducia di uscire ad affrontare la giornata. È quello di cui dici: sono qualcuno perché ho questa cosa. Posso trionfare su quello che mi piomba addosso oggi perché sono questo. Ciò di cui ti vanti è quello che fondamentalmente definisce chi sei; è il punto da cui tracci la tua identità e il tuo valore personale.

Bene, nel vangelo il vanto è “escluso”. Perché? Un buon metodo per capire cosa intendeva Paolo è guardare la sua stessa esperienza. In Filippesi 3,5-11 Paolo ci spiega in che cosa aveva fiducia prima di diventare un Cristiano, quello di cui si vantava: “io, circonciso l’ottavo giorno, della razza d’Israele, della tribù di Beniamino, ebreo figlio d’Ebrei; quanto alla legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della chiesa; quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile”. Una bella lista! Include genealogia, contesto etnico, conquiste professionali e formative, religiosità e moralità. Poi dice: “Le considero spazzatura!”[2] Non ha alcuna fiducia in esse; non se ne vanta – anzi. Dice: “Non ho bisogno di queste cose. Non servono a niente!” Perché vi rinuncia? “Per guadagnare Cristo”. Paolo dice che vantarsi e credere sono agli opposti; non si possono fare entrambe le cose. Il principio della fede esclude il vanto[3] perché la fede capisce che non possiamo fare niente per giustificarci.

Se dobbiamo ricevere Gesù, dobbiamo rinunciare a vantarci. […] Escludiamo il vanto solo quando ci rendiamo conto che i nostri maggiori successi non servono a giustificarci! Vantarsene sarebbe come se un uomo che sta per annegare e stringe in mano una mazzetta di banconote, dicesse: “Va tutto bene! Sono pieno di soldi!”

Se comprendi il vangelo della giustizia ricevuta, non ti vanterai mai di niente. O meglio, non ti vanterai di te stesso, ma solo di qualcuno che non sei tu ed esclusivamente di qualcosa che non hai fatto: di Cristo, e di Lui crocifisso. Paolo dice che non si vanterà mai “di altro che della croce del nostro Signore Gesù Cristo”.[4] I Cristiani sanno che sono salvi unicamente e completamente per mezzo delle opere di Cristo, non le loro. Non si attribuiscono alcun merito per la loro posizione davanti a Dio né per le benedizioni che ricevono da Lui. Il vanto passa da loro stessi al loro Salvatore, perché tutti si “vanteranno” sempre – trarranno fiducia e speranza – dell’oggetto della loro fede. Se sai di essere stato salvato esclusivamente dalle opere di Cristo, avrai una grande fiducia, non in te stesso e nelle tue opere, ma in Cristo e nella sua morte. Affronti ogni giorno, anche quello della tua morte, dicendo al mondo: “Io ho Cristo. La sua morte significa che quando Dio mi guarda vede un suo bellissimo figlio. Mondo non ho bisogno di niente da te; e tu non puoi portarmi via niente. Io ho Cristo”. —Tinothy Keller

Non per opere di giustizia

“Non è in virtù d’opere, affinché nessuno se ne vanti”. —Efesini 2,9[5]

Per la gente è incoraggiante vedere che non siete perfetti, o che i loro leader non sono perfetti, sono solo umani. Guardate Mosè: Guardate Re Davide. Guardate Giuseppe. C’è tutta una sfilza di persone imperfette nella Bibbia e nella storia della chiesa. Erano tutti uomini, uomini di fede, sì, ma tutti avevano i piedi d’argilla e tutti commisero degli errori e il Signore dovette mostrarci che erano carne e sangue e deboli come noi, sbagliavano come tutti noi e qualsiasi cosa di buono realizzassero veniva tutto dal Signore.

Doveva venire tutto dal Signore, perché divennero brillanti esempi, non della loro grandezza, ma della loro completa dipendenza dal Signore. Fu Dio a ricevere la gloria, perché a volte loro furono dei pessimi esempi, dimostrando che era solo il Signore che li aiutava a farcela. Era solo il Signore che li aveva salvati. Era solo il Signore che aveva dato loro la vittoria finale. E non veniva da loro, ma da Lui.

Proprio come la salvezza: “Non viene da voi, è il dono di Dio”.[6] “La fede viene dall’ascoltare la Parola di Dio”,[7] ma siamo salvati per grazia mediante la fede. E non viene da noi, affinché nessuno se ne vanti. Gran parte della nostra predicazione e dei nostri insegnamenti a volte può sembrare qualcosa che “abbiamo fatto noi” e che “se l’abbiamo fatto noi, dovresti farlo anche tu”. Dobbiamo continuare a ricordare a noi stessi e agli altri (e se non lo facciamo noi lo farà Dio) che è stato solo il Signore, che è stato Lui a farlo e che “senza di Lui non possiamo fare nulla”.[8] David Brandt Berg

Di gloria in gloria

“E noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione del Signore, che è lo Spirito”. —2 Corinzi 3,18[9]

A volte temo che una certa dottrina attualmente popolare nelle chiese, su vari livelli di gloria [di gloria in gloria], non sia del tutto distaccata da quella nostra vecchia presunzione di giustizia così restia a morire. “Una stella è differente dall’altra in splendore” è una grande verità, ma le stelle possono esserlo senza essere su livelli diversi. Una può brillare con un certo splendore e un’altra con un altro; in effetti gli scienziati ci dicono che stelle della stessa grandezza hanno molte varietà di colori”.

Un uomo può essere diverso da un altro senza che ci sia una differenza di grado, onore o livello. Da parte mia, non vedo niente che parli di livelli di gloria nelle Scritture, quindi non credo in quella dottrina; o per lo meno, anche se ci fossero livelli diversi, badate bene, non potrebbero dipendere dalle opere, ma solo dalla grazia divina! Non posso pensare che perché un Cristiano è più devoto a Cristo di un altro, ci sarà una differenza eterna tra di loro, perché questo introdurrebbe le opere. [… ] Oh, fratelli e sorelle, penso che possiamo servire Dio per altri motivi che non quello spregevole di cercare di essere più grandi dei nostri fratelli in cielo!

Se dovessi arrivare in cielo, non m’importerebbe della mia grandezza, perché se uno avesse più felicità di me, allora sarei più felice anch’io; perché la comprensione tra un’anima e l’altra sarà così intensa, che tutti i cieli dei giusti saranno il mio cielo e quindi quello che avrai tu avrò anch’io, perché parteciperemo tutti di una fratellanza molto più perfetta che sulla terra. Là il singolo membro sarà inghiottito dal corpo comune. Sicuramente, fratelli e sorelle, se chiunque di voi potrà avere un posto più luminoso in cielo e più gioia e felicità di quanta ne avrò io, sarò lieto di saperlo. Questa prospettiva non suscita alcuna invidia nella mia anima adesso o, se lo facesse, certamente non lo farebbe allora, perché sentirei che più hai tu, più avrò io!

La comunione perfetta in ogni cosa buona non è compatibile con l’arricchimento privato di una persona più di altre. Perfino sulla terra, i santi avevano ogni cosa in comune quando si trovavano in una situazione divina; e sono convinto che avranno ogni cosa in comune nella gloria dei cieli. Non credo ci saranno nobili in cielo, con i Cristiani poveri dietro alla porta; credo che l’unione tra noi sarà così grande che non vi saranno distinzioni, non vi saranno cose come proprietà private, gradi personali e onori personali – poiché là saremo uno in Cristo, al massimo grado! —Charles Spurgeon

Pubblicato sull’Ancora in Inglese il 10 maggio 2016.


[1] NLT trad.

[2] Filippesi 3,8.

[3] Romani 3,27.

[4] Galati 6,14.

[5] NR.

[6] Efesini 2,8–9 NR.

[7] Vedi Romani 10,17&&PUB=Rom:10:17^>.

[8] Giovanni 15,5.

[9] NR.

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