I doni “perfezionatori” di Dio

Marzo 30, 2016

Philip Martin

[God’s “Perfecting” Gifts]

Oggi ho avuto un pensiero interessante. Durante le mie devozioni ho letto un brano del libro Streams in the Desert (Fiumi nel deserto), di un vecchio santo di Dio di nome Maltbie Davenport Babcock, su questo versetto di Giacomo 1: “Ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento”.[1] Ciò che ho letto mi ha fatto scattare dentro qualcosa che mi diceva di guardare più in profondità.

La prima cosa che ha attirato la mia attenzione come degna di un esame più approfondito è stato il punto in cui Babcock condivideva l’idea che “ogni dono di Dio è un dono ‘perfezionatore’”. Quella parola, “perfezionatore”, suscitava la mia curiosità. Ho continuato a leggere: “…oltre a non avere difetti, a essere completo sotto ogni aspetto, un dono affidabile e impeccabile”.

“Ogni buon regalo e ogni dono perfezionatore viene dall’alto”. Leggendo questo versetto in passato, tendevo a pensare che ogni buon regalo e ogni dono perfetto fossero la stessa cosa, o per semplice deduzione che buono equivalesse a perfetto. Quindi ero portato a pensare che quando le cose andavano “bene” venivano da Dio e quando andavano “male” evidentemente non lo erano. Non riuscivo a vedere questi doni perfetti come doni perfezionatori.

Ora, comunque, ho cominciato a vedere i doni perfezionatori di Dio sotto il microscopio di Romani 8,28: “Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene”; e Giovanni 5,2: “Ogni tralcio che dà frutto, lo pota”; ed Ebrei 12,6: “Perché il Signore corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli”. Poi si è come accesa una luce dentro di me e, per parafrasare Paolo, “prima il mio uomo naturale non poteva ricevere le cose dello spirito, perché mi sembravano follia; né potevo conoscerle, perché si possono conoscere solo spiritualmente”.[2] Ma poi ho sentito che stavo cominciando ad avere “la mente di Cristo” sulla questione e a vedere le cose come Lui.

Cos’è che questi doni perfezionatori di Dio dovrebbero fare per noi o a noi? Paolo ha detto: “La nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria”.[3] Che cos’è questo peso eterno di gloria che vuole darci?

Babcock spiega:

“Il carattere di una persona ha un valore enorme e, dato che Dio è incessantemente e immutabilmente determinato a costruire il nostro carattere, la prova o il sacrificio che lo forgiano sono uno strumento del suo proposito immutabile tanto quanto il dono che ti fa ridere di gioia.

“Non sono le circostanze a creare il carattere. Il carattere più nobile può emergere negli ambienti peggiori e i fallimenti morali possono uscire dai migliori. Lì dove sei, prendi le situazioni della vita come strumenti e usale per la gloria di Dio per contribuire all’arrivo del regno; il Maestro le userà per intagliarti e pulirti, così che un giorno sarà visibile in te un’anima conforme alla sua immagine”.

Mediante questi “doni perfezionatori”, Dio ci cambia, modificando il nostro carattere in modo che sia “trasformato nell’immagine di suo Figlio” e come ha detto Paolo in 2 Corinzi 3,18: “E noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore”. Dio vuole che il nostro carattere rispecchi quello di suo Figlio. Tutto l’intagliare, il carteggiare, lo sfregare, lo smerigliare, il ripulire, il plasmare, il rompere, il fare e rifare serve a un unico scopo: che quando la gente ci osserva possa vedere riflessa in noi un’immagine del Figlio.

Ecco come lo descrive J. R. Miller:

“La parola ‘carattere’ ha un’origine suggestiva. Deriva da una radice che significa graffiare, incidere, intagliare dei solchi. Poi passa a significare ciò che è inciso, o intagliato in qualcosa. Nella vita, dunque, è ciò che le esperienze intagliano o incidono nell’anima. […] La vita è come un foglio di carta in bianco, su cui non c’è scritto nulla; o come una tavola di marmo liscia, sulla quale lo scultore non ha ancora intagliato nulla; o come la tela che attende i colori del pittore. Il carattere si forma con il passare degli anni. È la scrittura, la storia messa sulla carta. È l’immagine che l’artista dipinge sulla tela. Il carattere finale è ciò che un uomo diventa dopo aver vissuto tutti i suoi anni sulla terra. Nel Cristiano, è composto dalle linee dell’immagine di Cristo, che lo Spirito divino disegna e a volte intaglia o incide come una cicatrice sull’anima, con gli strumenti della grazia e delle esperienze della vita”.

Vediamo ora la seconda parte di Giacomo 1,17: “…e discende dal Padre della luce, nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento”. Babcock ha scritto:

“La parola ‘variazione’ è una parallasse, cioè una differenza dovuta a un cambiamento della visuale. ‘Ma è proprio quello che dico io’, esclami tu, ‘Dio è cambiato nei miei confronti. Guarda come mi trattava una volta; guarda i giorni felici della mia gioventù, i miei germogli e i miei fiori rigogliosi. Vedi ora il mio splendore sfoltito, la mia esuberanza smorzata; i miei rami sanguinano sotto il suo coltello’. Dio però non ha mai cambiato il modo in cui ci vede, né quello che pensa di noi. È sempre quello che spiegò oltre 2500 anni fa attraverso Geremia: ‘Poiché io conosco i pensieri che ho per voi, dice l'Eterno, pensieri di pace e non di male, per darvi un futuro e una speranza’.[4]

Poi, quasi per imbrigliare questo pensiero sui doni perfezionatori di Dio, che cooperano al nostro bene, Babcock continua dicendo:

“Caro cuore, ogni dono di Dio è un dono perfezionatore. L’aratro, l’erpice e la roncola sono dei doni tanto quanto il sole e la pioggia. È meglio avere grappoli d’uva che foglie rigogliose e un intreccio di rampicanti – perché è tutto quel che avremmo senza la potatura.

“In mezzo al buio, il cuore potrebbe anche gridare: ‘I doni di Dio sono stati tutt’altro che buoni e perfetti per me! Egli mi ha derubato di salute, speranze e persone care. La fede è solo scherno e la provvidenza una delusione’. Cara anima sofferente, leggi di nuovo quelle parole: ‘Ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Pad­re della luce, nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento’. Non sono forse parole meravigliose?

“L’ombra nella tua vita non è venuta dal suo cambiamento, ma dal tuo. Dio non ha mai cambiato i suoi pensieri d’amore nei tuoi confronti; non scende mai un’ombra perché Lui ha distolto il suo viso. Ogni buon regalo e ogni dono perfezionatore viene dall’alto. Un giorno l’oro sarà lieto del crogiuolo, l’acciaio lo sarà della fornace del dolore, il grappolo purpureo della lama affilata”.[5]

Chiuderò con un passo di Davide nei Salmi, che oggi ha per me un significato più grande di quanto abbia mai avuto:

Il Signore compirà in mio favore l'opera sua
la tua bontà, Signore, dura per sempre
non abbandonare le opere delle tue mani.
Salmi 138,8[6]

­Pubblicato sull’Ancora in Inglese il 3 febbraio 2016.


[1] Giacomo 1,17 CEI.

[2] 1 Corinzi 2,14.

[3] 2 Corinzi 4,17 NR.

[4] Geremia 29,11 LND.

[5] Da “Thoughts for Every Day Living”, di Maltbie Davenport Babcock, in Streams in the Desert.

[6] NR.

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